Intervista a Valentina Domenici, professoressa del dipartimento di Chimica e Chimica industriale dell’Università di Pisa. «Il dualismo della chimica, una caratteristica intrinseca, in linea di principio, di tutte le sostanze chimiche, che si collega anche al concetto di rischio associato all’uso di sostanze chimiche e il rapporto tra Scienza e Società impone una maggiore conoscenza e comunicazione della materia»
Nel corso dell’ultimo congresso nazionale della Società Chimica italiana (Sci) è stato attivato un gruppo di lavoro per la diffusione della cultura chimica. La chimica, quella Scienza che studia la composizione della materia ed il suo comportamento in base a tale composizione e che è in tutto quello che ci circonda. Negli anni, le consapevolezze Scientifiche relative agli effetti sulla salute dell’uomo di molte sostanze chimiche si sono fortemente evolute ed ora è sempre più evidente che molte sostanze, anche di uso comune, possono essere dannose per la nostra salute. Un dualismo della Scienza, ovvero la presenza allo stesso tempo di aspetti positivi e di aspetti negativi, che associato alla problematica legata al rapporto tra Scienza e Società, ovvero al fatto che non sempre le indicazioni che vengono dalla comunità Scientifica sono ascoltate da chi poi deve prendere delle decisioni, obbliga una responsabilità sociale ed etica alla chimica…
Abbiamo voluto porre alcune domande a Valentina Domenici, professoressa del dipartimento di Chimica e Chimica industriale dell’Università di Pisa che è entrata a far parte del neonato gruppo della Sci succitato.
In cosa consiste il neonato gruppo per la diffusione della cultura chimica della Sci?
La Sci è una delle più numerose società scientifiche in Italia, contando ad oggi oltre tremilacinquecento soci tra chimici universitari, liberi professionisti e insegnanti di chimica. Tra le varie mission, oltre a promuovere lo sviluppo della chimica e favorire la ricerca scientifica in vari ambiti della chimica, la Sci è impegnata a migliorare l’immagine della chimica nella società e a far comprendere il ruolo sociale, economico e culturale di questa Scienza e le sue ricadute nella vita di ogni giorno, sia a livello di singoli sia di collettività. Nel settembre 2017, durante, il congresso nazionale della Sci, insieme ad alcuni colleghi della divisione che si occupa della «Didattica della chimica» e ad alcuni membri del gruppo «Giovani» ho organizzato una sessione tematica intitolata «Comunicare la chimica, per chi e per che cosa» a cui hanno partecipato oltre a chimici di professione anche dei comunicatori scientifici, come il giornalista e scrittore Pietro Greco. In questa occasione è nata l’idea di attivare all’interno della Sci un gruppo interdivisionale con l’intento di unire e coordinare tutti gli sforzi e le azioni che già molti chimici, anche a livello personale, fanno per correggere la disinformazione, diffondere la cultura chimica e contrastare la diffusione di idee sbagliate e fuorvianti attorno alla Scienza chimica.
Finalmente il gruppo, nominato «Diffusione della cultura chimica», si è costituito lo scorso 8 giugno a Roma, con la nomina del consiglio direttivo e la definizione delle linee di intervento. Questo gruppo, che ufficialmente ha iniziato ad essere operativo dal 1° gennaio 2019, è coordinato da Sara Tortorella (Università di Perugia).Fanno parte del direttivo anche Stefano Cinti (Università «Tor Vergata» di Roma), Valeria Costantino (Università «Federico II» di Napoli), Adriano Intiso (Università di Salerno), Elena Lenci (Università di Firenze) e Alberto Zanelli (Università di Bologna). Fanno parte del direttivo, come soci invitati, anche la sottoscritta e Luciano D’Alessio (Università della Basilicata), entrambi attivi da molti anni nell’ambito della comunicazione della chimica.
Tra le varie iniziative, il gruppo neoformato si impegna a realizzare per il prossimo triennio eventi, workshop e scuole di formazione, focalizzate su tecniche e strumenti di divulgazione e disseminazione rivolti a studenti e ai giovani ricercatori. Una delle linee di azione, infatti, si rivolge proprio ai ragazzi, ai giovani e in generale ai futuri chimici.
L’Anno internazionale della Tavola Periodica degli Elementi
Quale la sua prerogativa sul territorio nazionale, e questo anche in virtù della celebrazione legata quest’anno all’anno internazionale della Tavola Periodica degli Elementi?
