La geoingegneria non si può imporre

2001
Groenlandia clima
Tempo di lettura: 3 minuti

Una nuova ricerca mostra che, se si considerano i comportamenti delle persone, queste soluzioni conducono a rischi significativi in termini economici e sociali. Con il primo esperimento in laboratorio su questi temi, i ricercatori hanno scoperto che fattori razionali e irrazionali nelle decisioni legate alla geoingegneria conducono a perdite di ricchezza e a incrementi di ineguaglianza. L’articolo, pubblicato sulla rivista «Pnas», solleva nuovi dubbi sulla fattibilità di interventi diretti sul clima su larga scala

La geoingegneria applicata al clima offre soluzioni che consentono effettivamente di abbassare la temperatura del pianeta in maniera diretta, intervenendo sulle radiazioni che provengono dal sole. Queste possibilità aprono scenari del tutto nuovi sulla gestione del rischio connesso ai cambiamenti climatici, sulla necessità di contenere il riscaldamento del Pianeta entro i due gradi centigradi come definito dagli accordi internazionali, sulle strategie che singoli stati, o coalizioni di stati, possono mettere in campo per evitare gli impatti negativi connessi al clima.

Un team internazionale di ricercatori ha condotto un esperimento di laboratorio, il primo nel suo genere, per testare il modo in cui fattori comportamentali e strategici determinano gli effetti economici della geoingegneria applicata al clima.

Appartenenti a diversi gruppi di ricerca (Rff-Cmcc European Institute of the Economics and the Environment, Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici,  Università Bocconi, Università di Bologna, Università Milano-Bicocca e Politecnico di Milano), gli autori hanno preso in considerazione le sfide relative alla governance che nascono dalle prospettive dell’uso di ingegneria climatica. I risultati sono descritti nell’articolo «Governing climate engineering: insights from a public “good or bad” experiment», appena pubblicato sulla rivista americana «Pnas» (Proceeding of the National Academy of Science of the United States).

Basato su un modello di geoingegneria, l’esperimento mostra che i paesi che ambiscono a un clima più freddo impiegano soluzioni di ingegneria climatica per raggiungere i propri obiettivi anche se, così facendo, impongono gli stessi risultati anche a paesi che preferirebbero esiti diversi, un fenomeno, quest’ultimo, chiamato free-driving. Un simile comportamento, razionale e strategico, conduce a un eccesso di geoingegneria con il risultato di ampliare disuguaglianze e perdite economiche. Inoltre, lo studio mostra anche la possibilità di ritorsioni attraverso soluzioni geoingegneristiche opposte, e cioè attraverso la realizzazione di sistemi che assorbono radiazioni solari per aumentare la temperatura. Da qui si vede il modo in cui aspetti comportamentali portano ad una elevata variabilità dei risultati della geoingegneria, con conseguenze negative per l’economia.

«La mancanza di coordinamento tra i paesi aumenta nel caso in cui si dovesse sviluppare una competizione basata su soluzioni contrapposte di geoingegneria», spiega Anna Abatayo dell’Università Bocconi.

Riccardo Ghidoni, Università Milano-Bicocca, dice: «La ricerca evidenzia che ritorsioni attraverso soluzioni contrapposte di geoingegneria sono particolarmente rischiose quando ci sono molti decisori politici. Si tratta di un aspetto molto rilevante se si considerano negoziati internazionali che coinvolgono molte parti».

«La geoingegneria ci porta in territori inesplorati – afferma Marco Casari, docente di Economia all’Università di Bologna – questo nostro esperimento può far luce su cosa possiamo aspettarci in simili nuove circostanze. Di fronte a questioni rilevanti, le regole della governance potrebbero essere corrette prima di giungere all’implementazione sul campo di queste soluzioni. Mi piace l’analogia con l’ingegneria aeronautica: i prototipi dei nuovi aerei devono passare al vaglio delle gallerie del vento prima di essere utilizzati. I nostri esperimenti servono lo stesso obiettivo nel campo delle scienze sociali».

«Questa ricerca mostra la rilevanza del fattore umano – sia razionale sia irrazionale – nell’ambito dei processi decisionali sul clima, non solo per quel che riguarda l’ingegneria climatica – spiega Massimo Tavoni, direttore di Rff-Cmcc European Institute of the Economics and the Environment e professore al Politecnico di Milano -. Si evidenzia così la necessità di istituzioni forti per affrontare le sfide ambientali globali».

(Fonte Cmcc)