1,6 milioni di euro per le azioni di protesta alle centrali a carbone effettuate sin dal 2006
Greenpeace conferma le notizie di stampa anticipate questa mattina con un dettagliato articolo dal Financial Times («Enel seeks damages from Greenpeace», di Guy Dinmore) e con una breve notizia dal Sole 24 Ore. Enel, il più grande emettitore di CO2 in Italia, alla vigilia della Conferenza sul clima di Copenhagen, ha chiesto a Greenpeace 1,6 milioni di euro per le azioni di protesta alle centrali a carbone effettuate sin dal 2006.
«Se Enel pensa di intimidirci o mettere pressione perché abbassiamo il tono della nostra campagna su quella che è la principale questione ambientale globale, i cambiamenti del clima, si sbaglia di grosso – dichiara Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia -. Il carbone è la fonte energetica con le maggiori emissioni di CO2, sia in assoluto che in termini relativi, e i piani di Enel di espandere la produzione a carbone non faranno altro che accelerare i cambiamenti climatici. Invece di investire massicciamente in fonti rinnovabili, l’Enel è in Italia di gran lunga il primo produttore a carbone e solo il terzo nell’eolico (nel 2008, addirittura, si è classificato solo quinto)».
«Chiedere soldi a Greenpeace per aver protestato è come chiedere soldi al sindacato quando c’è uno sciopero – aggiunge Onufrio -. Abbiamo il diritto di protestare, a maggior ragione quando chiediamo misure per proteggere il pianeta, che è di tutti».
Gran parte della richiesta di risarcimento dell’Enel (80 per cento circa) è motivata da perdite di profitto dovute all’uso, al posto del carbone, di olio combustibile, che Enel sostiene di aver dovuto utilizzare durante le azioni condotte presso la centrale di Brindisi Cerano nel 2007 e nel 2009.
Il carbone è la principale causa del riscaldamento globale e quindi dei cambiamenti climatici: se non fermato in tempo, il riscaldamento del pianeta provocherà l’estinzione di massa di migliaia di specie animali e vegetali e la morte per fame di centinaia di milioni di persone in pochi decenni. «Se c’è qualcuno che deve pagare, in questa vicenda, è l’Enel, i cui piani di espansione del carbone ci porteranno ancora più vicini alla catastrofe», conclude Onufrio.
(Fonte Greenpeace)