Un Prisma nello spazio

3171
PRISMA
Tempo di lettura: 2 minuti

Un satellite tutto italiano per l’osservazione della Terra, monitorerà i fenomeni geologici della Terra come il rischio idrogeologico e vulcanico, desertificazione, stress vegetazione, inquinamento marino e del suolo e, inoltre, fornirà servizi di monitoraggio e gestione risorse agricole e forestali e controllo delle attività antropiche e di sfruttamento delle risorse minerarie

Il suo nome è Prisma, un po’ per la forma, e soprattutto perché è l’acronimo di «PRecursore IperSpettrale della Missione Applicativa». Si tratta di un satellite tutto italiano per l’osservazione della Terra, così come quasi tutto italiano è il razzo «Vega» che dovrà portarlo nello spazio il prossimo mese di febbraio (la data precisa ancora non è stata ufficializzata) spiccando il balzo dalla base europea di Kourou, nella Guyana francese.

Lo scopo principale della missione è quello di testare un dimostratore tecnologico dotato di strumenti ottici per il monitoraggio delle risorse naturali e delle caratteristiche dell’atmosfera terrestre. Prisma è un satellite del peso di 800 chilogrammi che fa parte di una missione dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) con l’obiettivo di monitorare i fenomeni geologici che avvengono in Italia, lo stato delle risorse naturali, la qualità dell’aria e i livelli di inquinamento. Avrà la capacità di acquisire globalmente dati per un totale giornaliero di 200.000 chilometri quadrati.

Prisma è la continuazione del programma HypSEO dell’Asi per sviluppare una fotocamera iperspettrale per applicazioni spaziali ed interrotto nel 2002, e fornirà un contributo per l’osservazione della Terra, lo studio dei principali processi ambientali, come le interazioni tra atmosfera, biosfera e idrosfera, osservazione dei cambiamenti dell’ambiente e del clima a livello globale, ed effetti delle attività antropiche.

La missione operativa è prevista per cinque anni: Vega dovrà portarlo su un’orbita eliosincrona, con il punto più distante dalla Terra di 615 chilometri. Una volta entrato in funzione, il satellite italiano potrà fornire dati a supporto di attività quali la gestione dei rischi naturali e antropici (ad esempio il rischio idrogeologico e vulcanico, desertificazione, stress vegetazione, inquinamento marino e del suolo). Inoltre, fornirà servizi di monitoraggio e gestione risorse agricole e forestali e controllo delle attività antropiche e di sfruttamento delle risorse minerarie.

Qualche dato tecnico sul satellite

È dotato di stabilizzazione a tre assi con un’accuratezza di 0,07° su ogni asse e possiede i seguenti strumenti per la determinazione dell’assetto: 2 magnetometri e 24 sensori solari per la determinazione dell’assetto grezza;2 sensori stellari e 6 giroscopi per la determinazione dell’assetto ad alta accuratezza.

Come attuatori dispone di: 4 ruote di reazione per il puntamento accurato; 3 bobine magnetiche per il puntamento e la de-saturazione delle ruote di reazione e 2 propulsori per le manovre orbitali.

Il team industriale della missione è formato da aziende italiane guidato da OHB Italia e Leonardo Sp, Divisione sistemi avionici e spaziali. Prisma è costruito sulla base di «Mita», una piattaforma realizzata dalla Carlo Gavazzi Space (oggi OHB Italia). Il controllo del satellite sarà effettuato dal Centro spaziale del Fucino, presso L’Aquila, in banda S, mentre i dati ottenuti saranno scaricati in banda X ed elaborati presso il Centro di Geodesia spaziale di Matera.

L’unico strumento scientifico presente a bordo è un dispositivo elettro-ottico fornito da «Leonardo» composto da un sensore iperspettrale e una telecamera pancromatica con una risoluzione spaziale di 30 metri, con risoluzione spaziale di 5 metri.

Il satellite si trova già da tempo a Kourou, attentamente controllato dai tecnici italiani: attende solo di essere posto nell’ogiva del Vega (un razzo costruito al 70 per cento dall’Italia con Avio in prima fila) per dare il via ad una nuova missione Made in Italy per osservazione della Terra.

 

Antonio Lo Campo