La Lama che si trova a Molfetta oggi è al centro di un’iniziativa molto interessante scaturita dall’associazione Terrae-centro di educazione ambientale Ophrys che ha sede a Ruvo di Puglia ma meritoriamente opera in Puglia e fuori con competenza ed esperienza
Nasce nella fascia premurgiana all’altezza di Sovereto, la frazione medievale di Terlizzi sulla via Traiana, in provincia di Bari, e potrebbe costituire un interessante cammino di scoperta e di riscoperta di un territorio ormai molto compromesso ma rammendabile. Si chiama lama Martina (conosciuta anche come lama Cupa) ed è uno della decina di solchi erosivi calcarei che attraversano l’agro di Molfetta, a nord del capoluogo di regione.
Uno dei tanti che scendono in questo caso dalla fascia premurgiana convogliando le acque che non si inabissano per formare fiumi carsici sotterranei. Tutto il versante adriatico pugliese ne è caratterizzato, la stessa Bari ne conta oltre una decina. Canali di collegamento tra monte (soprattutto dall’Alta Murgia) e mare che, ad un certo punto della loro esistenza, hanno dovuto subire danneggiamenti ed occupazioni cui hanno risposto con le inondazioni. Lama Martina oggi è al centro di un’iniziativa molto interessante scaturita dall’associazione Terrae-centro di educazione ambientale Ophrys che ha sede a Ruvo di Puglia ma meritoriamente opera in Puglia e fuori con competenza ed esperienza.
Da qui è partita la proposta al Comune di Molfetta di rendere lama Martina un luogo della tutela e della scoperta ambientale ma anche di svago per i cittadini. Non che manchino i problemi di cui parleremo tra un po’, però lama Martina ben si presta ad un’idea di nuovo approccio al territorio urbano anche non pianificato ma tuttavia valido ed efficace.
Così, i volontari di Terrae hanno proposto al Comune di avviare la tutela effettiva della lama mediante l’istituzione di un parco naturale presentando anche un piano del verde. Al di là della definizione giuridica che comporta un iter amministrativo specifico, il Comune può (e vuole) darsi da fare in proprio e poi, magari, giungere ad un riconoscimento ufficiale regionale, sempre che ve ne sia bisogno.
Terrae ed il Comune hanno quindi sottoscritto un protocollo d’intesa a giugno scorso per sviluppare tutela e fruizione compatibile attraverso azioni di escursionismo presso lama Cupa, antica calcara e Grotta del Crocifisso, escursioni in mountain bike, spettacoli musicali eco-compatibili, gare di orienteering, letture, spettacoli animati e spettacoli teatrali, raccolta della plastica e di rifiuti non pericolosi, piantumazione di essenze vegetali autoctone. Ma, dicevamo, i problemi non mancano.
Intanto la lama è letteralmente assediata da un’espansione edilizia impressionante con comparti ancora da completare in esecuzione di un piano regolatore datato e sovradimensionato. L’attacco alla vegetazione spontanea è stato violento almeno fino a quando Terrae non ha assicurato una presenza fisica deterrente, l’utilizzazione della lama come discarica di inerti è stata pratica ordinaria. Ma ora si vuol fare sul serio. I volontari hanno installato una serie di cartelli indicatori agli ingressi della lama, hanno apposto cartelli monitori e di conoscenza nel suo alveo, i cittadini cominciano ad avvertire che quel solco gli appartiene. E così accade che le interlocuzioni nascono, i confronti sono più civili, ci si informa, ci si confronta. La meritoria opera di quest’associazione ed il credito che il Comune di Molfetta ha voluto intelligentemente concederle, danno di buono.
Un giro tra parrocchetti monaci o verdi (Molfetta ed il nord barese ne sono ormai pieni con non pochi problemi ecologici), ma anche aironi cenerini in volo e colombacci, ed un nucleo di volpi appena riprodottesi, a testimonianza che basta poco per confermare il ruolo di corridoio ecologico effettivo, vale la pena qui a lama Martina.
Sperando che tutto regga, che il Comune di Molfetta mantenga gli impegni e che si realizzi una forma non nuova ma finora inutilizzata di proteggere un territorio con la forza dei cittadini e della consapevolezza. Lama Martina potrà anche diventare un altro parco regionale ma, prima di tutto, deve essere un luogo della memoria e del futuro dei molfettesi per preservarsi ed adattarsi al meglio a tempi non facili rispettando quel solco.
Fabio Modesti