Mes, ecco quello che sta succedendo

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L’Europa si conferma matrigna ma… tutte le strade portano a Roma

Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte
Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte

Per quanto tempo riuscirà Conte a mantenere sotto traccia queste posizioni chiaramente divergenti sul ricorso al Mes? Si tratta di un conflitto sanabile? E se non lo fosse, che effetto può esso arrivare ad avere per la continuità dell’esperienza di governo? E per quanto tempo ancora l’Europa potrà sopportare simili contrasti al suo interno che ne minano la stessa ragion d’essere, in un conflitto sempre più evidente fra egoismi nazionali dettati dalla finanza speculativa e slanci verso quel sogno europeo di Altiero Spinelli che comincia ad assomigliare sempre più a un incubo a causa del rigore totemico e moralista di alcuni stati verso la stabilità finanziaria?

Dopo l’infruttuosa riunione di martedì 7 aprile, ieri sera 9 aprile l’eurogruppo (la riunione dei ministri finanziari dei paesi dell’eurozona) è tornato a riunirsi raggiungendo un accordo su un pacchetto di misure di sostegno all’economia, riassunto in un rapporto che verrà proposto alla prossima riunione del Consiglio europeo (la riunione dei capi di governo).

Nella comunicazione non è mancata l’enfasi sia da parte dell’on. Roberto Gualtieri, ministro dell’Economia nel governo Conte bis, sia di Paolo Gentiloni, Commissario europeo agli affari economici, (entrambi membri del PD), che usando toni trionfalistici dichiarano la vittoria dell’Italia.

Posto che non si trattava di una guerra, che è affare molto più serio e drammatico, né di una partita di calcio, è curioso notare come anche il governo olandese rivendichi la vittoria.

E già qui qualcosa non torna visto il duro scontro dei giorni scorsi proprio fra il paese dei tulipani e il Bel paese.

Innanzitutto, veniamo al pacchetto di misure approvato dall’eurogruppo. L’importo è rilevante, parliamo di una cifra superiore ai 500 miliardi di euro divisi in tre misure distinte.

Le misure

La prima è una misura di sostegno del reddito e dell’occupazione chiamata «Sure», ovvero una sorta di cassa integrazione europea proposta inizialmente dalla Commissione europea, per 100 miliardi di euro di prestiti garantiti da 25 miliardi contribuiti dagli Stati.

La seconda è una misura a sostegno della liquidità delle imprese, una garanzia paneuropea da 25 miliardi di euro (sempre contribuiti dagli Stati) che serve a mobilitare prestiti fino a 200 miliardi destinati alle imprese (soprattutto Pmi) ed ottenuti con fondi che la Bei raccoglierà su mercato e veicolerà attraverso istituzioni quali in Italia la Cassa Depositi e Prestiti.

La terza ed ultima misura è il ricorso al Mes (Meccanismo europeo di Stabilità) per un importo complessivo fino a 240 miliardi attraverso una nuova linea di credito denominata «Pandemic Crisis Support» (Pcs) attivabile da qualsiasi paese che ne faccia richiesta.

Questa linea di credito, contrariamente a quanto previsto dal Trattato di costituzione del Mes che prevede una linea di credito denominata Eccl («Enhanced Conditions Credit Line») che si attiva su richiesta del paese che non rispetta alcuni paramenti macroeconomici (i.e. rapporto debito/Pil non superiore al 60%), non prevedrebbe alcuna condizione macroeconomica da soddisfare, ma ha tuttavia un campo d’azione limitato ai soli finanziamenti della spesa sanitaria e di prevenzione.

Fin qui sembrerebbe una buona cosa ma veniamo alle note dolenti.

Le note dolenti

Questa nuova linea proposta sarà standard, ovvero non personalizzabile su ciascun stato ed erogabile nella misura massima del 2% del Pil del paese richiedente al 2019, da restituire in un arco di tempo massimo decennale.

Nel caso dell’Italia parliamo di un importo massimo finanziabile di circa 35/36 miliardi di euro.

Questo elemento riveste notevole importanza per tre fattori:

  • Il primo è che è l’esatto importo massimo erogabile all’interno del meccanismo di credito Eccl, non si discosta da quanto previsto originariamente dal Mes.
  • Il secondo è la dimensione: assai limitata per un paese come l’Italia che spende in media l’8,9% del Pil nella sanità (fonte Eurostat), anche alla luce dei 14 e oltre miliardi già versati dal paese come quota di contributo al Mes. Al netto di questo contributo, il beneficio finanziario di breve/medio termine che ne deriverebbe all’Italia sarebbe contenuto a circa 22 miliardi di euro. Considerando l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, è logico attendersi che l’esigenza di maggior spesa in materia di sanità debba estendersi ben oltre il 8,9% del Pil.
  • Il terzo è la scadenza: il prestito va rimborsato in massimo 10 anni. Deve dunque essere chiaro che si tratta di un prestito, che come tale va ad aumentare il debito pubblico.

