Il Bisfenolo A può causare l’insorgere dell’endometriosi

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Una malattia tutta al femminile, di cui non si conosce la causa scatenante. È stata però scoperta la stretta correlazione con alcuni agenti inquinanti quali diossina e Bpa. Sono già in vendita prodotti per bambini privi di bisfenolo A (Bpa free, come si legge sulle confezioni)

In questi giorni è stato presentato a Roma, durante il Congresso internazionale «Interferenti endocrini: endometriosi e infertilità» un importante risultato di una ricerca riguardante una malattia che riguarda le donne, l’endometriosi. Una malattia poco conosciuta ma che interessa 150 milioni di donne in tutto il mondo, di cui 3 milioni in Italia, e causa infertilità nel 40% dei casi. Le prime testimonianze della malattia risalgono al 1600, ma solo nell’ultimo secolo si comincia a parlare dell’endometriosi come «malattia».

L’endometriosi è una malattia che interessa il tessuto che riveste l’interno dell’utero, l’endometrio, che in caso di malattia lo si ritrova al di fuori della cavità dell’utero o dalla crescita di tessuto endometriale in sedi anomale.

Di questa patologia non si conosce la causa scatenante ma studi rilevano una correlazione tra questa malattia e l’inquinamento ambientale, prodotto dalle lavorazioni industriali, o dai pesticidi. Tra questi veleni, anche la diossina e il Bpa (bisfenolo A) oggetto di questo studio.

La ricerca in esame è stata effettuata da un gruppo di studiosi di diverse università italiane guidati da Pietro Giulio Signorile che ha compiuto un passo in avanti nella comprensione delle cause che scatenano tale patologia. «Abbiamo capito che l’origine dell’endometriosi ha una correlazione con diversi inquinanti ambientali, tra cui, in particolare, il bisfenolo A, utilizzato per la produzione di diversi tipi di materiali plastici. L’intuizione nasce dalla scoperta della formazione di tessuto endometriosico nei feti umani alla sedicesima settimana di gestazione, il che ci ha fatto intuire che la malattia ha un’origine embriogenetica – spiega il professore e direttore della Fie (Fondazione italiana endometriosi) -. Abbiamo allora lavorato su modelli animali per capire se alcuni fattori di inquinamento ambientale, come il bisfenolo A e la diossina, potessero influenzare lo sviluppo della patologia negli embrioni».

L’embrione, infatti, spiega Signorile, «è estremamente sensibile a queste sostanze, così come molto sensibili sono anche il feto e il neonato. Il bambino lo è molto meno, e l’adulto ancor meno, per questo si deve fare attenzione soprattutto alle prime fasi della gravidanza, proteggendo soprattutto certe categorie di lavoratrici esposte a certi inquinanti, e fin quando il bambino è piccolo».

Dallo studio è emerso che «se il bisfenolo A, sostanza chimica presente nella maggior parte delle materie plastiche, così come altri agenti inquinanti simili, vengono somministrati nel primo periodo della gravidanza, possono causare l’endometriosi e quindi può essere la causa scatenante della malattia».

«L’esito della ricerca – spiega Signorile – consiste nell’aver riprodotto l’endometriosi nel modello animale, somministrando ad un gruppo di topoline incinte un agente inquinante (bisfenolo A), e un altro gruppo è stato usato come gruppo di controllo. Nei feti nati dalle topoline del primo gruppo è stato rilevato l’endometriosi nel 30% dei casi, mentre nel gruppo di controllo è stato riscontrato un solo caso (il 5%). Questo studio ha dimostrato per la prima volta al mondo la presenza dell’endometriosi nei topi e la correlazione tra inquinanti e sviluppo della patologia».

Il bisfenolo A, sottolinea Signorile, «è uno dei mattoni principali per costruire la plastica, e si può essere “contaminati” ad esempio bevendo l’acqua dalla bottiglia di plastica. Quando queste sostanze vengono assunte dalla madre in gravidanza e passano al feto nella primissima fase della gravidanza possono essere dannose. L’embrione – conclude il professore – è estremamente sensibile, il neonato, che magari viene a contatto con il biberon di plastica, è sensibile, il bambino molto meno e l’adulto meno ancora».

In risposta all’affermazione di Signorile il presidente di Mineracqua (l’associazione imprenditoriale che riunisce i confezionatori di acqua minerale in Italia), Ettore Fortuna, ha dichiarato che «sulla scorta delle disposizioni vigenti, il bisfenolo A non è associabile al Pet (Poli-etilene-tereftalato), una plastica utilizzata per confezionare acqua minerale». «Tracce di bisfenolo A – aggiunge il presidente di Mineracqua – possono invece essere associate a contenitori a base di policarbonato, su cui evidentemente deve essere appuntata l’attenzione scientifica».

Il Bpa è una sostanza chimica usata prevalentemente in associazione con altre sostanze chimiche per produrre plastiche e resine. L’esposizione a tale sostanza attraverso il cibo è dovuta al suo impiego in talune materie plastiche e altri materiali. Esso è usato nel policarbonato, un tipo di plastica rigida trasparente. Il policarbonato viene utilizzato per produrre recipienti per uso alimentare come i biberon, le stoviglie di plastica e i recipienti di plastica. Esso può migrare in piccole quantità nei cibi e nelle bevande conservati in materiali che lo contengono. L’uso del Bpa nei materiali a contatto con gli alimenti è autorizzato nell’Unione europea ai sensi di una direttiva Ce. Nel 2007 l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha fissato per questa sostanza una dose giornaliera tollerabile (Dgt) di 0,05 milligrammi/chilogrammo di peso corporeo (p.c.).

La dgt è una stima della quantità di una sostanza, espressa in base al peso corporeo, che può essere ingerita ogni giorno per tutta la vita senza rischi apprezzabili. La Ce ad ottobre 2009 ha richiesto alla Efsa di valutare un nuovo studio sui possibili danni provocati dal bisfenolo A e di aggiornare anche il valore del dgt. Lo studio in questione è stato commissionato dall’American Chemistry Council in risposta ai timori sulla sicurezza della sostanza, sollevati dal governo canadese, che ha introdotto norme per mettere al bando l’uso del policarbonato nei biberon. Entro maggio 2010 l’Efsa concluderà la sua valutazione.

Nell’attesa dell’esito della valutazione dell’Efsa sono già in vendita in Italia prodotti per bambini privi di bisfenolo A (Bpa free, come si legge sulle confezioni). In Danimarca invece è stato deciso di limitare la vendita di articoli per l’infanzia per uso alimentare (biberon e tazze di policarbonato) contenenti Bpa, il divieto invece entrerà in vigore a luglio.