Il 2019 è stato riconosciuto dall’Unesco come Anno internazionale della Tavola Periodica degli Elementi per celebrare la ricorrenza dei 150 anni dal primo fondamentale lavoro di Dimitri Mendeleev, nel 1869, che pose le basi per l’organizzazione delle conoscenze chimiche in base alle proprietà chimiche e fisiche degli elementi chimici, così come la conosciamo oggi. Quest’anno, quindi, in tutto il mondo si moltiplicheranno iniziative ed eventi dedicati non solo alla Tavola Periodica e alla sua storia, ma anche alla sua attualità.
Tra le iniziative che il gruppo «Diffusione cultura chimica» sta organizzando ci sono anche alcuni «contest» di comunicazione della chimica, come «Chimicapisce», che vedrà giovani chimici under 35 sfidarsi in una competizione in cui dovranno raccontare la loro ricerca in meno di tre minuti. Sempre dedicato ai giovani è stato indetto un bando per la migliore comunicazione: il premio «1000xChemistry». Una scuola di formazione e un convegno nazionale dedicato alla comunicazione della chimica sui diversi mezzi di comunicazione, dai social ai giornali, dalla radio alla TV, è in programma a Rimini. Il gruppo partecipa inoltre a vari festival scientifici, come il Festival della Scienza di Genova, e ad iniziative che si svolgono a livello internazionale, come il «Global Breakfast» del 12 febbraio, che in Italia si è svolto a Napoli. Moltissime saranno inoltre le presenze del gruppo all’interno di eventi organizzati da altri partner, come la Royal Society of Chemistry, l’EuChems e la Iupac, rispettivamente la società chimica inglese, la società chimica europea e l’unione internazionale di chimica pura e applicata. In questo caso, il gruppo sarà presente attraverso seminari divulgativi, incontri con la cittadinanza e laboratori didattici interattivi. Molti sforzi dei membri del gruppo sono inoltre concentrati sui vari mezzi di comunicazione, ad esempio attraverso le pagine Facebook, Instagram e Twitter (rintracciabili attraverso l’account @Scicultura e l’hashtag #Scicultura).
Che cosa sono le sostanze chimiche
Le sostanze chimiche sono presenti in molti prodotti con cui il consumatore viene a contatto quotidianamente…
Come la gente comune, i non addetti ai lavori, possono comprendere la tipologia di sostanza con cui viene a contatto valutando pertanto il grado di rischio a cui è esposto? A livello internazionale/nazionale esiste un Organismo che garantisce il controllo?
Un aspetto cruciale collegato al basso livello generale di cultura chimica riguarda la percezione distorta di cosa siano le sostanze chimiche. Per molte persone, le sostanze chimiche sono soltanto i prodotti di sintesi, ovvero le sostanze «create» dai chimici su piccola scala, in laboratorio, o, su una scala più grande, a livello industriale. In realtà, anche le sostanze presenti in natura, quelle che si trovano nelle piante, negli animali, nell’uomo e in generale quelle che possiamo trovare sulla Terra, sono sostanze chimiche. Questo non è certo un dettaglio o un cavillo da Scienziati! Le stesse considerazioni che facciamo nei confronti delle sostanze di sintesi, riguardo ad esempio alla loro pericolosità, tossicità, rischio, ma anche alla loro utilità, potenzialità e vantaggi, andrebbero fatte nello stesso modo anche per le sostanze naturali. Senza distinzioni e preconcetti. Quando, come chimici, affermiamo che, in generale, il livello medio di conoscenza della Scienza chimica e quindi di cultura chimica è troppo basso, ci riferiamo anche a questo misconcetto: la contrapposizione, ingiustificata dal punto di vista scientifico, tra ciò che è naturale e ciò che è artificiale o sintetico. Purtroppo, su questo «equivoco» si basano molti slogan sfruttati anche dal marketing (basti pensare alle pubblicità o ai vari marchi «zerochimica», «100×100 naturale»). Una conoscenza di base della chimica, inoltre, dovrebbe portare a comprendere meglio il concetto stesso di rischio associato all’uso delle sostanze chimiche. In generale, il rischio, che è senz’altro un concetto molto complesso e non molto conosciuto, è legato alla possibilità che una sostanza possa provocare dei danni a vari livelli, ma è legato anche a come quella sostanza viene utilizzata e alla quantità di sostanza usata. Esistono infatti molte sostanze che sono inerti, ovvero non reagiscono con altre sostanze, e che in quantità modeste non provocano alcun effetto negativo. Tuttavia, queste stesse sostanze se presenti in quantità elevate possono diventare un enorme problema. Un esempio oggi di grande attualità è legato alle microplastiche, che in realtà racchiudono una classe molto ampia di sostanze chimiche diverse, nella maggior parte dei casi inerti, ma proprio per questo indistruttibili o quasi. Il loro uso eccessivo, insieme ad una bassa cultura e una altrettanto bassa attenzione per l’ambiente, ha portato oggi ad un problema globale, a cui proprio i chimici stanno lavorando, insieme ad altri scienziati, per trovare delle soluzioni.
