Il cambiamento climatico minaccia le risorse idriche nella regione alpina ma non vengono considerate tutte le conseguenze a valle
È stato pubblicato il rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente sulla vulnerabilità delle Alpi ai cambiamenti climatici («Regional climate change and adaptation – The Alps facing the challenge of changing water resources») che però solleva qualche perplessità.
Questa zona, con i cambiamenti climatici in corso, inevitabilmente avrà una grande influenza in tutta l’area alpina che si trova a valle. Le Alpi, con i loro ghiacciai, sono il più grande serbatoio di acqua dolce dell’Europa, i più grossi problemi che si porranno sono quelli dipendenti soprattutto dallo scioglimento dei ghiacciai alpini e dalla scarsità di acqua, che si avrà in futuro, in tutti i bacini idrografici che dipendono direttamente o indirettamente dalle Alpi. Problemi secondari, anche se non meno rilevanti, ma che non vengono considerati nel rapporto, si porranno per l’aumento del rischio di frane (a causa della perdita di permafrost) e del rischio valanghe (a causa degli sbalzi di temperatura).
Nel rapporto si prendono anche in considerazione alcuni casi studio che sono i bacini idriografici connessi con le Alpi:
– la valle Lavant in Austria
– la qualità dell’acqua a Vienna
– la Valais in Svizzera
– la valle dell’Alto Adige in Italia
– il bacino idrografico della Savoia in Francia
– la valle del Soca in Slovenia ai confini con l’Italia.
Ma stranamente non si considera la valle Padana.
Nella valle Padana finiscono tutti gli affluenti che vengono dalle Alpi, e quest’area dipende quasi totalmente dai ghiacciai alpini che si stanno sciogliendo. Ma manca anche la valle dell’Adige, che è considerata solo per la parte dell’Alto Adige. E non sono considerati neanche il Piave e il Tagliamento.
Che dire? Forse una conferma che i cambiamenti climatici si fermano alle Alpi? Che avesse ragione il Senato quando ha negato l’esistenza dei cambiamenti climatici? Che faccia bene l’Italia a snobbare Kyoto? E, ovviamente, non esistono neanche problemi di adattamento ai cambiamenti del clima e quindi facciamo bene a puntare ancora su petrolio e carbone. Peccato perché perdiamo un’altra occasione di affrontare seriamente la pianificazione territoriale. L’adattamento, infatti, riguarda la pianificazione territoriale, la gestione delle acque e dei bacini idrologici, la riduzione dei rischi idrogeologici e dei rischi costieri, la progettazione delle nuove opere e delle nuove infrastrutture, ecc…
Ma chi ha partecipato per l’Italia all’elaborazione del Rapporto?