I ghiacciai si sciolgono a ritmi impressionanti e la vegetazione sale in alta montagna
Al tempo del Coronavirus è difficile per la popolazione restare a casa. Gli studi, che rivelano gli effetti reali dei cambiamenti climatici, sono stati eseguiti in un luogo davvero unico della Russia, le montagne dell’Altai. Il Ghiacciaio Maliy Aktru in scioglimento negli ultimi 50 anni, secondo le misurazioni, ha perso circa 12 m all’anno negli ultimi 50 anni e la vegetazione è salita di 150 m
In questi giorni di aprile e di quarantena mondiale a Tomsk, una piccola città (per lo standard russo, ma che comunque conta circa 597mila abitanti) della Siberia (la regione da cui proviene il vento gelido tanto temuto dagli italiani e da cui provengo anch’io), quasi nessuno resta a casa, nonostante ci siano malati e morti per Coronavirus anche in Russia. Eppure persino lì è arrivato il famoso hashtag #iorestoacasa. Invece, il governo ha richiesto ai cittadini soltanto di rispettare l’autoisolamento e che si sta alla buona volontà dei russi la scelta di non uscire. Il motivo di questa scelta non è soltanto l’assenza di rischio a livello nazionale, sebbene in qualche regione, per esempio in Zabayakalskiy krai (Забайкальский край) al confine con la Cina, lo stato di emergenza è stato introdotto già a gennaio. A rendere più difficile il rimanere a casa è la temperatura straordinariamente alta per aprile. Il 23 aprile 2020, infatti, è stato registrato il record assoluto per il mese di aprile (30,1°C) e nei giorni 22 aprile (27°C), 21 aprile (24,1°C), il 14 aprile (17,7°C) e 2 aprile (15,8°C) si sono registrate le temperature massime giornaliere tra il 1837 e il 2020.
Mese |
Minimo assoluto |
Media della temperatura minima |
Temperatura media |
Media della temperatura massima |
Massimo assoluto |
gennaio |
-55.0 (1931) |
-20.9 |
-17.1 |
-13 |
3.7 (1948) |
febbraio |
-51.3 (1951) |
-18.9 |
-14.7 |
-9.6 |
7.5 (2016) |
marzo |
-42.4 (1892) |
-12 |
-7 |
-1.1 |
17.7 (2009) |
aprile |
-31.1 (1964) |
-3.4 |
1.3 |
7 |
30.1 (2020) |
maggio |
-17.5 (1898) |
4.7 |
10.4 |
17.5 |
34.4 (2004) |
giugno |
-3.5 (1961) |
10.5 |
15.9 |
22.3 |
34.7 (1931) |
luglio |
1.5 (1945) |
13.7 |
18.7 |
24.8 |
35.6 (2014) |
agosto |
-1.6 (1902) |
11 |
15.7 |
21.7 |
33.8 (1998) |
settembre |
-8.1 (1955) |
5.1 |
9 |
14.4 |
31.7 (2010) |
ottobre |
-29.1 (1940) |
-1.4 |
1.7 |
6 |
25.1 (1928) |
novembre |
-48.3 (1952) |
-11.4 |
-8.3 |
-4.7 |
11.6 (2006) |
dicembre |
-50.0 (1938) |
-18.9 |
-15.1 |
-11.1 |
6.5 (1975) |
anno |
-55.0 (1931) |
-3.5 |
0.9 |
6.2 |
35.6 (2014) |
Tabella 1 – La temperatura atmosferica a Tomsk, Siberia, Russia (dal sito)
Capisco che magari per gli italiani queste cifre non sono impressionanti, però la media della temperatura nel mese di aprile a Tomsk è di circa 1,3°C (si veda la Tabella 1). Quest’anno la temperatura media mensile è di circa 7,2°C, cioè lo scostamento dalla norma è di circa +5,9°C. Anche per ciò che riguarda le precipitazioni la situazione è molto preoccupante: la media di piovosità ad aprile è di circa 34 mm, ma in questo aprile 2020 sono stati registrati soltanto 4 mm di pioggia, ovvero il 10% rispetto alla norma.
