I bio-indicatori per monitorare le acque

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Il metodo si afferma perché atto alla conservazione e preservazione di fiumi, laghi e coste

Si è svolto a Siena, ospitato dal Dipartimento provinciale, il corso di formazione «Indicatori biologici 2000/60/CE – Macrofite», a cui hanno partecipato 10 operatori Arpat seguiti da 3 istruttori di Enea Saluggia, sezione Biologia Ambientale e Conservazione della Natura. Il corso organizzato da Cedif e Steppas ha visto momenti formativi in aula ed attività in campo sui Fiumi Arbia e Merse.

Le innovazioni apportate dalla Direttiva europea 2000/60 (Wfd) rappresentano, di fatto, l’affermazione della bio-indicazione nel monitoraggio della risorsa idrica, intesa quale strumento atto alla conservazione e preservazione degli ambienti fluviali, lacuali e marino costieri.

In questa ottica è importante comprendere il passaggio da indicatori trofici (quale l’Ibmr che utilizza le Macrofite acquatiche) a indicatori ecologici previsti dalla Wfd, la quale richiede un monitoraggio finalizzato alla determinazione della qualità dell’ecosistema, non della sola matrice acqua. Da qui la necessità di approfondire lo studio delle comunità animali e vegetali nei siti di monitoraggio rappresentativi di certe tipologie fluviali.

Le macrofite fanno parte dei produttori e sono quegli organismi vegetali e non (Alghe, Muschi, Briofite, Epatiche, Pteridofite, Fanerogame mono e dicotiledoni) che hanno modo di svilupparsi in ambienti puramente acquatici o su terreni e substrati che almeno periodicamente vengono sommersi dall’acqua.

Le macrofite rappresentano, forse, i più sensibili tra gli indicatori biologici previsti dalla Wfd, (macroinvertebrati, diatomee e fauna ittica), in quanto capaci di rilevare variazioni trofiche (arricchimento di nutrienti) anche minime in un corso d’acqua.

Nel tempo, le macrofite si sono sviluppate «specializzandosi» in varie forme di adattamento, per cui al loro interno comprendono gruppi tolleranti a forme di trofia elevata e taxa invece più sensibili.

Nella prima parte del corso sono stati descritti i diversi indici macrofitici usati in Europa, dando un quadro chiaro ed esaustivo del livello di attuazione del biomonitoraggio previsto dalla Wfd nei principali stati membri; si è passati poi alla descrizione degli adattamenti ecologici delle macrofite, al loro ruolo nell’ecologia fluviale e alle modalità di campionamento in alveo bagnato e in zona perifluviale.

Il secondo giorno è stato dedicato al campionamento su tre siti lungo l’asta del Fiume Merse procedendo da valle verso monte: in località Il Santo, Castello di Capraia e Brenna, con attività diretta degli operatori, istruiti e seguiti dalle tre docenti.

Il terzo giorno è stato dedicato alla determinazione tassonomica, con ausilio di microscopio ottico e stereomicroscopio, degli esemplari raccolti e conservati relativi ai campionamenti del giorno precedente, in ultimo è stata descritta la modalità di calcolo dell’indice prescelto a livello nazionale, Ibmr, lo stesso adottato dalla Francia ed altri paesi europei.

Alla luce dei DM attuativi (DM 131/08, DM 56/09) del D.Lgs 152/06 (recepimento della Wfd) l’Agenzia è impegnata nella messa a punto della nuova rete di monitoraggio, a seguito dei risultati dell’analisi delle pressioni ed impatti in corso di ultimazione.

Anche se, la nuova rete è ancora a livello di bozza ed in attesa del primo vaglio da parte della Regione Toscana, è prevedibile un aumento consistente dei punti di monitoraggio, sui quali è previsto un protocollo di campionamento con macrofite, macroinvertebrati, diatomee, fauna ittica a cui si affiancano il monitoraggio dei parametri di base e delle sostanze pericolose.

Nella nuova organizzazione prevista per Arpat, diventerà fondamentale il coordinamento tra operatori che si troveranno ad affrontare in modo routinario non più un solo indicatore biologico (Ibe previsto dal ex D.Lgs 152/99) ma quattro indicatori biologici, con la necessità di mettere a punto metodiche di campionamento e determinazione tassonomica di notevole impegno professionale.

Inoltre è importante ricordare che nel biomonitoraggio è prevalente l’attività svolta in campo con notevole impegno di tempo e, questa particolarità del biomonitoraggio avrà indubbiamente un peso nella riorganizzazione dell’Agenzia.

L’impegno sul fronte del biomonitoraggio è ingente e questa sfida, di fondamentale importanza per la conservazione dell’ambiente, potrà essere vinta con investimenti nella tutela della risorsa idrica sia in termini strumentali sia in termini di risorse umane.

(Fonte Arpat, a cura di Susanna Cavalieri e Ornella Bresciani)