Servirebbe che gli ambientalisti tutti, indichino per tempo una visione ambientale nuova che questo paese ha perso e non ha aggiornato. Servirebbe un quadro di impegni per punti, servirebbe la voce robusta della società civile, dei ricercatori, dei docenti che sono chiusi negli istituti bloccati nella ricerca affannosa di fondi per continuare a lavorare. Ci sono momenti in cui bisogna fare delle scelte e bisogna far sentire la voce autorevole di chi conosce i problemi. Quel tempo è arrivato
In solitaria corsa abbiamo da sempre, in tempi non sospetti, anticipato idee, promosso dibattiti, auspicato visioni.
Quest’anno «Villaggio Globale» compie 21 anni. Abbiamo prodotto 80 numeri del nostro trimestrale con non meno di 2.500 interventi di docenti, professori e ricercatori. Un patrimonio notevole e soprattutto di qualità che può essere consultato gratuitamente dagli abbonati. L’anno scorso abbiamo avuto 53.163 utenti con punte massime di 2.476 in un giorno.
E non siamo ancora stanchi.
Continuiamo, inascoltati, a sollecitare la necessità di una nuova alfabetizzazione ambientale poiché, a nostro avviso, s’è persa la forza propulsiva che alimentò la stagione delle leggi fondamentali dell’ambiente, dei dibattiti seri sulla situazione climatica, della necessità di mettere ordine nel marasma dei rifiuti a cominciare da quelli speciali.
Oggi assistiamo allo smantellamento della legge quadro dei Parchi, alle schizofrenie regionali sulla caccia, al ritorno delle visioni negazioniste sui cambiamenti climatici sostenute da firme che sotto un non ben definito concetto di libertà di stampa e senza un adeguato dibattito scientifico rivendicano il diritto di un parere diverso, confondendo il pubblico e, soprattutto, coloro che non hanno gli strumenti per documentarsi seriamente.
Assistiamo a governi che esibiscono ministeri dell’Ambiente che tacciono di fronte alla necessità di una messa in sicurezza del territorio, che vanno a Parigi e partecipano alle varie Cop ma promuovono in Italia perforazioni nei parchi e in mare, sostengono metanodotti, bocciano impianti solari o non sostengono adeguatamente le energie alternative e non promuovono con lo stesso impeto una effettiva decarbonizzazione del territorio.
Depositi e discariche di rifiuti continuano a bruciare e non c’è una mobilitazione per capire che cosa stia succedendo da due anni a questa parte. Si promuove la raccolta differenziata ma poi il sud differenzia troppo in modo imprevedibile tanto da mettere in difficoltà l’unico centro di raccolta per la plastica di tutto il meridione… E da Sud si è sempre detto che non è che si sia sporcaccioni per nascita… ma solo perché le etichette sono comodi paravento per coonestare una classe politica inadeguata e incapace.
Purtroppo il popolo del web non è sufficientemente scafato ed ha la memoria corta, preso dai like, dalla voglia di apparire e poco da quella di riflettere. Infatti, nella vicenda delle buste di plastica biodegradabili, abbocca miseramente lasciandosi trascinare altrove e perdendo di vista il tutto.
Ed è proprio quest’ultimo episodio, senza fare un elenco interminabile di doglianze, che dà la misura della necessità di una revisione della politica ambientale e della necessità di una rieducazione ecologica.
Servirebbe che gli ambientalisti tutti, indichino per tempo una visione ambientale nuova che questo paese ha perso e non ha aggiornato. Servirebbe un quadro di impegni per punti, servirebbe la voce robusta della società civile, dei ricercatori, dei docenti che sono chiusi negli istituti bloccati nella ricerca affannosa di fondi per continuare a lavorare. Ci sono momenti in cui bisogna fare delle scelte e bisogna far sentire la voce autorevole di chi conosce i problemi. Quel tempo è arrivato.