Ecco perché Covid-19 non è stato creato in laboratorio

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Coronavirus: la rivincita del Pangolino

Come usare la scienza per comprendere la realtà e difendersi dal complottismo. In un epoca in cui siamo capaci di inventare qualunque assurda teoria del complotto pur di offendere, umiliare e discriminare una popolazione, dovremmo comprendere che rispettare diversità, cultura e tradizioni di un popolo è ben diverso dal tollerare gli abusi e le violenze nei confronti di altri esseri viventi. Soprusi che poi si ritorcono contro di noi

Il Covid-2019 è davvero sfuggito a un laboratorio di Wuhan o è frutto del sistematico abuso della Natura da parte dell’uomo? Nei giorni scorsi si è diffusa la notizia che l’attuale Coronavirus, che ha bloccato buona parte degli esseri umani nel mondo e ha già infettato circa 500mila persone, uccidendone quasi 20mila, fosse frutto di una creazione in laboratorio sfuggita al controllo.

covid 1La preoccupazione derivava da alcuni vecchi servizi di notiziari scientifici che nel 2015 parlavano di sperimentazioni effettuate in Cina su un Coronavirus ricombinante derivato dalla Sars. Purtroppo, sappiamo che le fake news trovano terreno fertile sui social e che, soprattutto in periodi di pandemia, i complottismi e le paranoie coinvolgono anche i meno suscettibili.

Stavolta, però, la notizia veniva diffusa da fonti autorevoli, in tempi non sospetti destando, però, molti sospetti. Per questo ho voluto indagare personalmente, per curiosità e «deformazione professionale», e capire meglio quanto di vero ci fosse.

Lo studio originale

Innanzitutto ho cercato di recuperare lo studio originale menzionato nel servizio del 2015, in cui si parlava di una ricombinazione tra il virus della Sars sperimentato sui topi e le proteine S (spicole o spike, in inglese; quelle che permettono l’aggancio alle cellule) del pipistrello Rhinolophus leschenaulti, ceppo virale noto come Shc014.

Così sono andato a cercare gli studi in letteratura che riguardavano le sperimentazioni sul Coronavirus ricombinante Shc014 ed è venuta fuori proprio la ricerca del 2015 pubblicata su «Nature Medicine» (Menachery et al. (2015). A Sars-like cluster of circulating bat coronaviruses shows potential for human emergence. Nature medicine, 21(12), 1508) che riguarda gli esperimenti diffusi dai servizi giornalistici cinque anni fa.

Ancor prima di leggere l’articolo per intero, mi ha colpito la curiosa coincidenza che uno dei due autori dai cognomi apparentemente cinesi avesse proprio come affiliazione il Key Laboratory of Special Pathogens and Biosafety del Wuhan Institute of Virology in Cina. Ed è proprio in quei laboratori che, come riporta l’articolo, sono stati effettuati gli «esperimenti di pseudotipizzazione simili a quelli che utilizzavano uno pseudovirus a base di Hiv».

In effetti, quante probabilità ci sono che un virus sconosciuto si diffonda in tutto il mondo e che il focolaio di partenza sia proprio una città in cui è presente il laboratorio dove cinque anni prima sono stati sviluppati Coronavirus simili e letali come quello in giro per il pianeta (preparati, tanto più, sul modello del virus che causa l’Aids)? Be’, in effetti, ci sarebbero più probabilità di vincere la lotteria giocando una sola volta nella vita. Di materiale per pensar male ce n’era a bizzeffe.

Così, dentro di me, cominciava a sostanziarsi la convinzione che, almeno stavolta, la fake news non era proprio così fake e che i complottisti non erano proprio così complottisti. Se mi fossi fermato al video che circolava su internet o alla lettura di titolo, autori e loro affiliazioni dello studio in questione non avrei avuto dubbi che ciò che sta costringendo mezza umanità alla quarantena sia il frutto di una manipolazione genetica creata ad hoc in laboratorio per attaccare l’uomo. Ma la scienza e la ricerca scientifica non possono fermarsi alla superficie delle cose, devono andare in profondità sino a quando le ipotesi non vengono confermate dai fatti.

