Concluso il primo censimento di 29 corsi d’acqua italiani: nuove cartografie e analisi sulle specie più rare lungo 600 chilometri di sponde. Sull’Arno nel tratto aretino: buona la fascia di vegetazione riparia ma ancora tanti abusi
Oltre 600 volontari hanno setacciato domenica in tutte le regioni italiane le sponde di 29 fiumi italiani alla ricerca della biodiversità perduta: Adda, Piave Tagliamento, Arno, Tevere, Volturno, Ofanto, Agri, Ippari, Rio Mannu solo per citarne alcuni, in tutto oltre 600 chilometri di corsi d’acqua monitorati per segnalare in speciali cartografie lo stato delle fasce fluviali e ripariali e delle zone di esondazione. L’obiettivo è la realizzazione di una prima mappa aggiornata sullo stato dei principali fiumi, da presentare alla vigilia della Conferenza nazionale della biodiversità e avanzare in autunno proposte per la loro tutela, rinaturalizzazione e valorizzazione.
I volontari, insieme ad esperti del Wwf, associazioni di pescatori, Guardie volontarie, sono andati alla ricerca delle zone umide e delle aree boscate ancora presenti, delle zone agricole, di costruzioni e manufatti, di cave, di depositi e discariche, armati di macchina fotografica e di una apposita scheda di rilevamento.
Una vera e propria fotografia dei fiumi grazie all’elaborazione con sistema Gis (Geographic information system) per capire quanto c’è ancora di naturale nei nostri fiumi o di come l’artificializzazione li abbia resi incapaci di fornire tutti quei servizi naturali fondamentali alle comunità che vivono lungo il loro corso.
L’iniziativa fa parte degli eventi promossi dal Wwf nell’Anno internazionale della biodiversità dato che i fiumi italiani sono uno degli habitat più delicati e a rischio.
I dati verranno elaborati nei prossimi giorni ma da una prima analisi emerge già un quadro desolante: scarichi a cielo aperto soprattutto civili, terreni agricoli che rubano spazio alla poca vegetazione residua, discariche di sostanze inquinanti. Pochi i casi di eccellenza che risulteranno nella nuova mappa, come quella dell’alto Sangro, in Abruzzo, dove sono state rilevate le tracce della lontra: non a caso, il mammifero più raro dei fiumi italiani, sceglie i tratti d’acqua più naturali e ancora in buono stato di salute.
Tra i primi rilevamenti il Wwf ha infatti scoperto lungo l’Adda la presenza di scarichi non funzionanti che sversano liquami direttamente nell’acqua del fiume. Al posto di salici e canneti le coltivazioni, soprattutto di mais, si spingono fino alle sponde. Segnalate, rispetto alle vecchie mappature, anche nuove centraline idroelettriche in costruzione ed escavazioni nell’alveo all’altezza di Cassano d’Adda. Lungo il corso dell’Aniene segnalato il depuratore di Tivoli non funzionante che scarica direttamente nel fiume. Primi segnali di una biodiversità impoverita nel Delta del Po: insieme ai ricercatori dell’Università di Ferrara il Wwf ha rilevato il 98% di specie di pesci presenti tutte alloctone, ovvero, non caratteristiche dei nostri corsi d’acqua, soprattutto pesci siluro (fino a 60 kg) al posto delle nostre tinche e anguille.
Nell’Alto Tevere, in provincia di Perugia, le Guardie volontarie del Wwf hanno denunciato uno scarico di fognatura abusiva. In Campania, lungo il fiume Volturno, scoperte pericolose discariche di amianto e eternit abbandonati lungo le sponde e numerose carcasse di bufale. Ovunque gli alberi riparali vengono tagliati abusivamente.
«In Toscana, nonostante la pioggia, i volontari sono riusciti a censire oltre 15 km del fiume Arno nel tratto aretino, ha dichiarato Barbara Anselmi referente campagna Liberafiumi Wwf Toscana- documentando tratti dove ancora è presente una buona fascia di vegetazione riparia (nelle 2 riserve naturali sull’Arno), ma rilevando anche una serie di problemi, tra cui il repentino abbassamento delle acque (circa 3 metri) avvenuto proprio in questi giorni a causa dell’apertura della diga di Penna, ad uso della centrale idroelettrica Enel. In questo periodo primaverile un calo del livello di tale entità mette a rischio le nidiate degli uccelli che nidificano nel canneto di Ponte Buriano, alla confluenza del Canale Maestro della Chiana con l’Arno, oltre lasciare letteralmente a secco le uova di luccio già deposte, come sottolineano le associazioni di pescatori.
I volontari hanno inoltre segnalato un paio di consistenti captazioni sul fiume a monte di Ponte Buriano, che nei periodi a minore piovosità potrebbero tradursi in un drastico calo della portata del fiume. «Di rilievo – ha concluso Anselmi – anche la segnalazione di numerose costruzioni non presenti sulla cartotecnica regionale e, non ultimo, il problema dei rifiuti: oltre a materiali di grosse dimensioni presumibilmente trascinato dalla corrente, si assiste ancora, purtroppo, all’abbandono di rifiuti di ogni genere sulle rive (piatti e bicchieri di plastica, barattoli, bottiglie ecc.), segnale di poco rispettose visite al fiume».
(Fonte Wwf)