La Sardegna crocevia dei rifiuti speciali pericolosi

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Rifiuti speciali pericolosi smaltiti in maniera illecita. Occorre che gli enti di controllo effettuino un monitoraggio più incisivo sui flussi di rifiuti industriali

E si parla ancora di rifiuti. La sede dell’indicibile traffico è la Sardegna, dove i carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Cagliari, a seguito di attente ricerche, filmati e testimonianze, hanno fatto luce sulla vicenda che coinvolgeva da tempo aziende del posto.

I rifiuti speciali pericolosi in questione, venivano «smaltiti» o meglio «riutilizzati» come materia prima per sottofondi stradali o, miscelati con cemento, per la realizzazione di opere civili. Il tutto senza ottemperare ad alcuna normativa in materia di gestione dei rifiuti, la quale obbliga, tutte le aziende produttrici, a seguire un iter determinato, complesso ed economicamente oneroso. Ed è proprio il costo, che deriva dalla messa in opera di quanto vincola il Testo unico ambientale, a rappresentare il problema principale.

Campionamento e caratterizzazione, scelta del trasportatore autorizzato a movimentare lo specifico rifiuto (trasporto vincolato su strada dalla normativa Adr, se trattasi di rifiuto pericoloso), discarica autorizzata ad accettare il rifiuto in base alle caratteristiche proprie di pericolosità, alcune delle operazioni alla base della corretta gestione dei rifiuti speciali pericolosi, operazioni che comportano impiego di tempo, operatori del settore e denaro.

In Sardegna tutto questo è stato baipassato a spese della salute pubblica e dell’ambiente. Dal Rapporto Ecomafia di Legambiente si evince che, solo in Sardegna nel 2009, le infrazioni accertate dalle forze dell’ordine, riguardanti il traffico illegale dei rifiuti, sarebbero state complessivamente 188, seguite da 223 denunce e 67 sequestri. Non si può rimanere impotenti dinanzi a queste situazioni che coinvolgono il benessere di tutti e l’illecito arricchimento di pochi. «Gli enti di controllo si attivino per monitorare in maniera ancora più incisiva i flussi di rifiuti industriali per evitare il perpetuarsi di pratiche che fruttano milioni di euro ai trafficanti di veleni e minacciano seriamente la salute dei cittadini», questo quanto emerso dall’intervento di Vincenzo Tiana, Presidente di Legambiente Sardegna.