Così ho letto la ricerca del 2015 per intero e cercato tra i materiali supplementari se vi fosse qualche elemento utile per comprendere meglio quello che sembrava essere un vero e proprio complotto architettato a tavolino contro la salute della nostra specie.

In effetti, tra gli allegati all’articolo ho trovato la sequenza di amminoacidi delle proteine S (delle spicole) utili all’aggancio dei Coronavirus ai recettori delle cellule, frutto dell’ingegneria genetica tra una specie di pipistrello e il ceppo murino del virus Sars. Questa sequenza di amminoacidi (i componenti di base delle proteine che vengono tradotti dall’Rna virale), sono di estrema importanza per la trasmissione verso l’uomo perché, quando evolvono e combaciano con il recettore dell’enzima di conversione dell’angiotensina umana di tipo II (più semplicemente Ace2), possono fare il salto di specie.

Il timore di molti era che questo Coronavirus modificato in laboratorio fosse stato accidentalmente o volontariamente diffuso dai laboratori di Wuhan e avesse iniziato a contagiare prima la popolazione locale e poi il mondo intero.

Dopo aver esaminato la sequenza amminoacidica del Coronavirus ricombinato, ho cercato di capire quanto ci fosse di vero anche nella smentita ufficiale, pubblicata da alcuni ricercatori, in una recente lettera sulla stessa rivista («Nature Medicine»: Andersen et al. (2020). The proximal origin of Sars-CoV-2. «Nature Medicine») e ripresa dai media come la prova che l’attuale Coronavirus sia di origini naturali e non creato in laboratorio.

È ben noto, però, che le lettere pubblicate sulle riviste scientifiche non passano per il processo di revisione tra pari (peer-review) e sono, solitamente, pubblicate secondo il gusto degli editori. Quindi i sospetti avrebbero potuto continuare ad esistere nonostante l’introduzione della lettera recitasse: «La nostra analisi mostra chiaramente che il Sars-CoV-2 non è un artefatto di laboratorio o un virus manipolato di proposito».

Seppur interessante, l’analisi comparativa proposta da questi ricercatori non menziona in nessun passaggio (né cita, se non indicando in maniera generica la sequenza ingegnerizzata con la definizione «Bat – Sars-Cov-related») la ricerca riguardante il Coronavirus creato a Wuhan nel 2015. Inoltre, gli autori verso la conclusione dello studio ammettono che «è impossibile confutare del tutto le altre teorie, ma non crediamo sia plausibile qualunque ipotesi di manipolazione in laboratorio».

Così ho voluto vederci più chiaro perché, pensavo, «se anche noi desistiamo dal cercare la verità pur essendo del campo, come può l’opinione pubblica farsi un idea corretta della realtà sulla base delle informazioni che legge sui giornali (anche scientifici); a chi devono credere?». Mi trovavo in quella condizione che i filosofi greci definivano «aporia»: insolubilità di un problema qualora si parta da determinate premesse. Pertanto, mi sembrava necessario cambiare le premesse. Seppur apparentemente improbabile (visto dove è stato creato il virus ricombinante e dove si è diffuso per primo), cosa confermerebbe l’ipotesi di un’origine naturale e confuterebbe la teoria del complotto?

Ho cercato gli studi scientifici che riportavano le sequenze amminoacidiche del Covid-19 prelevato dai primi pazienti ricoverati negli ospedali di Wuhan (Zhou et al. (2020). A pneumonia outbreak associated with a new coronavirus of probable bat origin. «Nature», 579(7798):270-273) e ho provato a confrontarli con le sequenze (dello stesso Covid-19, della Sars del 2002, dei Coronavirus di topi, pipistrelli e pangolino) riportate nella lettera pubblicata di recente su «Nature» e con la sequenza Shc014 creata in laboratorio nel 2015. C’è voluto un po’ per far combaciare le differenti posizioni degli amminoacidi utilizzate nei tre studi e creare una tabella comparativa, ma il risultato è stato, per me, illuminante (si veda la tabella sotto):

