Un altro passo avanti verso l’uso dei fotoni

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fluidi quantistici
Giunzione Josepshon che si forma tra due fluidi quantistici di luce creati da due laser coerenti. Due laser risonanti a controllo di fase (blu e rosso) scrivono la fase localmente su due condensati di polaritoni, imprimendo una differenza di fase di π. Le fasi imposte, φ e φ + π, si propagano lungo la superficie dei condensati e creano una barriera di solitone scuro al confine tra le due regioni, che si converte in vortici Josephson stabili (JV, cerchietti bianchi).
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La possibilità di lavorare con fotoni invece che con elettroni presenta innumerevoli vantaggi, primi fra tutti la maggiore efficienza energetica e la più alta velocità di elaborazione (il fotone, essendo più leggero, consuma meno energia per trasportare informazione e viaggia, per definizione, alla velocità della luce)

Ieri abbiamo pubblicato una notizia Cnr in cui si comunicava che ricercatori Cnr-Nanotec hanno dimostrato che è possibile realizzare una giunzione Josephson in superfluidi quantistici di polaritoni. Analogamente a ciò che avviene tra superconduttori separati da un isolante, è stata osservata, per la prima volta in fluidi di luce interagente, una giunzione Josephson artificiale, dovuta alla differenza di fase fra due fluidi quantistici.

Si tratta di una notizia di fisica delle nanotecnologie, un settore in forte evoluzione e che sta offrendo una serie di soluzioni innovative in vari campi. Ma questa, in particolare, che tipo di ricadute può avere?

Lo abbiamo chiesto a Dario Ballarini, ricercatore Cnr-Nanotec e coordinatore del lavoro. A seguire la sua nota.

Le interazioni fra le particelle (atomi, eletttroni, molecole) che formano la materia sono alla base delle correnti elettriche o del colore della luce che sfruttiamo in molte applicazioni. Con l’avvento della fisica quantistica, si è capito che ad ogni particella è in realtà associata un’onda, che ne determina le proprietà anche a larga distanza. L’effetto di questa «onda» diventa evidente quando moltissime particelle, interagendo, si sincronizzano in fase fra loro. Questi stati della materia «coerenti» sono per esempio i condensati di Bose-Einstein, l’elio superfluido o i materiali superconduttori, che vengono chiamati appunto fluidi quantistici.

La sincronizzazione fra particelle è piuttosto delicata, ma quando riesce a formarsi ogni particella si comporta in maniera indistinguibile dalle altre, manifestando comportamenti affascinanti. Scoperti al principio del secolo scorso con l’osservazione di fenomeni inaspettati nell’elio superfluido, i fluidi quantistici consentono oggi misure estremamente precise, come per esempio in dispositivi chiamati Squid (dispositivo superconduttore ad interferenza quantistica).

Una alternativa ai superconduttori e ai condensati Bose-Einstein, che può offrire notevoli vantaggi tecnologici, è data da un nuovo tipo di fluido quantistico formato da particelle che sono metà luce e metà elettroni, chiamati polaritoni. I polaritoni hanno una coerenza di fase più robusta rispetto a fluidi quantistici formati interamente da atomi o elettroni, grazie alla massa molto più leggera del fotone (l’onda associata a particelle leggere si estende più lontano di quella associata a particelle più pesanti). Questi fluidi quantistici di luce potrebbero essere usati in dispositivi analoghi a quelli superconduttori. Ma come funzionano i dispositivi a superconduttore basati sull’interferenza quantistica?

Uno Squid è un anello formato da due superconduttori accoppiati, formando due giunzioni Josephson all’interfaccia fra i due superconduttori, ed è un dispositivo capace di misurare campi magnetici estremamente piccoli (milioni di milioni di volte più piccolo del campo magnetico terrestre). La differenza di fase tra i due superconduttori gioca un ruolo decisivo perché nella configurazione ad anello la fase deve ritornare al valore di partenza dopo un giro completo, «quantizzando» l’energia scambiata fra il campo magnetico e la corrente che attraversano l’anello. I cambi in corrente (in realtà, tradotti in differenze di voltaggio) possono avvenire solo a salti, permettendo la misura del singolo «quantum» di flusso di campo magnetico che attraversa l’anello. La misura è così precisa che il singolo quantum di flusso magnetico misurato in uno Squid viene usato, insieme alla misura della carica elettronica, per calcolare il valore più preciso conosciuto della costante di Planck.

La possibilità di lavorare con fotoni invece che con elettroni presenta innumerevoli vantaggi, primi fra tutti la maggiore efficienza energetica e la più alta velocità di elaborazione (il fotone, essendo più leggero, consuma meno energia per trasportare informazione e viaggia, per definizione, alla velocità della luce).

Un circuito polaritonico ad anello funziona analogamente ad uno Squid. Invece che per misure di campo magnetico, questi interferometri estremamente sensibili alle piccole variazioni di indice di rifrazione sono utili per sensori e rilevatori ottici di precisione. Inoltre, le giunzioni Josephson fra due superfluidi di luce possono essere usate in giroscopi fotonici per correggere velocemente piccole variazioni del momento angolare, cioè della quantità di rotazione. Ma ancora più interessante è la possibilità di usare la luce invece che gli elettroni nei futuri computer quantistici.

Infatti, la coerenza di fase entra in gioco nuovamente quando consideriamo la formazione di vortici in un fluido quantistico: in questo caso l’anello viene formato dal fluido ruotando come un mulinello quantizzato, cioè con una velocità che può assumere solo multipli di un valore fondamentale. Questi vortici quantizzati possono «registrare» uno stato quantistico sotto forma di momento angolare, ovvero di quanti di rotazione, ed essere usati per immagazzinare ed estrarre informazione, come succede nelle memorie necessarie nei computer quantistici.

 

Ignazio Lippolis