Vorrei far notare, che questo incremento delle temperature, non solo in aprile ma durante tutto l’anno, si nota già da parecchio tempo. Si sa dell’inverno rigido russo, ma anche quest’anno le temperature invernali non sembravano per niente invernali. Ci sono stati davvero pochissimi giorni con temperatura invernale storicamente nella norma, cioè di circa -20°C. Dalla Tabella 1 si vede che le temperature minime assolute sono state registrate fino all’anno 1964, mentre in 8 mesi su 12 le temperature massime assolute sono state rilevate dal 2000 in poi.
So, che io per prima, vissuta in Siberia per 27 anni della mia vita, con un clima davvero molto difficile, quando la neve resta depositata quasi sei mesi all’anno e la temperatura media annuale è di circa 0,9°C, sono lieta di avere l’inverno e tutte le altre stagioni più calde. Però da biologa e da persona non indifferente ai temi dell’ambiente capisco che questo non va bene. E non solo io. Anche i miei famigliari, per esempio, che non lavorano in campo scientifico, però che coltivano gli ortaggi da sempre, notano già da tempo, che le stagioni sono tutte anticipate.
Ad esempio, da sempre gran parte della popolazione russa coltiva patate. Da quanto ricordo io e dalle parole di mia nonna, la piantumazione delle patate si faceva solitamente alla fine di maggio, verso il 25-30, a volte anche all’inizio di giugno. Ormai, questo processo tende ad avvenire ogni anno sempre prima. Non mi meraviglierò se quest’anno già all’inizio di maggio si avvierà questa coltivazione. E questo è soltanto un esempio concreto, che notano tutti, in qualche modo collegato con la terra e l’agricoltura. Ma non solo.
Anche i cittadini, passeggiando in questi giorni per la città, avvertono questi cambiamenti climatici. Non c’è stato mai un aprile così caldo da quando ho memoria. Certamente nessun russo ha voglia di rispettare il regime di autoisolamento in questi bei giorni, pieni di sole e caldo. Non li sto giustificando in nessun modo, quando tutto il mondo sta lottando contro la pandemia, però, vorrei far capire, che per i cittadini russi le giornate di bel tempo sono un bene raro e prezioso.
Tornando alle temperature estreme, anche il presidente Putin nel dicembre di 2019, durante la sua conferenza stampa annuale, ha parlato degli effetti dei cambiamenti climatici in Russia: «Per quanto ci riguarda, questo processo di riscaldamento globale è molto serio. Il ritmo di crescita delle temperature nel nostro paese è 2,5 volte più alto del resto del pianeta». Putin ha fatto notare anche che il nostro paese è prevalentemente nordico. In alcune regioni sono stati segnalati record di temperature estremamente elevate. Potremmo solo immaginare cosa succederà se inizierà a sciogliersi il ghiaccio perenne (o permafrost). «Abbiamo intere città nel circolo polare artico, che sono costruite sul ghiaccio perenne. E se questo inizia a sciogliersi, le conseguenze saranno molto serie – ha avvertito Vladimir Putin -. Questo può portare alla devastazione di alcune intere aree», non ha escluso il presidente.
Negli scorsi anni ho partecipato a due ricerche coordinate dallo scienziato italiano Roberto Cazzolla Gatti. Gli studi, che rivelano gli effetti reali dei cambiamenti climatici, sono stati eseguiti in un luogo davvero unico della Russia, le montagne dell’Altai. Si tratta di un luogo naturale quasi intatto e non facile da raggiungere: per esempio dalla mia città, Tomsk, ci vogliono quasi due giorni interi di autobus e poi circa due ore con il fuoristrada. Ma oltre al lungo viaggio e alla completa assenza di comfort durante gli accampamenti nella stazione alpina di ricerca della Tomsk State University, questa esperienza è unica al mondo e ogni anno l’università organizza questa spedizione in queste montagne per due settimane a cui chiunque può partecipare.