covid 2Evidenze scientifiche e mercati

Ciò che emerge è che la corrispondenza degli amminoacidi (identificati dalle lettere maiuscole nei riquadri colorati della tabella per facilitare la comparazione) presenti nei siti chiave per l’aggancio delle spicole virali (le spikes S1) ai siti recettori delle cellule umane (Ace2; i numeri nella prima riga nella tabella corrispondono alla posizione dei siti chiave della proteina S1) tra l’attuale Covid-19 e il Coronavirus geneticamente modificato nel 2015 (Shc014) è piuttosto bassa. Ci sono molti amminoacidi diversi tra le due sequenze, così come tra queste e i ceppi del virus della Sars diffusosi nel 2002 e di quello murino utilizzato come base per il Coronavirus ingegnerizzato nel 2015.

L’ipotesi che il Covid-19 sia stato creato in, e poi sfuggito da, un laboratorio a Wuhan può, dunque, essere screditata sulla base delle più recenti evidenze scientifiche.

covid 3Ciò che emerge, invece, è una realtà altrettanto (o, forse, ancor più) inquietante: il Coronavirus che è diventato pandemico negli ultimi mesi assomiglia, invece, moltissimo ai Coronavirus che infettano i pipistrelli rinolofidi Rhinolophus affinis e Rhinolophus sinicus (le sequenze Bat-Rs e Bat-Ra in tabella, rispettivamente) ed è quasi del tutto identico a quello del pangolino malese Manis javanica.

Ecco quindi che una più che plausibile teoria del complotto, dopo un attenta analisi scientifica rivela il perché di una combinazione di probabilità pari alla vittoria della lotteria: mentre l’esperimento condotto a Wuhan nel 2015 su un Coronavirus ricombinante e la diffusione dell’attuale pandemia sono solo una sfortunata coincidenza, la presenza del più grande mercato mondiale di animali selvatici vivi proprio nella città di Wuhan, dove vengono vendute numerosissime specie di animali selvatici ammassati in gabbie sporche e strette e tenuti in vita sino alla brutale uccisione a freddo su ordinazione da parte dei clienti, non lo è.

Non è, dunque, tanto perfetta per essere frutto del caso la combinazione tra la pandemia in corso e la sperimentazione ricombinante quanto quella con il mercato di animali vivi dello Huanan, in Cina. In quel luogo di tortura si fondono bracconaggio, con catture illegali di animali dai loro habitat naturali, maltrattamento, con condizioni di detenzione inaccettabili, e contaminazione, con misure igieniche e sanitarie assenti.

Camminando per le stradine di questo immenso mercato della barbarie a Wuhan dove escrementi e sangue degli animali si mescolano a sudore e saliva dei clienti, è facile comprendere come virus mortali possano passare facilmente da una specie all’altra. Cani, gatti, serpenti, procioni, genette, polli, maiali, pipistrelli, pangolini, pesci di ogni tipo e dimensione, etc. osservano impotenti, sfiancati e oramai privati di qualunque desiderio di libertà centinaia di persone che si affannano in un disgustoso accaparramento di qualunque essere respiri sulla faccia della Terra. Indifferenti, ma non ignari, gli acquirenti passeggiano dinanzi a pile di gabbie minuscole dove animali selvatici (strappati brutalmente alla loro Natura) e addomesticati (allevati con violenza in luoghi angusti) aspettano per ore, spesso per giorni, la loro condanna.

covid 4I pangolini

Lì, per le strade di quei mercanti di vite, dove si respira però soltanto odore di morte, capita spesso di incrociare lo sguardo con un essere meraviglioso, dagli occhi curiosi e dal corpo composto da sottili lamine che sono la sua maledizione. I pangolini della Malesia, una specie ad altissimo rischio di estinzione secondo l’Iucn vengono catturati illegalmente in Malesia e Indonesia proprio in quelle foreste dove poi si tagliano alberi per produrre legnami tropicali, carta e olio di palma e venduti nei mercati cinesi come quello di Wuhan perché, come migliaia di altri animali e piante gravemente minacciati, vengono ritenuti elementi fondanti della medicina tradizionale cinese.

