Oceani bollenti

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A settembre dello scorso anno la temperatura alla superficie di tutti gli oceani ha battuto il record da quando oltre 100 anni fa sono iniziate le misurazioni sistematiche, infatti si sono registrati (facendo la media) i +17,8°C. Il precedente record risaliva al luglio del 1998 con +16,7°C. Lo sbiancamento dei coralli ed Sos per il plancton

La colpa delle tempeste tropicali violente, degli uragani sempre maggiori e distruttivi, dei tornado infiniti nel Sud degli Usa, delle alluvioni e dei disastri anche in Europa e in Italia, sono attribuibili, e questo lo sappiamo, soprattutto al riscaldamento globale di tutto il pianeta, ma la causa madre è attribuita agli oceani che sono sempre più caldi.

Un oceano caldo vuol dire maggiore evaporazione, maggiore formazione di nubi cariche d’acqua, maggiore energia termodinamica a tutta la macchina meteoclimatica del pianeta. Rispetto all’aria, i mari rappresentano una riserva di energia termica molto più duratura e difficile da smaltire. L’accumulo di caldo eccessivo negli oceani non si disperde facilmente come può accadere sulla terra ferma.

Paradossalmente se cambiassero improvvisamente le condizioni climatiche del pianeta, verso una nuova era glaciale, il calore degli oceani rallenterebbe tale processo per diversi anni. Quindi diventa sempre più chiaro il ruolo degli oceani sulla vita del nostro pianeta. Da questo anomalo riscaldamento dei nostri mari cominciamo a comprendere perché l’ultima estate nel Mediterraneo è stata la più siccitosa di sempre, perché anche in Europa sono arrivati gli uragani, perché sulle alture della Germania giorni fa hanno soffiato venti che hanno superato in 260 Km/h e perché a gennaio di quest’anno è caduta una quantità di neve assurda sulle Alpi.

A settembre dello scorso anno la temperatura alla superficie di tutti gli oceani ha battuto il record da quando oltre 100 anni fa sono iniziate le misurazioni sistematiche, infatti si sono registrati (facendo la media) i +17,8°C. Il precedente record risaliva al luglio del 1998 con +16,7°C.

Sono circa 15 anni che si viaggia costantemente al ritmo di quasi mezzo grado oltre il valore medio del secolo scorso. L’Ippc (il panel di scienziati dell’Onu sul clima) ha posto il livello massimo di sopportabilità di tutta la nostra biosfera a non oltre 2 gradi di calore in più, ma di questo passo pensiamo che tra venti anni tale traguardo lo avremo abbondantemente superato.

Il riscaldamento degli oceani oltre ad influire pesantemente su tutto il clima terrestre, comporta anche l’acidificazione delle acque marine con risultati deleteri per tutta la fauna ittica e, in particolare ai tropici, l’acutizzazione del fenomeno dello «sbiancamento» dei coralli i quali, soprattutto lungo la barriera corallina australiana, cominciano a perdere il loro tradizionale color rosso, sintomo della loro agonia.

Quello che dovrebbe preoccuparci di più è il fatto che l’acidificazione degli oceani, come spiegato dieci anni fa in uno studio della Nasa, inevitabilmente inciderà sulla presenza del plancton. Questi minuscoli organismi viventi non solo rappresentano la base della catena alimentare per tutti gli esseri viventi dei mari ma, in particolare il fitoplancton, attraverso la fotosintesi clorofilliana, oltre a fornirci l’ossigeno che respiriamo, assorbe gran parte dell’anidride carbonica dell’atmosfera da noi umani prodotta. Se questi microscopici alleati dell’uomo dovessero scomparire, a breve anche l’umanità potrebbe avviarsi verso la sua estinzione.