Il viaggio nell’etica o lo sconfinamento sono all’ordine del giorno: giudicare l’uso della mascherina a scuola come strumento da lager fa proprio questo passaggio ma operando una sterzata a U per cui l’uso raccomandato per la salvaguardia della propria e altrui salute viene consegnata al giudizio di restrizione della libertà, invocato a prescindere dalla salute globale e sfruttato per l’esercizio del potere sulle convinzioni di massa!
La riflessione e il dibattito politico internazionale da tempo affrontano la problematica della natura, diventata popolare con l’apparizione di Greta Thunberg sullo scenario senza che si siano minimamente preoccupati quanti hanno scelto di irridere al fenomeno e non interrogarsi sui valori della questione.
Da una parte gli sconvolgimenti climatici dall’altra l’analisi delle cause provocatrici dei fenomeni sconvolgenti appaiono sempre più complessi e accelerati dalle azioni sovvertitrici dell’«ordine naturale».
Sul tema ci sono due elementi in discussione: il fenomeno naturale e l’ordine naturale.
Alla base del confronto c’è il convincimento dell’assetto cristallizzato dei comportamenti della natura e, dall’altra, del potere di inferenza che esercita l’uomo dominandoli. Sottotraccia il pensiero che la tecnologia avanzata può modificare i piani ritenuti a lungo tempo naturali e permanenti, con l’effetto dell’accelerazione dei deterioramenti.
Esempio eclatante, il buco dell’ozono. Werner K. Heisenberg (1901-1976), premio Nobel per la Fisica, aveva optato per l’indeterminazione delle leggi della natura e non aveva in osservazione quanto si è via via aggravato dagli anni 80 in poi.
La teoria della relatività aveva gettato le basi dell’incostanza mettendo in crisi la fisica meccanica galileiana mentre la fisica moderna e contemporanea lasciava spazio alla concezione tecnologica che tende a ridisegnare i processi naturali.
La possibilità di clonare in laboratorio, di ridisegnare il DNA riproducendo percorsi generativi, i tentativi di scimmiottare virus e antivirus a beneficio del mercato e sacrificando la genetica, inferendo sulla popolazione mondiale e sui suoi bisogni di resistenza scatenano oggi un fascio di interrogativi che preoccupano e sollecitano la riflessione degli studiosi e degli scienziati.
Il passaggio dalla fisica e dalla biologia all’etica è l’impatto odierno sulla riflessione filosofica fino alla progettazione politica e, di riflesso quindi, sulla pedagogia.
La natura…
Nelle espressioni ricorrenti banali come «la natura di quest’alunno è… la natura dei suoi disagi… la natura dei suoi comportamenti… sono…» si fa un salto indebito: sarebbe la natura l’oggetto dell’osservazione oppure sono i comportamenti, oppure è la costituzione genetica individuale a provocare i deficit o le doti; tutto è riconducibile a cause indotte o ad opzioni del «genere»?
La questione rimanda all’interrogativo sull’«ordine naturale» concepito come canale permanente e persistente oppure come fenomeno evolutivo spalmato su epoche dilatate di tempo.
La teoria secondo la quale l’uso protratto di funzioni dell’individuo traccia in modo definitivo la trasmissione dell’evoluzione degli organi esercitati è una spia che alimenta l’attenzione sui comportamenti organici che, nel tempo, vengono ascritti alla natura. L’esercizio quotidiano protratto dei pollici nella digitazione veloce sui palmari potrà modificare in modo permanente per la specie la strutturazione delle mani assegnandola definitivamente naturale alle successive generazioni?
Se così fosse allora nasce la questione più generale e più globale del come intervenire per la formazione e l’educazione affinché sia seguita nel rispetto dell’essere e la sua «natura» non si modifichi attraverso forze estranee inferenti ma si rispetti l’espansione propria esistenziale dell’individuo.
Il problema non è quindi solo di ordine fisico e materiale ma è soprattutto di ordine etico e morale.
