Una statua per la Foca monaca

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Partita oggi dalle coste abruzzesi per giungere in Crozia, e cercare di creare un gemellaggio tra le città che ospitano uno degli animali più rari del pianeta

Stabilire stretti rapporti tra le diverse comunità di piccoli centri marinari del Mediterraneo uniti da un «insolito destino», quello di ospitare un tempo, e in molti casi ancora oggi, la rarissima Foca monaca, uno degli animali più rari del pianeta. La prospettiva è quella di aumentare il comune senso di responsabilità verso la specie e promuovere lo scambio di esperienze e buone pratiche di gestione.

È questo lo spirito che ha animato oggi la speciale Giornata dedicata a questo animale organizzata a Pescara, presso il Circolo Nautico del porto turistico della città, dal Gruppo foca monaca e dal Wwf e che ha visto come momento clou il saluto dei bambini di una scultura in pietra raffigurante una Foca monaca con il cucciolo. La statua è la copia in versione leggermente ridotta di quella già presente a Marettimo, nelle Isole Egadi: un progetto voluto da Marco De Salvo, un giovane attivista del gruppo Foca Monaca, e appoggiato dal Wwf per promuovere una sorta di gemellaggio tra le comunità che ospitano questa importante specie, purtroppo ancora oggi in pericolo di estinzione nel Mediterraneo. L’iniziativa si inquadra nel percorso del Wwf verso il 2010, anno della Biodiversità.

La statua infatti partirà domani dal porto di Pescara e viaggerà insieme ai messaggi e ai disegni preparati da alcune classi elementari della città diretta al porto di Komiza, in Croazia, dove l’attende un vero e proprio comitato di accoglienza. L’area di Komiza è infatti una delle zone del Mediterraneo ancora frequentate dalle foche. La statua verrà donata dagli esperti del Gruppo Foca monaca alla comunità di Komiza e in particolare sarà accolta da una delegazione di bambini e ragazzi delle scuole elementari per poi essere posizionata nell’area portuale della cittadina.

L’evento si colloca al termine di un’estate particolarmente ricca di avvistamenti di foche lungo le nostre coste, come hanno riportato anche le cronache dall’Isola del Giglio e il più recente all’Isola di Ponza, in condizioni in cui le comunità e gli «uomini di mare» hanno scarse informazioni sulla specie e su come gestire queste situazioni. Oltre agli incontri con le scuole, la mostra fotografica, le proiezioni di documentari sulla specie e attività didattiche gli esperti hanno anche potuto fare il punto sulle più aggiornate conoscenze sulla specie.

«è importante poter preparare le comunità ad un possibile ritorno della specie non solo attraverso gesti simbolici ma altresì divulgando il più possibile, anche con l’aiuto di esperti e gruppi che si dedicano da anni a questa specie, informazioni più aggiornate possibili sulle condizioni di vita delle foche monache nel Mediterraneo – ha dichiarato Camilla Crisante, presidente del Wwf Abruzzo. – Va vista proprio in questo quadro l’attività che viene svolta dal Gruppo foca monaca; attività senza la quale non potremmo avere conoscenza dello stato della presenza di un gioiello del Mediterraneo, una tra le specie più rare al mondo».

«Questa lunga estate di avvistamenti ha portato alla ribalta la specie che, purtroppo nel passato, molti esperti avevano data per estinta. I segnali che arrivano da più aree delle nostre coste ci fanno invece credere che la situazione sia molto promettente. Il nostro Gruppo, fondato nel 1985 anche con il sostegno del Wwf, raccoglie dati e informazioni da 13 anni che sono stati raccolti oggi in una speciale Mappa – ha dichiarato Emanuele Coppola, documentarista e promotore del Gruppo foca monaca. – Sono 27 gli avvistamenti che hanno potuto avere una validazione da parte del gruppo, a fronte di varie decine di segnalazioni che in molti casi sono state giudicate dubbie o non sufficientemente supportate da elementi certi. L’animale ha dunque frequentato in questi anni le coste della Sardegna, delle Isole Egadi in Sicilia, dello Ionio, della Puglia, della Toscana e delle Isole Pontine. La validazione segue un preciso protocollo e questi avvistamenti dimostrano la presenza di alcuni nuclei di Foca monaca nelle nostre acque e addirittura in alcuni casi un’attività riproduttiva nel nostro paese. Queste affermazioni sono il frutto di meticolosi controlli sulle informazioni pervenute, confrontati con l’esperienza diretta sulla specie da parte degli esperti del Gruppo, esperienza che deriva dall’altra importante attività svolta dal Gruppo stesso, che consiste nel guidare piccoli gruppi di appassionati in visite alle aree di studio in Turchia, dove il contatto diretto con i rari animali è possibile e quasi garantito».