Oggi, sia a livello nazionale sia internazionale, l’attenzione sui possibili effetti negativi associati all’uso delle sostanze chimiche è senz’altro maggiore che in passato. Probabilmente, non molti sanno che dal 2007 la Comunità europea ha introdotto un importante regolamento (n. 1907/2006) denominato «Reach» (Registration, Evaluation, Authorisation of CHemicals) che stabilisce regole molto rigide per la produzione e la messa in commercio di qualsiasi sostanza chimica. Il Reach ha proprio l’obiettivo di proteggere la salute dell’uomo e l’ambiente in quanto sia gli enti pubblici sia i privati non possono mettere in commercio nessuna sostanza chimica prima che questa sia stata studiata, testata, approvata e schedata dalla «European Chemicals Agency» (Echa).
Passato e presente…
Nel nostro vivere quotidiano utilizziamo sostanze chimiche che si è scoperto, con studi successivi alla loro messa in commercio, essere di notevole impatto per la salute dell’uomo e del suo ambiente. L’elenco sarebbe molto lungo, si cita a livello esemplificativo solo alcune di queste sostanze quali ad esempio il teflon, il bisfenolo, il triclosan, gli ftalati, il glifosato, l’eternit…
Cosa non ha funzionato o ha funzionato male nella comunicazione di potenziali rischi legati alla messa in commercio di queste sostanze? Cosa si è fatto per tutelare il cittadino e cosa invece per spingere il profitto? Come si può essere ragionevolmente sicuri che sostanze ora ritenute sicure per la salute dell’uomo e del suo ambiente non abbiano ricadute nocive nei decenni a venire? Le nuove entità chimiche vengono opportunamente testate e nel caso ci siano risultati tossicologici controversi si adotta il principio precauzionale, vedi ad esempio il caso del glifosato?
Come dicevo, oggi, il livello di attenzione e la sensibilità nei confronti dell’impatto che nuovi prodotti chimici possono avere sull’uomo e sull’ambiente è molto diverso che in passato. Fino agli anni Settanta del secolo scorso, oltre a non essere ancora presente una vera e propria consapevolezza del ruolo delle attività dell’uomo sull’ambiente, erano assai scarse anche le stesse conoscenze scientifiche relative agli effetti sulla salute di molte sostanze. Da allora molte cose sono cambiate, sia dal punto di vista dei cittadini e in generale dell’atteggiamento dei non addetti ai lavori, sia dal punto di vista degli scienziati, del loro lavoro e della riflessione sul loro lavoro. Parlo di scienziati, e non solo di chimici, perché credo che alcune problematiche sollevate siano comuni alla Scienza e non peculiari della Chimica. Ad esempio, l’introduzione di nuovi farmaci, nuove terapie geniche, nuovi protocolli medici, ma anche l’uso di nuove tecnologie e nuovi dispositivi, in breve l’introduzione di qualsiasi innovazione a livello tecnico-scientifico in grado di modificare le abitudini e la vita delle persone è potenzialmente suscettibile delle stesse considerazioni. Dovremmo per questo motivo porre dei freni alla ricerca scientifica? Non credo. Questo aspetto, se vogliamo intrinseco alla Scienza, però, è poco divulgato e quindi poco compreso, ed è associato a quello che si chiama il «dualismo» della Scienza, ovvero la presenza allo stesso tempo di aspetti positivi e di aspetti negativi. Nel caso della chimica questo è ancora più evidente attraverso semplici esempi che hanno fatto la storia della chimica moderna. Guardiamo, ad esempio, la vicenda del Ddt. La sintesi di questa molecola da parte di Paul Hermann Müller, che a partire dal 1935 iniziò ad interessarsi alla produzione di un insetticida, era motivata da una forte richiesta da parte dell’opinione pubblica e dalla necessità di risolvere un grosso problema sociale: la diffusione della malaria. Per questa scoperta Müller ricevette il Premio Nobel per la Fisiologia e la Medicina nel 1948, perché di fatto contribuì ad arrestare una delle piaghe che avevano messo in ginocchio la popolazione europea nel dopoguerra. Oggi sappiamo che questa sostanza può provocare, se usata in grandi quantità, danni per la salute e per l’ambiente, tuttavia, ancora oggi l’Organizzazione mondiale della sanità ritiene che il Ddt sia uno degli strumenti più efficaci per sconfiggere la malattia e ne consiglia l’uso.