Si legge nel rapporto redatto dall’eurogruppo che elemento fondante del ricorso alla Pcs, che ripetiamo non richiede le medesime condizionalità stringenti della Eccl, è che «successivamente, gli Stati membri dell’eurozona rimarranno impegnati a rafforzare i fondamentali economici e finanziari, coerentemente con il quadro di coordinamento e sorveglianza economica di bilancio dell’Ue, compresa l’eventuale flessibilità applicata dalle competenti istituzioni». Qui non è chiaro a cosa si riferisca quel «successivamente».

Significa che possono essere inserite condizionalità simili o identiche a quelle previste per la Eccl in un secondo momento? Il rapporto non chiarisce ma sembrerebbe una concessione ai paesi del nord europa. Se non adeguatamente spiegato, questo punto rischia di diventare la buccia di banana su cui scivola tutto l’accordo e su cui si infrange la coerenza della posizione italiana.

Infatti, sarebbe necessaria una robusta dose di fiducia da parte dell’Italia per accettare una condizione così vaga e incerta conoscendo bene le posizioni ultra rigide ed ideologiche del fronte del rigore (Paesi germanici e del Nord europa).

Il lavoro dell’eurogruppo termina con la proposta di un «Fondo per la ripresa» di breve termine e dedicato a programmi nazionali di rilancio economico, gestito attraverso il «Bilancio comunitario» e finanziato dall’emissione di strumenti di debito comuni sui quali tuttavia non vi è alcun accordo.

Insomma, «Dum Roma consulitur, Saguntum expugnatur» («Mentre Roma discute, Sagunto è espugnata»), se consideriamo che per far fronte alle medesime necessità, ieri la Fed ha annunciato che finanzierà il Tesoro per oltre 2.500 miliardi di dollari senza indebitare lo Stato (attraverso emissione di moneta a credito e non a debito), a dimostrazione di cosa è realmente in grado di fare una vera Unione.

Mentre in America la Banca Centrale finanzia direttamente lo Stato con una cifra quintupla di tutto l’insieme delle misure del pacchetto europeo, in Europa, siamo alle solite: prestiti indiretti tramite istituti finanziari terzi (perché la Bce non può essere prestatrice di ultima istanza), e legati a condizioni per ora sconosciute, ma non eccedenti il 2% del Pil. In altre parole, in Usa soldi gratis a tutti, in Europa soldi a prestito ma con condizioni forse peggiori di quelle del Mes e in misura assolutamente irrisoria.

Il futuro…

Ma non è ancora detto.

Eh sì, perché la risposta da parte del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, sembra aprire uno spiraglio. Essa è stata affidata innanzitutto al solito Twitter, che ha reiterato la sua contrarietà al Mes, poi confermata con la conferenza stampa serale da cui è sembrato di capire che il premier foggiano abbia detto che l’Italia non si è opposta alla creazione della linea del Mes per il Coronavirus, ma che essa non soddisfa l’Italia che dunque non ne farà richiesta perché continuerà a battersi per ottenere i Corona bonds.

Vedremo presto se questa interpretazione è veritiera o se è tutta una commedia messa in atto per esorcizzare il possibile conflitto fra le due componenti del governo.

Infatti, da una parte il PD appare molto favorevole per bocca di Gualtieri e Gentiloni, mentre dall’altra il M5S per bocca di alcuni esponenti fra i quali il capo politico del Movimento Vito Crimi, ha dichiarato che il Mes è strumento inidoneo e pericoloso.

Alcune domande sorgono perciò spontanee: per quanto tempo riuscirà Conte a mantenere sotto traccia queste posizioni chiaramente divergenti sul ricorso al Mes? Si tratta di un conflitto sanabile? E se non lo fosse, che effetto può esso arrivare ad avere per la continuità dell’esperienza di governo?

E per quanto tempo ancora l’Europa potrà sopportare simili contrasti al suo interno che ne minano la stessa ragion d’essere, in un conflitto sempre più evidente fra egoismi nazionali dettati dalla finanza speculativa e slanci verso quel sogno europeo di Altiero Spinelli che comincia ad assomigliare sempre più a un incubo a causa del rigore totemico e moralista di alcuni stati verso la stabilità finanziaria?

Alla fine vedremo che Roma si rivelerà forse più cruciale della stessa Berlino per le sorti della stessa Unione europea, a conferma della vecchia credenza che… «tutte le strade portano a Roma»…

 

Angelo Consoli, Presidente del Cetri (Circolo europeo per la terza rivoluzione industriale); Marco Fiorentini, Analista finanziario