Un esempio significativo è stata la recente analisi delle immagini ottenute nella incredibile segnalazione pervenuta lo scorso mese di giugno dall’Isola del Giglio. L’osservazione era stata inizialmente segnalata nel suo blog da un turista che aveva avuto la fortuna di realizzare alcuni scatti veramente eccezionali dell’animale che per quasi un’ora si era fatto osservare presso la Torre Campese, che si trova su uno scoglio che delimita a nord l’omonima spiaggia dell’Isola, da una nutrita folla persone incredule.

Gli esperti del Gruppo foca monaca hanno chiesto e ottenuto l’intero il set di immagini scattate al Giglio con macchina digitale professionale e da una accurata analisi delle stesse, anzi proprio da alcune delle immagini scartate perché ritenute di qualità insufficiente, è emerso il dato del tutto inaspettato anche dal fotografo stesso: le foche in questione erano in realtà due e in particolare gli esperti affermano che senza ombra di dubbio si sia trattato di una femmina adulta che si rendeva visibile perché impegnata a sottrarsi alle avances irruenti di un maschio dominante. Questo ha dimostrato come sia importante analizzare con esperienza e cura le segnalazioni e gli avvistamenti che le cronache spesso riportano, in maniera da poter fornire un quadro d’insieme che è essenziale se si ha voglia di conoscere e proteggere questa specie nei nostri mari.

Antonello Pollutri, referente Biodiversità del Wwf Italia ha dichiarato «la foca del Mediterraneo è uno dei mammiferi più rari al mondo e appartiene ad una regione considerata dal Wwf una delle priorità globali, al pari dell’Amazzonia o del Congo. È un’animale che appartiene a quel gruppo di predatori tipici di quest’area e che fanno parte della cultura e dell’identità del nostro paese, insieme all’orso, il lupo,la lince. In particolare il 28% delle specie marine del Mediterraneo risulta endemico, ovvero, “tipico” di questa regione, 700 sono le specie ittiche delle quali 110 sono di fatto risorse oggetto di pesca. Sono 15 le specie di cetacei regolarmente presenti tra cui anche una popolazione “mediterranea” di Balenottera comune. In zone costiere e pelagiche, si trovano aree di nursery per squalo bianco, squalo grigio, e verdesca. È una delle aree più importanti per la riproduzione di tartarughe marine. Rappresenta, poi, la zona di riproduzione e reclutamento del tonno rosso, nonché la zona di pesca più importante al mondo di questa specie. Il tonno rosso è al momento la specie di maggior valore commerciale a livello globale, e una commodity capace influenzare i meccanismi commerciali tra i mercati ittici più influenti al mondo, ovvero Giappone, Europa e Stati Uniti. Questo delicato intreccio di biodiversità, valori culturali e produttività, è minato da cause antropiche, quali il consumo del suolo, la perdita di habitat, la frammentazione, la desertificazione, la pesca eccessiva, il relativo bycatch(le catture accidentali), nonché l’inquinamento nelle sue molteplici forme. Di tutto ciò ne sono causa principale l’urbanizzazione e il turismo; fattori d’innesco di impatti diretti e indiretti sulla biodiversità, catalizzati, a loro volta, dall’incipiente cambiamento climatico».

(Fonte Wwf Italia)