Questo posto è famoso per i suoi maestosi ghiacciai: Maliy (Piccolo) e Bolschoy (Grande) Aktru (Малый и Большой Актру). Ed è proprio qui che abbiamo studiato i cambiamenti ecologici di piante, funghi, batteri ed elementi del suolo che assumono la forma di una successione ecologica primaria e che hanno avuto luogo sul suolo del Ghiacciaio Maliy Aktru in scioglimento negli ultimi 50 anni. Secondo le nostre misurazioni, il ghiacciaio ha perso circa 12 m all’anno negli ultimi 50 anni. È una cifra pazzesca, se ci pensate! Dimostra davvero l’esistenza dei cambiamenti climatici, anche se ancora qualcuno li nega.
Il nostro secondo studio riguardava lo spostamento del treeline, ovvero il limite altitudinale di crescita degli alberi. La temperatura media annuale in questa zona è aumentata di 1,3-1,7°C nell’ultimo secolo. Abbiamo scoperto, che l’aumento di temperatura ha un effetto negativo sulla crescita degli alberi di montagna. Al contrario, solo gli alberi più giovani crescono a quote più elevate e abbiamo documentato uno spostamento relativamente rapido del treeline verso l’alto.
Durante gli ultimi 52 anni il treeline si è spostato di circa 150 m verso l’alto e il tasso di avanzamento è aumentato rispetto a qualche anno fa.
Prima degli anni 50, infatti, treeline non era mai salito oltre i 2.150–2.200 m s.l.m. mentre negli scorsi anni ha raggiunto una quota di 2.300 m s.l.m. Abbiamo suggerito, che la continua espansione verso l’alto del limite altitudinale arboreo avviene a spese delle specie praticole e arbustive e cambia radicalmente questo ecosistema di alta montagna con la sua flora endemica.
Questo spostamento documentato di treeline rappresenta un’altra chiara prova dell’aumento della velocità dei cambiamenti climatici nel corso dell’ultimo secolo.
Quindi, sembra chiaro che in tutto il mondo si manifestano già da decenni i chiari segni dei cambiamenti climatici con l’aumento delle temperature medie annuali, che conducono allo scioglimento dei ghiacciai e all’aumento del livello dell’oceano mondiale. Cambiano i regimi delle precipitazioni, si osservano anomalie delle temperature e aumento dei fenomeni estremi, come uragani, allagamenti e siccità.
Basta soltanto rinfrescare la memoria per ricordare nel 2019 gli incendi in California, Australia, Sud America e in Siberia; gli allagamenti in nord d’Italia, Francia, Brasile, Cile e Cina; i tifoni in Giappone; l’uragano «Dorian», etc. Non capisco come ancora alcuni possano non accettare l’esistenza dei cambiamenti climatici così evidenti anche a Tomsk, seppur lontana da mari e oceani, da uragani, tifoni e tsunami, da deserti e siccità, etc.
Ma anche qui in Siberia gli effetti sono chiari e si stanno manifestando, in queste settimane, innalzamenti delle temperature che sono estremi per questo periodo. Penso che il minimo che ognuno di noi dovrebbe fare è iniziare a riflettere e accettare l’esistenza dei cambiamenti climatici. Ancor meglio sarebbe iniziare a cambiare il nostro stile di vita, consumare di meno e pensare di più al Pianeta e all’ambiente. È solo questione di volontà e coscienza. Tutti possono e devono fare qualcosa. Ognuno inizia da se stesso e tra qualche anno potremo vedere dove questo sforzo comune ci porterà. Vorrei crederci. Proprio come accaduto nel film Avatar quando gli indigeni si sono uniti contro la minaccia che rischiava di far sparire per sempre la loro amata terra.
Alena Velichevskaya