Arare le spiagge come un campo?

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Spiaggia mare Foto R Lopez
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Come tutelare il bene naturale di una costa sabbiosa. Le procedure di allargare le spiagge a causa del distanziamento sociale può creare qualche problema? Il parere di Raffaele Lopez, Presidente Sigea Sezione Puglia

Molti sostengono che dobbiamo correre; è necessario correre per recuperare il rallentamento e in alcuni casi il blocco economico determinato dalle azioni di contenimento dell’emergenza sanitaria. Sappiamo dove correre per recuperare realmente i mesi persi? O meglio, sappiamo come intraprendere una strada diversa, una strada che possa migliorare le condizioni di qualità dell’ambiente e della vita facendoci guidare da strumenti di analisi e indicatori capaci di rendere conto della sostenibilità delle azioni e dello sviluppo?

In questi giorni ci sono state intense lavorazioni sulle spiagge per prepararle ad accogliere, con il necessario distanziamento sociale, i vacanzieri; si teme che il distanziamento sociale induca l’occupazione di spazi naturali alterandone la biodiversità e il ruolo di serbatoi naturali di sabbia utile al ripascimento naturale degli arenili.

Per capire come funziona una spiaggia e quali possono essere i rischi che essa corre se non gestita secondo modelli sostenibili e proiettati alla durabilità del bene naturale abbiamo chiesto il parere di Raffaele Lopez, Presidente della Sigea Sezione Puglia.

Come prima cosa è bene ricordare che il ruolo fondamentale per la protezione delle spiagge dall’erosione è esercitato dai residui di biomasse spiaggiate quali Posidonia oceanica, Cymodocea nodosa, solo per citare alcune specie. Resti di queste piante acquatiche raggiungono le spiagge emerse durante le mareggiate ed esercitano un’azione di ostacolo all’erosione della sabbia principalmente da parte dell’azione del vento.

Spesso assistiamo alla rimozione totale di questi resti vegetali con mezzi meccanici, come sta avvenendo in questi giorni, che determina una maggiore predisposizione dei litorali all’erosione, soprattutto eolica. Queste biomasse dovrebbero essere gestite invece nell’ambito dello stesso litorale, nel rispetto delle buone pratiche contenute in linee guida di solito richiamate nelle ordinanze balneari regionali che indicano come ogni attività si debba svolgere senza alterare l’equilibrio sedimentario delle spiagge. Tuttavia l’applicazione delle linee guida di cui spesso varie amministrazioni regionali si dotano, diventa problematica in assenza di formazione specifica per i gestori dei lidi balneari e per le amministrazioni comunali.

La battigia, com’è noto, è continuamente battuta dalle onde di risacca. Se questa spiaggia viene «arata» rimescolando sedimento, resti di vegetali, molluschi, ma anche rifiuti, si favorisce la formazione di schiuma dovuta alla sostanza organica liberata dal materiale decomposto e indecomposto, rimescolato dai mezzi meccanici e ulteriormente «frullato» dalle onde lungo la battigia. Non è da sottovalutare l’effetto dei mezzi meccanici pesanti, utilizzati per la pulizia delle spiagge, sulla torbidità delle acque prossime alla battigia.

Inoltre, le profonde arature che sono esercitate nella spiaggia emersa all’apertura della stagione balneare determinano la rottura degli aggregati di sabbia che ne liberano le singole particelle, queste prese in carico dal vento sono disperse e se non trattenute da un ambiente che ne favorisce l’accumulo, alterando il bilancio positivo per il mantenimento e accrescimento delle spiagge, sono definitivamente allontanate.

La sabbia che si disperde e raggiunge le strade nella maggior parte dei casi è spazzata via e messa a discarica con la perdita definitiva di materiale prezioso per l’equilibrio delle spiagge. Diverso sarebbe se la sabbia spostata dal vento incontrasse ostacoli naturali, quali la vegetazione degli ambienti costieri; ciò favorirebbe la formazione delle dune e, quindi, il ripristino del naturale profilo di spiaggia.

È auspicabile che di tali accortezze si tenga conto nell’imminente e prossime stagioni balneari visto che, l’obbligo di distanziare i lettini e gli ombrelloni in applicazione di ordinanze sanitarie contro il diffondersi di Sars-Cov-2 potrebbe portare all’occupazione di spazi naturali perché serbatoi naturali di sabbia. Laddove l’ampiezza della spiaggia non lo consente, in assenza di linee guida delle amministrazioni comunali e vigilanza sulla loro applicazione, c’è il rischio che si possa agire sempre più massicciamente sugli arenili con mezzi meccanici anche su porzioni di spiaggia che solitamente sono lasciate allo stato naturale.

Pertanto, sia in questo periodo pandemico sia in futuro si dovrà prestare la massima attenzione alla gestione delle spiagge libere per contrastare forme di gestione che possano comportare una perdita di biodiversità e della risorsa sabbia in armonia con le regole di prevenzione sanitaria.

Quello che serve per tutelare le nostre spiagge sono regole chiare, formazione specifica per gli operatori del settore e vigilanza. Solo con quest’approccio riusciremo a tutelare il bene naturale spiaggia e non sarà vana l’opera di ripristino dei litorali sabbiosi che la vegetazione pioniera e le biomasse spiaggiate determinano per la ricostruzione del profilo naturale delle nostre spiagge.

 

R. V. G.