Il Pianeta è stufo di noi

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Covid-19, per la Terra è questione di Karma

L’economia, così come la nostra popolazione, non può continuare a crescere indefinitamente in modo sostenibile ed etico. Il mito dello sviluppo sostenibile, raggirato dalla green economy e dai marchi di certificazione ambientale, non può persistere in un pianeta minacciato da una sola specie, che ha creato le condizioni per la propria estinzione. Possiamo solo de-crescere in modo sostenibile, lasciando uno spazio aperto solo alla crescita qualitativa

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Una cornacchia gracchiante mi ha svegliato questa mattina. Erano circa le sei e la luce dell’alba iniziava a far capolino sul giardino del cortile. Mentre emergevo dai sogni notturni il primo pensiero della giornata è stato: non potrò uscire di casa. Non potrò andare a lavoro, prendere la bici, incontrare la gente per strada, andare in libreria. Eppure la cornacchia era del tutto indifferente a tutto questo e sembrava fosse piuttosto di buon umore. Volava e gracchiava da un ramo all’altro, raggiungeva i suoi simili, si lanciava in picchiata oltre i balconi del palazzo e tornava con i semi nel becco a posarsi sull’abete di fronte alla mia finestra. Era libera. Forse per la prima volta nella storia dell’umanità siamo noi la specie in gabbia. Dopo aver torturato, imprigionato, ucciso, tagliato, distrutto, umiliato e sterminato animali, piante e ogni altro essere vivente (batteri inclusi) che non fossero di nostro gradimento, siamo diventati noi i prigionieri della Natura.

C’era, infatti, qualcosa che ben conoscevo nello sguardo di quella cornacchia che mi osservava stamani mentre la invidiavo dietro il vetro della mia finestra. Non ho capito subito di cosa si trattasse, ma poi un illuminazione: è quello stesso sguardo che noi uomini rivolgiamo ai pesci in un acquario, alle scimmie in una recinzione, ai leoni allo zoo. Uno sguardo d’ammirazione frammista al compatimento. «E già — sembrava dirmi quella cornacchia attraverso i suoi occhi — per secoli ci avete privato della libertà, ci avete impedito di vivere la vita come avremmo voluto, di esistere in un ambiente sano e non degradato e ora tocca a voi sperimentare la privazione che tutte le altre specie hanno, loro malgrado, iniziato a conoscere dall’avvento della vostra specie».

Il karma

Certo, sono un biologo e comprendo che i pensieri di quella cornacchia, nera come un oscuro messaggero, potessero essere molto mento astratti e complessi di quelli che antropomorfizzavo in lei. Ma mi ha fatto bene trasmetterli in quello sguardo e riflettere su ciò che penso da tempo. Seguendo la filosofia buddhista potremmo essere arrivati al momento in cui il karma della nostra specie stia emergendo, confondendo la vita che sino ad ora conoscevamo. Karma è una parola che deriva dal Sanscrito e si riferisce a quel principio di causa ed effetto che prevede una conseguenza per ogni azione svolta durante la nostra esistenza.

Secondo il buddhismo, questo principio è intimamente connesso al Samsara, ossia al senso più profondo del ciclo della vita, e all’Ahimsā, che si fonda sulla premessa che tutti gli esseri viventi sono parte di un tutt’uno e ferire un altro essere equivale a ferire se stessi. I principi del karma vennero sviluppati a partire dai testi sacri del Brahmanesimo e sono poi diventati i pilastri di moltissime religioni orientali. Proprio il Buddismo fornisce una illuminante definizione di karma: «Se vuoi capire le cause del passato, guarda i risultati che si manifestano nel presente. E se vuoi capire quali risultati si manifesteranno nel futuro, guarda le cause poste nel presente».

Era la vigilia di Capodanno quando le autorità cinesi informarono l’Oms che a Wuhan si stavano manifestando diversi casi di una polmonite insolita. Il Covid-19 (un Coronavirus che infetta le vie respiratorie) era ancora sconosciuto alla fine dello scorso anno ma, dopo tre mesi, la sua propagazione nel mondo ha già infettato circa 200.000 persone e ne ha uccise (direttamente o indirettamente) oltre 8.000, finora. Il panico legato alla diffusione pandemica del virus ha bloccato intere regioni (in Cina, Iran, Stati Uniti, ecc.) e persino interi paesi (come Italia, Spagna, Austria, ecc.). Sebbene questo non sia il peggior assassino microscopico che l’umanità abbia mai conosciuto (ad esempio, si pensi alle vittime dovute alla Peste e all’Hiv), questo Coronavirus sta già cambiando il nostro stato d’animo e sta influenzando il nostro stile di vita, su scala globale.

pechino pesci essiccare
Pesci appesi a essiccare alla finestra di un dormitorio studentesco di Pechino – Photo credits: Roberto Cazzolla Gatti

