Bisogna incentivare la raccolta degli scarti agricoli

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Per evitare che questi vengano bruciati in modo non autorizzato bisogna attuare delle politiche di filiera per facilitare un corretto utilizzo degli stessi, e impegnarsi sul fronte della vigilanza, emanando specifiche ordinanze

Il Dipartimento provinciale Arpat di Lucca, nell’ambito del progetto «Life Pioneer» con la collaborazione della provincia di Lucca, ha prestato particolare attenzione ai molteplici fattori che influenzano la qualità dell’ambiente.

All’inizio del 2008 il Dipartimento ha cercato di evidenziare una serie di aspetti che apparivano rilevanti nel territorio provinciale. Per questo motivo è stato redatto un documento (Quali priorità per la politica ambientale nel territorio della Provincia di Lucca? Valutazioni e proposte da parte del Dipartimento provinciale Arpat di Lucca), che affrontava una serie di problematiche, fra cui le emissioni di polveri sottili dal traffico e dalla combustione di legna.

Nella logica del Regolamento Emas ogni organizzazione deve infatti tenere sotto controllo e minimizzare gli impatti ambientali diretti ed indiretti conseguenti alla propria attività.

Nel caso del Dipartimento provinciale Arpat di Lucca gli impatti ambientali diretti (consumo di acqua ed energia, scarichi idrici, ecc.) e gli impatti ambientali indiretti di tipo gestionale (derivanti ad esempio dagli acquisti o da servizi a favore del Dipartimento) sono comunque di limitata entità.

Assumono invece una particolare rilevanza gli impatti ambientali indiretti di tipo decisionale, quali gli effetti delle attività di controllo e monitoraggio ambientale e le conseguenze che indirettamente derivano dal supporto tecnico-scientifico che il Dipartimento presta in primo luogo alla Provincia ed ai Comuni, in quanto Enti competenti per il governo del territorio e titolari di competenze amministrative in campo ambientale.

In particolare gli effetti, espressi in termini di emissioni in atmosfera, delle attività di combustione dei rifiuti agricoli e dell’utilizzo non efficiente delle biomasse a scopo energetico, sono calcolati nell’Inventario regionale delle sorgenti di emissione in aria ambiente (Irse) di cui è attualmente disponibile in rete il solo aggiornamento relativo all’anno 2003 (l’ultimo aggiornamento dell’Inventario è quello del 2005).

Dai dati Irse 2003, dati confermati e rafforzati dall’Irse 2005, risulta che la combustione dei rifiuti agricoli e l’utilizzo in modo tradizionale di biomasse a scopo energetico (caminetti e stufe tradizionali) costituiscono su base regionale il 40% delle emissioni totali di Pm10, a fronte del 254,7% derivante dai trasporti stradali.

Il contributo derivante invece dal macrosettore Trattamento e smaltimento rifiuti è invece irrilevante e prossimo a zero.

La presenza nell’aria ambiente di livelli elevati di Pm10 (particolato di dimensione inferiore a 10?) è correlata con significativi effetti negativi sulla salute.

Le iniziative che comuni e altri soggetti stanno portando avanti per la realizzazione di impianti a biomasse, sia per cogenerazione che per teleriscaldamento, sono da considerare come positive. L’efficienza di combustione propria di tali impianti porta infatti a fattori di emissione inferiori anche di più ordini di grandezza rispetto alla combustione incontrollata della biomassa o al suo utilizzo energetico in caminetti o stufe tradizionali.

Molto positiva sarebbe però anche una politica di promozione ed incentivazione della sostituzione dei caminetti e stufe tradizionali con caminetti e stufe a maggiore efficienza, che permettono di conseguire sia un consistente risparmio energetico, sia una forte diminuzione delle emissioni. Tale politica può essere favorita dagli incentivi governativi in materia di risparmio energetico e di utilizzo delle fonti rinnovabili di energia. La politica di incentivazione potrebbe essere estesa anche al trattamento dei fumi derivanti dagli impianti domestici a biomasse, per i quali sembrano ora disponibili idonee soluzioni tecnologiche. Su questo tema una esperienza pilota è stata portata avanti dalla provincia di Trento, che ha stanziato a questo scopo ingenti risorse.

La combustione di scarti e rifiuti agricoli (stoppie, potature, etc.) ha complessivamente un impatto molto minore sulla qualità dell’aria rispetto all’utilizzo energetico delle biomasse, ma costituisce ugualmente un fenomeno negativo sul piano ambientale ed uno spreco energetico. È anche origine di un forte allarme sociale per i fumi e le maleodoranze che causa e che erroneamente vengono spesso attribuite ad impianti industriali.

La diffusione della combustione degli scarti e rifiuti agricoli costituisce inoltre uno stimolo a bruciare anche rifiuti di altra natura ed è spesso la causa di incendi, anche gravi (come quelli ad Altopascio e di Massarosa-Viareggio, che si sono probabilmente originati dalla combustione di rifiuti agricoli.)

La combustione dei rifiuti agricoli è di per se stessa vietata, a meno che non avvenga in impianti adeguati e a scopo di recupero energetico, in quanto costituisce attività non autorizzata di smaltimento dei rifiuti.

Per fare cessare o quantomeno minimizzare questo fenomeno sarebbe importante che gli Enti locali adottassero una politica finalizzata ad incentivare la raccolta ed il riutilizzo degli scarti agricoli, anche a fine energetici in impianti con elevata efficienza di combustione.

Questo risultato potrebbe essere ottenuto da una parte con iniziative di informazione e promuovendo politiche di filiera tese a facilitare un corretto utilizzo degli scarti agricoli, dall’altra con un impegno sul fronte della vigilanza, accompagnato dall’emanazione di specifiche ordinanze o regolamenti.

(Fonte Arpat)