Una ricerca studierà l’acidificazione del mare

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una troupe di scienziati dell’istituto di ricerca tedesco Ifm-Geomar

Parte oggi la spedizione «Artic Under Pressure», a bordo della nave di Greenpeace «Esperanza», in collaborazione con una troupe di scienziati dell’istituto di ricerca tedesco Ifm-Geomar. Studierà i problemi legati all’acidificazione del mare, allo scioglimento dei ghiacciai causato dai cambiamenti climatici e all’espansione a nord delle flotte della pesca industrializzata. La spedizione opererà nei dintorni dell’Arcipelago delle Svalbard nel mar Glaciale Artico e si concluderà a metà settembre.
«Gli effetti cumulativi delle attività umane stanno mettendo in pericolo l’Artico: invece di proteggerlo, gli Stati si stanno facendo la guerra per arraffare quanto più possibile – denuncia Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace – Greenpeace chiede una moratoria alle attività umane nell’Artico, fino a quando non sarà negoziato un Accordo internazionale per la tutela del Polo Nord».

Muniti di oltre trenta tonnellate di apparecchiature, gli scienziati condurranno, tra il 27 maggio e il 12 luglio, un esperimento unico nel suo genere: simuleranno nel territorio di Kongsfjord le future condizioni del processo di acidificazione del mare, simulando un aumento di CO2 (dai 390 ppm di oggi ai 1.250 ppm attesi per la metà del prossimo secolo) all’interno di nove contenitori (mesocosmi) che isoleranno una colonna d’acqua alta 17 metri, con c.a. 40 metri cubi di volume.

Il processo di acidificazione degli oceani è causato dall’aumento dei livelli di CO2 dovuto all’utilizzo di combustibili fossili e alla distruzione delle foreste. Gli oceani assorbono ogni anno circa 8 miliardi di tonnellate di CO2 e diventano acidi come una bevanda gassata. In un ambiente acido, le strutture calcaree di molti organismi marini diventano instabili: questo potrebbe minacciare la sopravvivenza di plankton, coralli e altre specie marine come molluschi e crostacei.

Dall’8 giugno al 6 luglio, Greenpeace monitorerà, inoltre, l’espansione delle attività di pesca in aree che fino a pochi anni fa non erano accessibili, per la presenza dei ghiacci. La pesca intensiva, e in particolare la pesca a strascico, rischia di distruggere gli ultimi fondali marini intatti dell’emisfero nord.

Da agosto a metà settembre un team coordinato dal fisico Peter Wadhams, professore di fisica degli oceani all’Università di Cambridge concluderà gli studi effettuando una serie di test volti a stabilire lo spessore dei ghiacci nel mar Glaciale Artico e la velocità a cui si sciolgono.

Approfondimento sull’acidificazione degli oceani

(Fonte Greenpeace)