La rivolta di Gaia

Ma la sua virulenza in espansione non dovrebbe essere il problema più preoccupante legato a questo patogeno. Il Covid-19 è evidentemente un sintomo di quanto stanca di noi sia Gaia, il nostro pianeta. Non c’è bisogno d’invocare in questo momento l’esistenza di controversi super-organismi (si vedano i saggi di Edward O. Wilson), né di discutere in merito a vendette teleologiche del nostro pianeta (a tal proposito farebbe bene, in questo periodo, la lettura del libro «La rivolta di Gaia» di James Lovelock). Ciò che, più che altro, temo è che gli impatti sistematici e a lungo termine che stiamo avendo sulla nostra Terra stanno mettendo a repentaglio, e continueranno a farlo, il nostro stile di vita moderno, proprio come le prolungate cattive abitudini compromettono la salute di un corpo.

La nostra massiccia emissione, in soli tre secoli, di carbonio immagazzinato nel suolo nel corso di milioni di anni, il nostro profondo degrado degli ecosistemi forestali e marini che ha minacciato la loro integrità e resilienza, la nostra crescente urbanizzazione e l’inquinamento ad essa associato che contaminano anche le aree più remote di questo pianeta come i poli, e la nostra immensa pressione sulle altre specie che sta portando la biodiversità del mondo verso la sesta estinzione di massa, non può far altro che danneggiare il sistema globale e innescare feedback pericolosi (ovvero, reazioni di regolazione negativa) sulla nostra specie.

La mobilità umana

In poche parole, siamo, viaggiamo e consumiamo troppo sul nostro pianeta. Queste sono le condizioni in cui, nei sistemi ecologici, la crescita di una popolazione viene limitata dalla capacità di carico ambientale e minacciata da malattie infettive, che si diffondono più facilmente e rapidamente nelle aree sovrappopolate.

Non è una coincidenza che la probabile origine di questo Coronavirus sia nelle relazioni uomo-animale avvenute in Cina. Anche se non è ancora chiaro quale interazione abbia avuto un ruolo nell’emergere di questo virus, se quella con i frutti di mare, i pipistrelli, i pangolini o la carne di animali selvatici, molti scienziati concordano sul fatto che il Covid-19 sia passato dagli animali agli esseri umani. Come per molte altre malattie infettive (ad esempio l’Hiv, che pare sia stato trasmesso dal consumo di carne di scimpanzé; la malaria e la febbre dengue, che vengono facilitate nella diffusione dalla deforestazione e dai cambiamenti climatici; la meningite, che può diffondersi dopo una siccità prolungata; ecc.), lo sfruttamento eccessivo degli habitat e l’enorme impatto che abbiamo sulla fauna selvatica facilita la comparsa improvvisa di nuove malattie pericolose. La capacità dei virus di aderire alle particelle sospese nell’aria e, così, d’infilarsi in profondità nei polmoni sino a raggiungere i bronchioli, rende le aree molto inquinate da polveri sottili (PM10, PM5 e PM2,5) della Terra ricettacolo per la propagazione di questi killer invisibili. Ancora ci chiediamo perché il virus, di tutta l’Asia, stia causando il maggior numero di vittime proprio nell’inquinatissima Cina e, di tutta Europa, proprio nell’inquinatissima Pianura Padana, tra Milano e Torino?

Tutti questi fattori, associati alla crescita inarrestabile della popolazione umana e alla rapida dispersione dei suoi individui, creano le condizioni perfette per le pandemie. Come ho detto: il pianeta è stufo di noi e ci fa ammalare; è un feedback negativo naturale. Come al solito, cerchiamo di curare i sintomi una volta che compaiono mentre abbiamo avuto il tempo, ma l’abbiamo sprecato, per una prevenzione più efficiente. Temo che possiamo mettere in campo tutti i nostri sforzi per fermare il Covid-19 nei prossimi mesi ma, se non cambieremo immediatamente le nostre politiche nazionali e gli stili di vita personali, altre spiacevoli sorprese ci aspetteranno dietro la porta che separa Gaia dall’umanità.

Le nostre responsabilità

La nostra responsabilità è chiara. Nelle ultime settimane, da quando il virus ha iniziato a diffondersi, la Cina ha ridotto le emissioni di gas serra (Ghg) del 25%, con una diminuzione di oltre 200 milioni di tonnellate di anidride carbonica rispetto ai livelli del 2019. Il biossido di azoto (NO2) e l’inquinamento atmosferico da polveri sottili (PM), onnipresente nelle grandi città cinesi in cui il traffico veicolare e l’industria sono davvero pesanti, si sono ridotti di circa il 40%. Una situazione simile a ciò che, non a caso, avviene in Pianura Padana, in Italia, dove le immagini satellitari della regione europea dal più elevato inquinamento atmosferico mostrano, da satellite, una drastica riduzione dei contaminanti negli ultimi giorni di chiusura totale della zona. Molte compagnie aeree hanno recentemente annunciato l’intenzione di tagliare i voli di oltre il 30% a livello globale per i prossimi due mesi. Il traffico nei cieli di tutto il mondo è, infatti, notevolmente diminuito e, poiché esso rappresenta circa il 3-5% delle emissioni totali di gas a effetto serra, queste limitazioni potrebbero avere un impatto notevole sull’atmosfera.