Questo è il dualismo della chimica, una caratteristica intrinseca, in linea di principio, di tutte le sostanze chimiche, che si collega anche al concetto di rischio associato all’uso di sostanze chimiche, di cui ho parlato prima.
Un esempio molto più vicino all’attualità, da lei citato, è quello del glifosato, un diserbante non selettivo, prodotto per la prima volta intorno agli anni Cinquanta, ma entrato in commercio a metà degli anni Settanta, che ha avuto una diffusione enorme ed è, ad oggi, usato in maniera massiccia non solo in agricoltura, ma anche nel giardinaggio e nelle bonifiche. A partire dai primi studi sugli effetti tossicologici di questa sostanza e quindi dei potenziali rischi sulla salute dell’uomo, la comunità scientifica ha iniziato un dibattito molto acceso che ha portato oggi ad una posizione piuttosto condivisa all’interno della comunità scientifica, condivisa anche dai chimici, che suggerisce l’introduzione di maggiori restrizioni sul suo utilizzo, se non la totale eliminazione di questa sostanza dal mercato. Gran parte del problema ambientale associato al glifosato è legato alle quantità di questa sostanza, che è stata utilizzata probabilmente in modo eccessivo e ingiustificato.
Il caso del glifosato permette di affrontare un’altra problematica legata al rapporto tra Scienza e Società, ovvero il fatto che non sempre le indicazioni che vengono dalla comunità scientifica sono ascoltate da chi poi deve prendere delle decisioni. Spesso, come in questo caso, le logiche degli interessi economici e di quelli politici sono estranei alla ricerca scientifica e questo sposta il problema su un piano da cui spesso gli Scienziati sono esclusi.
Per quanto riguarda la comunicazione della chimica penso che esistano diversi ordini di problema. Prima di tutto, di chimica si parla poco! Facendo una rapida ricerca sulle maggiori testate giornalistiche ci si accorge di una presenza marginale della chimica, se non associata alla salute e, in generale, alla medicina. In secondo luogo, quando si parla di chimica, esiste un totale squilibrio tra la narrazione degli aspetti negativi, che vengono spesso enfatizzati creando in alcuni casi falsi allarmi se non pura disinformazione, e degli aspetti positivi, di cui raramente si parla. Questo disequilibrio è, secondo molti chimici, alla base dell’atteggiamento definito «chemofobia», ovvero la paura irrazionale nei confronti della stessa parola «chimica» e il conseguente pregiudizio nei confronti dei chimici e del loro lavoro.
Personalmente, credo che alla base della cattiva comunicazione della chimica ci siano anche grosse lacune e un livello molto basso di conoscenza di base della Scienza chimica, che non potrà essere risolto se non partendo dalla scuola e dall’educazione, in generale. Questo è un tema a me molto caro ed è infatti su questo che sono impegnata attivamente, sia nella formazione degli insegnanti sia nella sperimentazione di nuovi modi di insegnare la chimica a vari livelli, cercando di far comprendere non solo i concetti di base, ma anche le complesse relazioni che esistono tra la chimica e la società di oggi.
La chimica sostenibile
La chimica, nell’immaginario comune, ha una certa responsabilità «implicita» che deriva non solo dall’eventuale pericolosità di alcune sostanze ma dalle logiche dei processi di trasformazione condotti su larga scala. Un ruolo importante, quello della chimica, nella nostra civiltà che presuppone forti responsabilità sociali ed etiche…
Potrà mai esistere una vera chimica sostenibile?
Il tema dell’etica della Scienza e della chimica in particolare è un altro argomento importante e in un certo senso abbastanza nuovo all’interno della comunità dei chimici. Proprio a partire da quest’anno sia a livello europeo, grazie all’azione dell’EuCHEMs (European Society of Chemistry), sia a livello italiano, con l’impegno della Società Chimica italiana, sono stati attivati all’interno dei corsi di laurea magistrale in chimica e in alcuni corsi di dottorato, dei corsi di «etica della chimica». Questo dovrebbe far capire che le responsabilità sociali dei chimici non esistono solo nell’immaginario comune, ma sono una realtà ed è per questo che i futuri chimici dovranno essere formati per saper affrontare, e anche comunicare meglio, le problematiche etiche associate alla propria attività di ricerca e professionale. Non molti, infatti, sanno che i chimici sono spesso impegnati in prima persona ad affrontare i temi più delicati da Lei accennati, come la conversione dei processi industriali in processi sostenibili, la sostituzione di prodotti inquinanti con altri meno inquinanti, la produzione di materiali biocompatibili, il riuso e il riciclo dei rifiuti, la riduzione dello sfruttamento delle risorse, solo per fare alcuni esempi. La chimica sostenibile esiste già, ma se ne parla poco!
Elsa Sciancalepore