Petrolio – In Basilicata braccio di ferro con la Regione

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Rischio sismico e catena alimentare compromessa: è quasi impossibile in Basilicata perforare senza incrociare falde e bacini idrici. Idrocarburi e metalli pesanti già presenti nella diga del Pertusillo. Il problema dei rischi sismici indotti

La Regione e il Dipartimento ambiente sono stati assenti al convegno su «Petrolio, acqua e rischio sismico in Basilicata» organizzato dal Comune di Grumento Nova che ha visto gli interventi di tre ricercatori indipendenti di fama internazionale.
Un motivo in più per la Ola, Organizzazione lucana ambientalista, per chiedere che il pozzo di reiniezione Monte Alpi 9 or, lungo la faglia «sismogenetica» di Grumento Nova e del terremoto del 1857 di intensità pari all’11 grado della scala Mercalli, non deve entrare in funzione, e un motivo in più per chiedere che non venga autorizzata l’estrazione di 26mila barili al giorno dalle montagne di Marsico Nuovo, nel cui sottosuolo insistono le numerose sorgenti del fiume Agri. I rischi per queste due attività estrattive, già autorizzate dalla Regione Basilicata, sono enormi.

È quello che emerso dalle relazioni presentate dai docenti geologi e sismologi Albina Colella, professore ordinario dell’Università di Basilicata, Franco Ortolani, professore ordinario dell’Università Federico II di Napoli, e Luigi Ferrante, ricercatore e sismologo dell’Università Federico II di Napoli, al convegno di Grumento Nova. Un convegno nel quale è stata anche presentata una relazione del professor Leonardo Seeber, docente al Lamont-Doherty Earth Observatory della Columbia University, e inviata in maniera specifica per il convegno di Grumento Nova perché tratta proprio i rischi della reiniezione di liquidi altamente tossici e ad alta pressione nei pozzi di reiniezione come il Monte Alpi 9 or che l’Eni cerca di realizzare lungo la faglia sismica del terremoto del 1857 e sopra importanti bacini idrici del sottosuolo. Questa relazione è stata pubblicata su riviste scientifiche internazionali ed è stata presentata anche all’Usgs (United States Geological Survey), l’importante ente di geologia degli Stati Uniti, che di recente ha intensificato gli studi e le valutazioni sulle correlazioni tra l’attività estrattiva e i terremoti.

La professoressa Albina Colella ha mostrato la dimensione della ricchezza di bacini idrici e delle falde del sottosuolo lucano, pubblicati nel 2003 nello studio «valutazione, caratterizzazione e monitoraggio delle risorse idriche sotterranee dell’alta Val d’Agri», ha parlato del rischio per la salute umana legati al possibile inquinamento del circuito dell’acqua con le sostanze chimiche usate per perforare e con le possibili fuoruscite di idrocarburi durante l’attività estrattiva. Dallo studio della professoressa dell’Unibas è apparso evidente anche ai profani che è quasi impossibile in Basilicata perforare senza incrociare falde e bacini idrici. La professoressa ha anche illustrato la condizione dei bacini idrici di superficie, denunciando la presenza di idrocarburi e metalli pesanti addirittura nei sedimenti della diga del Pertusillo.

Si ricorda che questa fotografia della condizione dei fondali del Pertusillo è legata ai 91mila barili al giorno attualmente estratti e che il Memorandum controsiglato da Vito de Filippo per la Basilicata, e da Guido Viceconte, per il Governo di Roma, prevede di raddoppiare tale capacità nei prossimi anni. Raddoppiando l’inquinamento delle acque lucane di superficie e di profondità?
È la domanda che la Ola rivolge all’assessore all’ambiente, Vilma Mazzocco, ed ai dirigenti del Dipartimento ambiente, nella certezza che non risponderanno, visto che non hanno sentito neanche il dovere istituzionale di presenziare a un convegno con partecipanti riconosciuti a livello internazionale per le loro pubblicazioni. Forse perché i tre ricercatori sono indipendenti e non consulenti di società minerarie?