Allo stesso modo, le previsioni per la domanda di petrolio nel 2020 sono state abbassate dalle agenzie energetiche perché il Coronavirus costringe le persone a rimanere a casa, a lasciare le macchine nei garage, a ridurre gli acquisti e a risparmiare energia e risorse.

In questo scenario di diffusione globale del Covid-19, le previsioni indicano che la crescita economica sarà dimezzata nel 2020. Nonostante questa sia una brutta notizia per gli affari mondiali, in realtà potrebbe essere una panacea per Gaia. Potrebbe anche essere vero, come hanno recentemente suggerito alcuni economisti, che una riduzione dei viaggi, dei consumi e della domanda di energia limiterà il denaro in circolazione e la volontà politica di azione per affrontare i cambiamenti climatici.

Quindi, è probabile che le emissioni di carbonio aumentino di nuovo non appena l’economia riavvierà la sua folle crescita. Le proiezioni, tuttavia, non tengono conto di una lezione di vita che stiamo imparando tutti in questi giorni: non possiamo smettere di viaggiare, riprodurci, consumare. Ma dobbiamo farlo in modo sostenibile ed etico. L’economia, così come la nostra popolazione, non può continuare a crescere indefinitamente in modo sostenibile ed etico. Il mito dello sviluppo sostenibile, raggirato dalla green economy e dai marchi di certificazione ambientale, non può persistere in un pianeta minacciato da una sola specie, che ha creato le condizioni per la propria estinzione. Possiamo solo de-crescere in modo sostenibile, lasciando uno spazio aperto solo alla crescita qualitativa.

La decrescita sostenibile e la crescita qualitativa possono ancora sembrare idee fantasiose e utopiche, ma sono ciò che molte persone stanno vivendo in queste settimane di sobrietà obbligatoria. L’umanità può riscoprire il piacere di una vita più lenta, passare più tempo a casa con la famiglia, ridurre inutili viaggi verso gli uffici quando il telelavoro può essere una soluzione vantaggiosa per tutti, dando più valore al tempo e più tempo ai valori.

La nostra specie potrebbe addirittura capire che, in realtà, non è necessario acquistare e accumulare oggetti a basso costo, inquinanti e inutili, prodotti dall’altra parte del mondo, che non sono essenziali in un pianeta a rischio di pandemia, e che generi alimentari e produzioni locali sono gli unici giubbotti di salvataggio in un mondo globalizzato, che si appresta a un atterraggio di emergenza verso le sue origini localizzate.

In un momento di moderazione, possiamo renderci conto che la maggior parte dei nostri bisogni e abitudini, che ritenevamo inevitabili sino ad oggi, erano bazzecole. Una frivolezza per noi che moltiplicata per miliardi di esseri umani rappresenta un grave rischio per Gaia. Pensate alla pesca: abbiamo davvero bisogno di sfruttare eccessivamente gli stock negli oceani dall’altra parte del pianeta per assaporare il sushi in un ristorante all-you-can-eat in tutto il mondo? Pensate all’olio di palma: abbiamo davvero bisogno di violentare le foreste del Sud-est asiatico e la loro insostituibile biodiversità per riempire le nostre auto e il nostro cibo spazzatura con un grasso liquido tropicale? Oggi queste risposte sono alla nostra portata: non lo abbiamo! Possiamo vivere senza questi inutili «privilegi» e ciò non costituirà un enorme limite nella nostra vita, ma certamente rappresenterà un enorme sollievo per la nostra Terra.

Da nessuna parte è scritto che la crescita economica dovrebbe ricominciare com’era. Stiamo ricevendo messaggi di avvertimento da Gaia, alcuni dei più forti e chiari di tutta la nostra storia evolutiva. Se li ignoriamo, possiamo incolpare solo noi stessi. Non certo la cornacchia e tutti gli altri esseri viventi che ci osserveranno rinchiusi in quelle gabbie di karma che la nostra specie si è costruita da sola.

 

Roberto Cazzolla Gatti, Ph.D., Biologo ambientale ed evolutivo, Professore associato, Biological Institute, Tomsk State University, Russia, Research Fellow, Konrad Lorenz Institute for Evolution and Cognition Research, Austria

Questo articolo è un riadattamento, tradotto dall’originale in inglese, pubblicato in peer-review. Tutti i diritti riservati®