La conservazione ex situ della biodiversità delle specie vegetali spontanee e coltivate in Italia, frutto del lavoro volontario di 230 studiosi italiani con l’organizzazione dell’Ispra
Il 2010 sarà l’Anno internazionale della Biodiversità; biodiversità che, se non a livelli scientifici, è trattata già nei testi sacri. Si pensi all’Arca di Noè, ad esempio. Sorprendentemente scopriamo anche l’ottima coscienza conservatrice di Gabriele D’Annunzio: ma la vena (avena) selvaggia / e il ciano cilestro (fiordaliso) / e il papavero ardente / laudati sien da noi come la spica (frumento)!
Anche se questa flora spontanea non dà pane che nutrica, il poeta li benedice ugualmente con allegria.
Ora però è arrivato il momento di essere più concreti e operativi nel conoscere e nell’agire per conservare la biodiversità.
Il ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, infatti, col contributo della comunità scientifica italiana si prepara a redigere la Strategia Nazionale per la Biodiversità.
L’importanza della conservazione della biodiversità ex situ (ovvero fuori dagli spazi naturali), spesso a supporto e integrazione di quella in situ, è trattata largamente nell’articolo 9 della Convenzione sulla diversità biologica (Cbd). Numerosi autorevoli documenti ricordano la necessità di approfondire azioni e conoscenze in questo campo: il rapporto n. 3 dell’Agenzia europea per l’Ambiente (European forests, ecosystem conditions and sustainable use, 2008) lo sottolinea energicamente; il rapporto tecnico della Fao Climate change and biodiversity for food and agricolture (2008) indica concretamente la conservazione ex situ delle risorse genetiche come una delle sette azioni da compiere per l’adattamento degli ecosistemi all’impatto dei cambiamenti climatici.
Per quanto riguarda il Piano di Azione della Ue fino al 2010 e oltre, la conservazione ex situ risponde a vari degli obiettivi operativi.
Con la collaborazione di numerosi autori, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, Ispra, ha prodotto un documento che riguarda lo stato della conservazione ex situ della biodiversità vegetale in Italia, le criticità riscontrate relativamente alle diverse componenti della flora (specie spontanee autoctone, forestali e coltivate) e le azioni da compiere in via prioritaria per risolvere i problemi più acuti.
Seppure destinati a «invecchiare», in molti casi sono stati elaborati i costi di alcune delle azioni da compiere, talvolta in modo dettagliato, per rendere chiaro e concreto l’impegno economico che la difesa della biodiversità comporta.
Sebbene perfettibile, il lavoro tenta di fornire una sintesi, con base rigorosamente scientifica, sulla conservazione ex situ della biodiversità delle specie vegetali e potrebbe perciò essere considerato un contributo alla redazione della Strategia nazionale per la biodiversità.
A dimostrazione di quanto fosse sentita la necessità di avere un quadro d’insieme, lo studio, senza precedenti nel nostro Paese, è frutto degli interventi volontari di più di 230 autori, afferenti a enti pubblici e privati e ad associazioni operanti nel campo ambientale, che hanno risposto sollecitamente all’iniziativa intrapresa dall’Ispra insieme al Gruppo di Lavoro interregionale sulla vivaistica forestale, Bioforv, e alla Rete italiana Banche Germoplasma per la conservazione ex situ della flora spontanea italiana, Ribes. Inoltre, bene accolti sono stati gli elementi che molti cittadini privati, conoscitori della problematica, hanno fornito all’indagine condotta.
Sono stati talvolta affrontati temi che non appartengono in senso stretto alla conservazione ex situ, come la conservazione on farm, oppure argomenti «ponte» come i rapporti tra conservazione in situ ed ex situ della biodiversità.
Il documento, «La conservazione ex situ della biodiversità delle specie vegetali spontanee e coltivate in Italia», è on line nel sito dell’Ispra.
(R. V. G.)
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(La Foto è di Pina Catino)