Le scaglie di questo animale misterioso e ormai raro vengono estratte ed essiccate mentre i pangolini vengono bolliti e si pensa aiutino nell’allattamento, nel prevenire le infezioni e nel curare i problemi epidermici. Peccato che, al di là all’assenza di qualunque fondamento scientifico di queste pratiche, in questo modo è possibile giustificare lo sterminio di qualunque specie sulla Terra. Basta continuare a permetterlo, come abbiamo fatto sinora, sulla base di un’ipocrita tolleranza motivata dal rispetto di tradizioni culinarie o mediche di una popolazione (tra l’altro piuttosto numerosa, visto che conta quasi un miliardo e mezzo di persone).

In un epoca in cui siamo capaci di inventare qualunque assurda teoria del complotto pur di offendere, umiliare e discriminare una popolazione, dovremmo comprendere che rispettare diversità, cultura e tradizioni di un popolo è ben diverso dal tollerare gli abusi e le violenze nei confronti di altri esseri viventi. Soprusi che poi si ritorcono contro di noi.

Imparare a cercare la verità

Tutta questa vicenda mi ha insegnato molto e ho voluto condividerla perché spero che tutti coloro che la leggeranno possano coglierne qualche utile insegnamento: innanzitutto dovremmo imparare a cercare la verità, che non è mai in superficie e non deriva mai da un percorso semplice; dovremmo imparare a non credere a tutto ciò che ci viene detto, ma neanche a screditare tutto ciò che ci raccontano; dovremmo imparare a pensare di più con la nostra testa, ma a mettere in dubbio ogni singolo pensiero che facciamo per poi confrontarlo col mondo e capirne la validità; dovremmo imparare a fidarci della scienza, ma a non credere a tutto solo perché lo dicono gli scienziati; dovremmo imparare a mettere in dubbio proprio la scienza, perché è solo con gli errori, le ripetizioni e le incertezze che questa può progredire; dovremmo imparare a credere meno nella possibilità di modificare la vita con le biotecnologie (giocando a far Dio) e a curare i nostri mali prevenendone le cause; dovremmo, infatti, imparare una volta per tutte che i problemi dei nostri giorni derivano dalle azioni di ogni giorno; dovremmo, quindi, imparare a rispettare ogni vita con cui condividiamo il nostro breve viaggio su questa Terra, piuttosto che sfruttarla, divorarla, scuoiarla, vivisezionarla, etc.; dovremmo, infine, imparare a fidarci solo di chi cerca la verità senza ricavarne molto in termini di guadagno, prestigio e reputazione personale, ma lo fa per il semplice piacere della scoperta.

Proprio come fanno tutti coloro che guardando negli occhi il pangolino in gabbia nel mercato di Wuhan non lo incolpano per quella piccola rivincita che si è preso, a nome di tutte le specie del Pianeta, trasmettendoci un virus che è solo il risultato della sofferenza della sua anima e, anzi, implorano il suo perdono e quello di tutti gli esseri viventi abusati dalla nostra spesso stupida, crudele e indifferente specie, che piuttosto cerca nel complotto, immaginario, dei suoi simili contro sé stessa il senso a tutto il male, reale, che abbiamo fatto alla vita sulla Terra.

Perché, come scriveva il dott. Carlo Urbani, il primo medico a scoprire e cercare una cura per la Sars da Coronavirus nel 2002, prima di ammalarsene e lasciare un grande vuoto nell’umanità: «Sono cresciuto inseguendo il miraggio di incarnare i sogni. Ed ora credo di esserci riuscito. Ho fatto dei miei sogni la mia vita e sono sempre più esigente. La superficialità mi è diventata intollerabile, l’indifferenza mi fa diventare quasi violento: io per una dolorosa passione e romanticismo continuo a credere che si possa dire: “questo è sbagliato”, o “questo fa schifo” senza titubare…».

 

Roberto Cazzolla Gatti, Ph.D., Biologo ambientale ed evolutivo, Professore associato, Biological Insitute, Tomsk State University, Russia, Research Fellow, Konrad Lorenz Institute for Evolution and Cognition Research, Austria