Le diseguaglianze sociali influiscono sul rischio di mortalità e morbilità in caso di temperature estreme. Donne, anziani e chi vive da solo tra i soggetti a più alto rischio. Ma anche il livello di istruzione diventa un fattore d’influenza. La ricerca coordinata dall’Instituto de Salud Global de Barcelona (ISGlobal) e dalla Fondazione Cmcc sulla città di Torino migliora la comprensione del rischio da calore urbano in un mondo in riscaldamento
I cambiamenti climatici hanno indotto e indurranno importanti aumenti delle temperature estive in Europa, specialmente nella regione mediterranea, dove l’Italia spicca in termini di effetti del caldo estivo sulla mortalità giornaliera. In particolare, l’effetto di «isola di calore urbano» rende essenziale comprendere i rischi specifici del nesso tra calore e salute per poterli gestire con misure adeguate nelle aree cittadine.
La relazione tra calore e mortalità dipende dalla vulnerabilità sociale, a sua volta influenzata da fattori demografici, sociali ed economici. Alcuni sottogruppi della popolazione risultano quindi più a rischio con l’aumento delle temperature. Quali?
Lo studio «Social inequalities in heat-attributable mortality in the city of Turin, northwest of Italy: a time series analysis from 1982 to 2018», recentemente pubblicato sulla rivista scientifica «Environmental Health» e coordinato dall’Instituto de Salud Global de Barcelona (ISGlobal) e dalla Fondazione Cmcc, approfondisce come le diseguaglianze sociali possano influire sullo stress da calore in un contesto urbano sudeuropeo attraverso il caso studio della città di Torino. Utilizzando una metodologia innovativa, la ricerca associa le temperature giornaliere e la mortalità giornaliera estiva nella città di Torino nel periodo 1982-2018, rilevando come l’effetto del calore sulla mortalità vari ampiamente tra le diverse categorie analizzate, suddivise per caratteristiche sociali e demografiche.
Il rischio di mortalità risulta essere maggiore per le donne rispetto agli uomini, e aumenta con l’età in entrambi i sessi. Tra gli aspetti innovativi di questo studio vi è però quello di considerare non solo le caratteristiche demografiche (età e genere) già esplorate in letteratura, ma anche il livello di istruzione, lo stato civile e il numero di occupanti all’interno della stessa abitazione: variabili socioeconomiche riconosciute come rilevanti per individuare i target più vulnerabili allo stress da calore. Le donne più a rischio risultano essere quelle con i livelli di istruzione più bassi, mentre gli effetti significativi più elevati per gli uomini si osservano in corrispondenza degli estremi (livelli di istruzione più alti e più bassi). Chi vive da solo (come i non sposati, i separati, i divorziati e i vedovi), indipendentemente dal genere, è risultato essere maggiormente a rischio rispetto alle persone sposate. Infine, l’associazione tra calore e mortalità è risultata più elevata per gli uomini che vivono da soli rispetto a quelli che condividono l’abitazione con altre persone, mentre per le donne questa differenza non è pressoché nulla.
Esistono molti studi sul nesso tra calore e salute, ma pochi analizzano il contesto italiano, soprattutto in termini di singoli casi studio. «Abbiamo scelto di focalizzarci sulla città di Torino per la disponibilità di una serie storica molto lunga di dati giornalieri sui record di mortalità e ospedalizzazioni incrociati alle componenti socioeconomiche della popolazione. Quando parliamo di cambiamenti climatici è necessario considerare periodi sufficientemente lunghi e questi dati, messi a disposizione da parte del Servizio Sovrazonale di Epidemiologia (Sepi) della Asl TO3, riguardano un periodo di 37 anni: sono poche le serie così lunghe e ricche di variabili a disposizione in Europa», afferma Marta Ellena, ricercatrice Cmcc e prima autrice dell’articolo.
Questo studio apre la strada a una serie di ulteriori analisi che consentiranno di supportare la presa di decisioni a livello urbano per migliorare la gestione del rischio da calore.
Il prossimo passo sarà determinare come tale rischio vari nel tempo e come sia diversificato su scala sub-urbana. «È sempre più chiara la necessità di determinare la distribuzione del rischio da calore a livello sub-urbano per mitigarlo progettando al meglio le città attraverso tutte le strategie a disposizione, dall’utilizzo di aree verdi alla scelta della tipologia di superfici da impiegare nelle costruzioni — spiega Paola Mercogliano, direttrice della divisione Regional Models and geo-Hydrological Impacts alla Fondazione Cmcc —. Inoltre, l’utilità di questa ricerca si amplia ad altri contesti. Ogni area sub-urbana fa riferimento a dei centri ospedalieri e, nel caso in cui le ondate di calore si combinassero a delle epidemie in corso, il numero di affluenti all’interno di questi centri potrebbe aumentare. Come ci sta dimostrando l’attuale pandemia, è bene essere preparati».
In futuro, grazie anche all’utilizzo dei modelli climatici a risoluzioni molto elevata (2 km) che la divisione Remhi della Fondazione Cmcc sta sviluppando, sarà possibile valutare anche l’evoluzione dello stress da calore sulla popolazione urbana per diverse città, individuando quindi priorità d’azione in termini di adattamento al fine di prevenire rischi sulla salute.
(Fonte Cmcc)