Facendo «lavorare» un gene il fiore è più petaloso

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Nel Dna, qui rappresentato dalla sequenza delle quattro basi azotate A, T, G e C, è stata individuata una sequenza chiave (in rosso) che se mutata porta alla moltiplicazione dei petali in petunia, rosa, e garofano. Immagine: Stefano Gattolin.
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Uno studio dell’Università Statale di Milano, dell’Istituto di biologia e biotecnologia agraria del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibba) e del Parco tecnologico padano di Lodi (PTP Science Park), pubblicato su «Journal of Experimental Botany», individua in analoghe mutazioni di geni regolatori la causa della moltiplicazione dei petali in alcune popolari varietà di fiori

A San Valentino i fiori tornano ad essere protagonisti, con generosissime esplosioni di colori. Siamo ormai abituati ai molti petali di rose, garofani e alcune petunie, ma una ricerca appena pubblicata sul «Journal of Experimental Botany», ha rivelato che la loro «petalosità» è dovuta a mutazioni genetiche naturali molto simili tra loro. La scoperta tutta italiana è frutto di una collaborazione tra l’Università Statale di Milano, dove è stata coordinata da Laura Rossini, docente di Genetica agraria al dipartimento di Scienze agrarie e ambientali, l’Istituto di biologia e biotecnologia agraria del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibba), con il primo autore Stefano Gattolin, ricercatore del Cnr-Ibba ed il Parco tecnologico padano di Lodi (PTP Science Park).

Oltre che in laboratorio, parte delle analisi sono state effettuate anche al computer, grazie a database online contenenti l’intera sequenza genomica del Dna di diverse piante. Per quanto riguarda il garofano, ad esempio, in rete è disponibile l’informazione genetica della celebre varietà «Francesco», creata nella seconda metà del secolo scorso dal rinomato ibridatore italiano Giacomo Nobbio.

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Lo studio ha interessato molte varietà di petunia, rosa, e garofano a fiore singolo e a fiore doppio. Immagine: Stefano Gattolin.

I ricercatori hanno dimostrato che particolari mutazioni in un gene chiave dello sviluppo del fiore ne alterano la regolazione, così da farlo «lavorare» più a lungo e portare appunto alla formazione di un’abbondanza di petali rispetto ai cinque che sarebbero la normalità nel garofano e in altre specie. Quest’informazione è di grande interesse per il florovivaismo, che conta su un giro d’affari multimiliardario a livello mondiale ed è sempre alla ricerca di nuovi prodotti da immettere sul mercato. I «fiori doppi», con aumentato numero di petali, sono infatti spesso preferiti dai consumatori e aumentano il valore commerciale di molte varietà.

Durante precedenti studi gli autori avevano già individuato la mutazione responsabile di questo carattere nel pesco e in alcune rose: «È stato davvero sorprendente analizzare uno ad uno i geni che ritenevamo coinvolti e ritrovare via via mutazioni analoghe nella rosa Rugosa, nei garofani e nelle popolari petunie “doppie”, tanto che abbiamo voluto coniare il nome “Petalosa” per la famiglia genica da noi caratterizzata — commenta Gattolin —. Il trasferimento di questa informazione a specie diverse non era affatto scontato, si pensi che le piante oggetto di questo studio sono talmente diverse che un loro antenato comune risale al Cretaceo, quando ancora il mondo era dominato dai dinosauri», spiega Rossini.

L’uomo, guidato dal suo ideale di senso estetico, ha selezionato nei secoli le mutazioni naturali avvenute nei geni Petalosa e ha favorito così la diffusione di varietà con fioriture spettacolari. Questa conoscenza può ora essere applicata allo sviluppo di nuove varietà a «fiore doppio» in altre piante, anche attraverso le nuove tecniche di genome editing, che consentono di modificare in maniera mirata specifiche sequenze geniche.

 

(Fonte Cnr)