Per salvaguardare la natura dell’essere umano ci interessa non poco la clonazione della pecora Dolly, come ci riguardano tutte le modifiche genetiche di laboratorio perché la natura non è nella libertà della scienza, pur sapendo che la reazione a catena atomica potrebbe restituire all’uomo i suoi mostri permanenti!
Etica e morale
Questo è un assunto morale che potrebbe confliggere con il principio della libertà della ricerca e della scienza. La questione si aggrava e si sposta sui fini. La scienza atomica è libera, sconfinata e fondamentale; la sua applicazione distruttiva e sovvertitrice è assurda anche se possibile ma eticamente riprovevole.
Ecco il tracciato entro il quale ci poniamo affrontando la questione pedagogica della formazione in famiglia, a scuola e nella società.
Il viaggio nell’etica o lo sconfinamento sono all’ordine del giorno: giudicare l’uso della mascherina a scuola come strumento da lager fa proprio questo passaggio ma operando una sterzata a U per cui l’uso raccomandato per la salvaguardia della propria e altrui salute viene consegnata al giudizio di restrizione della libertà, invocato a prescindere dalla salute globale e sfruttato per l’esercizio del potere sulle convinzioni di massa!
Cinque riflessioni
Qui non possiamo approfondire tutti i temi degli ambiti filosofici e pedagogici. Possiamo solo contribuire nell’individuazione di alcuni aspetti da consegnare alla ricerca e alla riflessione dei lettori. Per questo vorremmo proporre cinque passi come iter di pensiero per contribuire all’impostazione pedagogica «naturale» nelle situazioni educative.
- L’individuazione dell’oggettività è il preliminare che obbliga l’operatore ad escludere modifiche nocive per il rispetto individuale. L’azione si dirige sui «derivati» lasciando libera l’espansione individuale e arginate le eventuali violenze mortificanti.
- La responsabilità dei formatori come delle istituzioni preposte viaggia dentro gli assunti etici. Sono quindi da evitare assunzioni di finalità precostituite che non si adeguino alla «natura individuale» dei soggetti affidati. Così ogni portatore di H è al tempo stesso «abile» e il rispetto della sua abilità è quello stesso della sua natura abile che sta all’adulto scoprire e alimentare.
- Il rispetto delle condizioni naturali implica la promozione delle opportunità «resilienti» con cui la persona interviene con se stessa e su se stessa, collaborata e non sostituita dalla «direttiva» impressa e accelerata dal formatore.
- La relazione è alla base di questi processi e la determinazione della «parità-di-dignità» tra formatori e soggetti affidati detta le ragioni degli interventi pedagogici, psicologici e didattici per cui l’etica professionale non è un optional ma la regola dettata dai valori naturali in campo, riconosciuti e onorati.
- Applicando il sistema alla scuola si giunge al principio che combatte la banalità sopra citata: «io giudico quello che fai e che sai… non giudico quello che sei».
Altri passi possono essere fatti; anzi, ciascuno di essi è produttore di altri processi interattivi che meritano discussione e approfondimento. Le dinamiche operative, infatti, incrociano quelle esistenziali da cui deriva la molteplicità delle esistenze e dei comportamenti.
Questo tempo della pandemia ci conduce alla meditazione su ciò che è essenziale perché naturale e la relazione, restituita alla sua essenzialità naturale, favorisce la scoperta e la progettazione. L’occasione di numeri contingentati di alunni favorisce altresì l’ascolto di tutti gli appelli, anche quelli sottesi, che si levano da ogni postazione, riconducibili fondamentalmente a: «io sono quello che sono — cerco quello che dovrei essere — io spero di diventare quello per cui sono».
Da adulti entrare in questo itinerario comporta rispondere a tutti gli interrogativi e non applicare certezze indiscusse. L’interrogativo non è dubbio assoluto se la ricerca oggettiva viene onorata e si fa salvo ogni bagliore di luce che si incontra.
Francesco Sofia, Pedagogista, Socio onorario dell’Associazione nazionale dei pedagogisti italiani