Scuola, attenti alla riforma

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È urgente che si prenda coscienza di queste temibili trasformazioni e che l’opinione pubblica non accetti supinamente quanto potrebbe trasformare la scuola da strumento di democrazia in supporto dei privilegi particolaristici, mentre si lascerebbe che la secessione verbalmente accantonata ritorni dalla finestra, in contrasto con il cammino dei popoli verso la cooperazione, a favore della etnicizzazione, come regressione sociale in agguato

Alla luce delle iniziative degli ultimi governi sulla scuola nasce l’interrogativo: i ministri del dicastero istruzione sono così avveduti e scientificamente attrezzati da avvertire l’urgenza di ricalibrare la scuola perché l’istruzione risponda meglio alle esigenze formative dei cittadini e meglio disponga questi alle finalità lavorative future?

A giudicare dai contenuti dei provvedimenti sembra invece si possa sciogliere il dubbio esaminando sottese finalità di profilo antropologico.

È d’obbligo uscire dai contesti puramente didattici perché se i provvedimenti ledono diritti ora degli utenti ora degli operatori le motivazioni hanno radici di natura politica e di politiche sorrette dalle ideologie.

Collocando il progetto sulle autonomie differenziate nel contesto generale delle politiche partitiche si mette in luce il progetto di assetto regionale dello Stato in cui le Regioni dovrebbero godere dei benefici fiscali ricollocati sul territorio a profitto delle relative popolazioni. Pertanto la scuola rappresenta il canale privilegiato per la formazione e la conseguente creazione della mentalità localistica per due ragioni:

  • la gestione differenziata avvia la schematizzazione sociale con prevalenza delle regioni del nord per la loro prestanza economica e per l’efficienza dei servizi integrati;
  • l’intervento sulla scuola favorisce cambiamenti di tutta la realtà sociale: sulla scuola convergono tutti gli adulti delle famiglie, nella scuola operano tutti i formatori e in essa sono educati e formati tutti gli alunni che si inseriscono nell’assetto pilotato dalle forze ispiratrici del progetto.

Abbiamo in Italia un esempio storico datato che è la prova provata dello stretto rapporto tra ideologica dominante e formazione scolastica. Se qualcuno ha memoria degli abbecedari dell’epoca fascista o possa consultarli in biblioteca noterà alcuni aspetti significativi:

  • la guida alla lettura-scrittura proponeva in modo perentorio e indolore queste caratteristiche: alla lettera «D» dal maiuscolo al minuscolo, dallo stampatello al corsivo la parola «Duce»; alla lettera «M» sia la parola «Massaia» che «Mussolini» (in questo caso con un viaggio sotteso tra famiglia ideale con donna casalinga-simbolo e lo Stato-regime, non tanto regno o impero);
  • più avanti, negli esercizi di analisi logica, si invitavano gli alunni ad analizzare proposizioni come: «I marinai italiani combattono vittoriosamente su tutti i mari» e ancora: «I piloti difendono eroicamente la Patria nei cieli; L’esercito italiano vanta gloriose conquiste e sconfitte dei nemici della Patria».

A questi input facevano riscontro i murales giganti proposti sulle facciate dei palazzi all’ingresso delle città o sugli edifici delle stazioni ferroviarie e degli uffici pubblici con scritte cubitali del tipo: «Vincere, Vincere, Vincere», «L’aratro traccia il solco ma è la spada che lo difende», «Il popolo che abbandona la terra è condannato alla desolazione»! tutti interventi nella scuola e nell’immaginario collettivo per la radicalizzazione della mentalità fascista a cui facevano seguito le divise dei Balilla e delle Figlie della Lupa, l’uniforme degli impiegati statali indossate nel giorno del Sabato fascista.

Con l’autonomia differenziata la chiamata diretta dei docenti, indipendentemente dalle strutture di assetto nazionale e dalle graduatorie rigorose per rispetto dei diritti acquisiti, innesca una parcellizzazione del sistema, la decisione incontrollata dei dirigenti, la clientela, il privilegio, la discontinuità tra nord e sud del Paese e quella tra le periferie e i centri urbani. Denominatore comune di queste formule diventerebbe la segmentazione e la difficoltà dell’utilizzo dei titoli di studio sul territorio nazionale. Nella penuria di docenti disponibili la chiamata diretta si rivolgerebbe ai residenti anche meno titolati, con la conseguente correzione dello slogan: «prima i Regionali!».

Adesso la difesa del diritto comune, la promozione del Paese unitario repubblicano nato dalla Resistenza sulle macerie del ventennio sono nelle mani della coscienza civile e non in quelle dei partiti d’occasione! È urgente che si prenda coscienza di queste temibili trasformazioni e che l’opinione pubblica non accetti supinamente quanto potrebbe trasformare la scuola da strumento di democrazia in supporto dei privilegi particolaristici, mentre si lascerebbe che la secessione verbalmente accantonata ritorni dalla finestra, in contrasto con il cammino dei popoli verso la cooperazione, a favore della etnicizzazione, come regressione sociale in agguato.

Francesco Sofia, Pedagogista, Socio onorario dell’Associazione nazionale dei pedagogisti italiani