Troppi veleni nella convivenza sociale

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scritta a mondovì torino
Scritta comparsa a Mondovì (Torino) sulla porta d'ingresso di una donna che era stata deportata dai nazisti
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La deriva è piaga nella democrazia. Curare la pacifica convivenza è a tutela della pace sociale. Il dilagare dell’invettiva è figlia propria di linguaggi, atteggiamenti e allusioni che le vie del web e i murales moltiplicano a iosa

Web e mani libere sui muri oggi gareggiano nell’esprimere contrapposizioni.

Calpestare! Quando l’invito però colpisce la firma occulta!

Appare dilagante che i destinatari dei messaggi non siano tanto le appartenenze ideologiche, come quando in passato esercitava questa funzione il manifesto politico nelle competizioni elettorali. Nell’ultimo dopoguerra in Italia la produzione di manifesti conobbe grande creatività con immagini e slogan ad effetto, sintesi simboliche dettate non solo dalla propaganda dei partiti ma soprattutto dall’ironia e dal sarcasmo utilizzati in funzione denigratoria dell’avversario.

Da ultimo in questi giorni prolifera la produzione simbolica che è sfacciatamente anonima ma rivela la sua derivazione: schieramenti riconducibili a matrici sovversive osannanti il genocidio.

Ogni fenomeno che abbia ripercussioni destabilizzanti merita un esame sociologico mentre impegna le istituzioni nella ricerca degli ispiratori e degli esecutori materiali dell’eventuale reato.

Nella disamina il primo interrogativo che ci si pone è perché ciò si verifichi. Per giungere ad una risposta partiamo da questa pregiudiziale: se l’ambito di riferimento fosse un’idea, un’interpretazione, un ideale allora la discussione avrebbe i limiti dell’opinabile e come tale susciterebbe al massimo un interrogativo, rilancerebbe una problematica, solleciterebbe un approfondimento ma non solleverebbe trascinamento, varrebbe meno di un cartello pubblicitario che, per sua natura, cattura attenzione per indurre all’acquisto-prova.

Se, invece, il messaggio si ricollega a un evento allora due sono le cose: il fatto o è vero oppure è falso, un gioco semplice.

Nelle attuali ripetute circostanze di denigrazione antiebraica i riferimenti hanno connessioni storiche certe; esistono prove, testimoni e testimonianze, reperti, sorgono ancora luoghi e strutture, filmati e soprattutto ci sono stati reo-confessi e sentenze giudiziarie, compresa l’ammissione dei fatti da parte di quanti, tratti in giudizio, affermarono: «ho agito ubbidendo agli ordini!» tentando di tramutare il reato in virtù militare, come fu nel caso emblematico di Adolf Eichmann e prima ancora nel tribunale di Norimberga.

Dunque abbiamo prove di reato, riconosciuto e giudicato. Le svastiche, le allusioni allo sterminio, le ingiurie antisemitiche sono vilipendio e «apologia di reato» e reato esse stesse.

Siamo di fronte al linguaggio non solo offensivo ma lesivo e quindi portatore e divulgatore di infamia: moltiplicato in quanto indirizzato, anche ad una sola persona, si estende e si proietta sul vissuto sociale; assume la connotazione di linguaggio senza reticenze, senza opposizione, nell’aggravante di anonima violenza.

Due sono le cose: o si inneggia al reato o si sconfessa il reato. Nel primo caso si incorre in ulteriore reato; nel secondo caso si conclama l’ignoranza.

Sembra che lo studio scolastico, fin dalle nozioni della scuola primaria, non sia stato effettuato o non sia stato efficace. Ma i fatti non ammettono ignoranza, specie quando li adoperi per inveire e denigrare, per offendere e ledere la libera convivenza civile.

Coloro che sono deputati alla difesa civile non possono marcare visita. Se poi i declamatori sono assegnati a ruoli civici e educativi non possono adempiere tali servizi: dimissione e licenziamento, oltre che dovute ammende, devono essere la paga per tanto abietto impegno esibito!

La deriva è piaga nella democrazia. Curare la pacifica convivenza è a tutela della pace sociale. Il dilagare dell’invettiva è figlia propria di linguaggi, atteggiamenti e allusioni che le vie del web e i murales moltiplicano a iosa.

Mass media, dibattiti televisivi e propaganda partitica spesso costituiscono il muro di gomma da cui rimbalzano sollecitazioni che menti deboli o sovversive alimentano per avvelenare l’acqua. Almeno il Parlamento resti fuori da questo inquinamento! E, nei due rami di esso, spesso si oppongono non visioni alternative della società, non progetti anch’essi alternativi per la soluzione dei problemi sociali, non ideali e valori da cui derivare gli stessi progetti di legge, non proposte alternative di economia politica e di politica economica attraverso cui si esprimano pensieri e riflessioni animate dalla necessità del bene comune: da tempo (più decenni) sovente trova espressione non la cultura politica ma lo schieramento nemico, fomentato dalla denigrazione dell’avversario affidata a tutte le armi del linguaggio screditante anche quando al dibattito assistono scolaresche in visita, dalla tribuna, o i telespettatori indignati.

Ben venga allora chi riempie le piazze per invocare la partecipazione attiva e la ripulitura dei linguaggi. Che ciò duri! E che il mare dell’opinione pubblica faccia sua la rotta tracciata.

 

Francesco Sofia, Pedagogista, Socio onorario dell’Associazione nazionale dei pedagogisti italiani