Il professor Ortolani, che ha anche spiegato come le attività estrattive possono influenzare la sismicità dell’area e ha illustrato la conformazione delle rocce del sottosuolo della Val d’Agri, spiegando ai presenti sia i rischi sismici della frantumazione di questi strati rocciosi e sia il rischio per le sorgenti idriche dovuto alle attività estrattive in altura, ha posto anche l’accento sul doppio ruolo di professori universitari, di giorno e consulenti di società minerarie, e di enti pubblici di notte. Chiedendo che in merito alle attività estrattive in atto in Basilicata si arrivi a una sospensione, ovvero ad una pausa di riflessione affermando che «le leggi in merito alle attività di estrazioni sono vecchie di mezzo secolo, mentre le tecnologie estrattive, di pari passo con le conoscenze geologiche, sono molto più intense e complete rispetto ai tempi di Enrico Mattei. Da qui la necessità di capire, fermando tutte le attività petrolifere in atto, per comprendere come muoversi nel rispetto dovuto al territorio, alla salute dei cittadini e alle necessità di una corretta crescita economia».

Ortolani ha anche denunciato l’assenza nella Via (Valutazioni di impatto ambientale), di relazioni tecniche e scientifiche pubblicate su riviste internazionali e l’assenza di valutazioni inerenti gli effetti sismici indotti dalle attività estrattive e viceversa (si pensi ai possibili cedimenti delle camiciature dei pozzi dovute ad un possibile sisma in Val d’Agri), mentre non mancano mai semplici relazioni di consulenti «più o meno distratti dagli interessi che l’oro nero sviluppa».

L’Eni, dunque, secondo la Ola, deve rinunciare (col pozzo di reiniezione Monte Alpi 9 or) a reimmettere acqua di produzione e del centro olio di Viggiano altamente inquinante in un’area ricca di falde acquifere e bacini sotterranei, mentre la Regione Basilicata pensi al territorio, all’incolumità di case e abitanti, e a svolgere la sua funzione di mediatrice tra le esigenze dell’ambiente e quelle commerciali delle società minerarie, esercitando tutto il suo potere per distogliere l’Eni da un abuso sociale di tale portata, rinunciando alla pratica di atti di fede nelle valutazioni ambientali. Inoltre, sempre la Regione, blocchi l’estrazione di 26mila barili al giorno dai monti di Marsico, allontanando con tale decisione i rischi che queste perforazioni in altura inquinino «per generazioni umane le sorgenti idriche dell’Agri».

Il professore Ferranti (che ha parlato anche dell’esistenza di una sismicità indotta sia dalla diga sia dalle perforazioni in atto in Val d’Agri e che da 20 anni studia la sismicità della Val d’Agri), ha dimostrato come la similitudine tra la faglia sismica del terremoto del 1980 in Irpinia, ben evidenziata e catalogata, con una faglia sismica a ridosso del monte su cui si erge Grumento Nova, possa far parlare, per quest’ultima, di una possibile localizzazione della temibile faglia sismica del terribile terremoto del 1857, da Ferranti stesso definita «sismogenetica», cioè, capace di generare un terremoto.

E proprio a 800 metri da questa faglia sismogenetica che mostra attività di superficie e di profondità, che l’Eni ha chiesto di realizzare il pozzo di reiniezione Monte Alpi 9 or che frantumerà le rocce sottostanti, data l’alta pressione di esercizio, e che la Regione Basilicata, senza avere il minimo dubbio (e senza avere la necessità di ascoltare le voci e le relazioni di scienziati indipendenti), ha già autorizzato, mentre il piccolo Comune di Grumento si oppone.

La Ola, nel rinnovare la sua solidarietà al Comune di Grumento ed al giusto principio di precauzione invocato dal sindaco Vertunni, informa che per il pozzo Monte Alpi 9 or e per le estrazioni lungo le sorgenti dell’Agri si rivolgerà alla Commissione europea per i Diritti dell’Uomo, e sta valutando con altre associazioni e con i propri legali la possibilità di un’azione legale nei confronti della Regione Basilicata.

(Fonte Ola)