Tutti i nodi sono chiari. La strada che si vuole intraprendere è quella di copiare la natura con l’economia circolare, ma già c’è un affollamento di «specialisti» che sgomita per entrare e dividere l’ultima torta. E la partita è tutta all’interno della gestione produttiva. Pubblicato l’ultimo numero del Trimestrale «Villaggio Globale» che offre un panorama di idee e di problematiche
Tutti i nodi stanno venendo al pettine, dai ritardi mondiali nel prendere la strada della decarbonizzazione alle accuse dei negazionisti, dai veri e falsi ambientalismi al giornalismo d’accatto, incompetente e inconcludente che fino ad ora ha lucrato sull’allarmismo.
Le scadenze per il genere umano sono arrivate e l’ultimo tentativo della grande economia è di accusare i giovani, che stanno pensando preoccupati al loro futuro, di strumentalizzazioni e incompetenze.
L’ultima strada che si vuole intraprendere è quella di copiare la natura con l’economia circolare, ma già c’è un affollamento di «specialisti» che sgomita per entrare e dividere l’ultima torta.
E la partita è tutta all’interno della gestione produttiva.
Mancano i binari per percorrere il cambiamento di stili di vita, di produzione responsabile, di innovazione in agricoltura, di gestione della chimica invasiva e inquinante, della sanità e della gestione del benessere… insomma manca tutto.
E tutto è affidato ad iniziative isolate che non coprono le esigenze degli abitanti del pianeta e la sua gestione.
Questo numero 88 di «Villaggio Globale» appena messo on line, è dedicato a queste tematiche. Proponiamo, come sempre, l’Editoriale del Direttore, Ignazio Lippolis.
L’uomo ha sempre copiato dalla natura modi di comportamento e idee per sopravvivere, ha usato i vegetali e gli animali per nutrirsi e in cambio ha restituito violenza, crudeltà, sfruttamento, occupazione del territorio ed ha contribuito all’estinzione di molte specie. L’attuale tasso di estinzione è infatti superiore di mille volte rispetto a quello fisiologico del pianeta.
La situazione critica in cui si trova la società attuale è il risultato di una lunga sequela di disequilibri. Se siamo ancora in una condizione di vivibilità è perché vi sono forze contrapposte che ostacolano gli stili di vita dannosi e alla base c’è un cammino culturale incompiuto.
La causa della disarmonia è solo una questione culturale.
L’ultimo tentativo messo in atto dai decisori per tentare di riequilibrare il nostro stare nella biosfera si chiama «economia circolare». Si tratta di rimodulare produzione, riciclo, consumi, nuovi materiali… praticamente una battaglia casa per casa come dimostra la levata di scudi per una modesta microtassa sulla plastica che, sbagliata finché si vuole, è un segnale.
Quindi l’economia circolare è un tentativo, solo un tentativo, perché i tempi con cui si vuole realizzare questo salto qualitativo sono incompatibili con la gravità della situazione.
Esempi se ne possono fare tanti ma uno emerge in tutta la sua chiarezza e drammaticità: è stato interrotto il filo fra scienza e decisori perché c’è una interferenza da parte dell’economia che ha conquistato sempre maggiore potere fino a far saltare ogni controllo da parte dei decisori e della società.
L’economia attuale non è un elemento umano, non è un elemento che punta al bene collettivo, non è un bene. È un sistema autoreferenziale che pensa solo alla crescita di sé passando sopra tutto e tutti. È responsabile di un treno chiamato crescita spinto alla massima velocità che è diventato quasi impossibile controllare.
Quindi solo un tentativo perché l’esperienza non aiuta. Basti pensare alle date: da quanto tempo esistono studi su cambiamenti climatici, deplezione dello strato di ozono stratosferico, inquinanti chimici, amianto, anticrittogamici, qualità dell’aria, ecc.?
Per ognuna di queste emergenze l’economia ha trovato sempre modo di interferire e prolungare gli avvelenamenti, le crisi, la morte.
Un esempio è l’ex Ilva: si sono concesse ai vecchi proprietari una serie di «agevolazioni» che hanno creato situazioni anormali e ora risulta difficile recuperare subito e intanto il mercato dell’acciaio ha cambiato continente. Mentre noi difendiamo l’acciaieria più inquinante del mondo intrappolati in una penosa faida partitica che vuol fare pagare all’ultimo i danni dei governi precedenti che hanno fatto ben 12 decreti salva Ilva…
E l’economia, dopo aver fatto danni, si è introfulata anche nei risanamenti… perché è stata chiamata economia circolare e non semplicemente circolarità produttiva?
Qual è lo scopo? Un esempio semplice: si è scoperto che la plastica sta distruggendo la catena alimentare, gli equilibri della biodiversità? Bisogna toglierla di mezzo. Perché inventare un altro tipo di plastica? È stato un errore punto. Torniamo alla carta, al vetro, ai vuoti a rendere… interveniamo, in definitiva, sul packaging.
Ancora un altro esempio: l’inquinamento atmosferico sta minando la nostra salute, i morti si contano a migliaia nel mondo… perché si continua con le vecchie fonti di energia?
È per questo che una cultura sulla estinzione si è costruita e diffusa sempre di più indicando nell’antropizzazione spinta che ha generato l’antropocene la causa principale di tutti i nostri mali.
Quindi la politica ha fallito, perché prigioniera di una cultura economica egoistica e irrispettosa dell’essere umano. Quindi? È da qui che dobbiamo ripartire.
Bisogna avere il coraggio di mettere mano ad un nuovo modello di sviluppo, non si può trattare né fare prigionieri. L’epoca del passaggio dal potere assoluto dei sovrani a quello statutario, democratico e parlamentare non è stato indolore. Prepariamoci al peggio perché non si è mai visto che chi detiene il potere lo lasci spontaneamente.
La storia futura spiegherà i retroscena di tante guerre ed ingiustizie che stiamo vivendo. Ora a noi spetta una scelta di campo e non si può più stare a guardare.