Si chiama Fer e la malavita applaude
Ci si chiede come sia possibile impegnare un Paese in questa corsa irrefrenabile alle Fer se, avendo superato i target europei al 2020 sulla produzione di energia da fonti rinnovabili, l’Italia ha offerto «una quantità stimata di 38 TWh di energia verde ad altri Paesi che invece non hanno raggiunto gli obiettivi». Si stanno distruggendo paesaggio e biodiversità per ragioni affaristiche millantando quelle ecologiche
La corsa è partita da tempo ed è diventata quasi irrefrenabile. L’approvazione del Pnrr e del decreto semplificazioni hanno fornito alla finanza internazionale e domestica la piattaforma ideale per scommettere sullo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili (Fer). Quel che accade ai territori, ai paesaggi, agli ecosistemi, interessa poco. È tempo di lanciarsi nel creare «nuovi paesaggi», come evocava tempo fa il presidente di Legambiente. E la corsa irrefrenabile è diventata tale con l’adesione incondizionata di altre due associazioni di protezione ambientale (Wwf Italia e Greenpeace Italia) mentre altre decine di associazioni, a partire da Amici della Terra ed Italia Nostra, confluite nella «Coalizione art. 9», chiedono di ragionare, di valutare attentamente gli effetti della «transizione ecologica» che rischia di trasformarsi in un bagno di sangue territoriale.
I dati della folle corsa sono presto detti. Per il fotovoltaico, tornato in gran spolvero, il quotidiano on-line specializzato in energia «Staffetta Quotidiana» fa sapere che i progetti presentati viaggiano «al ritmo di 500 MW al mese (1.000 al mese in luglio e agosto), segno che i capitali hanno fiutato l’opportunità. Le autorizzazioni vanno a una velocità considerevolmente inferiore ma non trascurabile: negli ultimi mesi in media 100 MW al mese (250 in luglio, 150 in agosto), che in un anno fanno oltre un GW. Non sono i sette GW l’anno che servono per raggiungere gli obiettivi al 2030 ma l’ordine di grandezza è quello».
Ci sono Regioni più «aggredite» (come la Puglia, il Lazio e la Toscana) ed altre meno. Ovviamente è il sud del Paese ad essere maggiormente oggetto di interesse da parte delle società Fer ed è proprio in queste Regioni che viene osservato un notevole interesse della criminalità organizzata per gli incentivi legati agli impianti eolici, come illustra ampiamente Claudio Deiana su «lavoce.info».
In attesa di nuovi lucrosi incentivi che compensino la carenza di vento per l’eolico, la richiesta di autorizzazioni è calata a vantaggio del fotovoltaico e dell’agrivoltaico che rischia di diventare un enorme detrattore dei paesaggi agrari italiani ed in più un formidabile veicolo verso colture superintensive anche con uliveti di varietà resistenti alla Xylella nei territori devastati dal batterio e dall’incapacità politica. Restano poche armi per fronteggiare l’aggressione delle Fer industriali e ricondurre a ragione chi pensa di salvare il mondo producendo devastazioni dei paesaggi.
Alcune funzionano, come dimostra una recente sentenza del Tar Puglia che ha ritenuto legittimo il piano urbanistico generale del piccolo Comune di Volturino, in provincia di Foggia, con il quale quell’amministrazione ha sbarrato la strada all’insediamento di ulteriori impianti eolici industriali sul proprio territorio. Allo stesso modo i piani energetici regionali possono e devono regolare la presenza di impianti Fer individuando le aree non idonee alla loro installazione, come ha confermato la Corte Costituzionale in una sentenza pubblicata il giugno scorso con la quale ha bocciato alcune norme di legge della Regione Toscana.
Il fatto è che l’adozione di piani energetici regionali va a rilento ed in agguato c’è il decreto legislativo di recepimento della direttiva Ue Fer (cosiddetta «Red II»). «Tra le altre cose — informa ancora “Staffetta Quotidiana” — il decreto demanda al Mite la definizione dei criteri per l’individuazione delle aeree idonee per gli impianti Fer entro sei mesi dall’entrata in vigore. Entro i successivi sei mesi le Regioni dovranno individuare le aree idonee». Nel frattempo, dice lo schema di decreto legislativo, non si possono introdurre moratorie. In più, le aree non incluse tra quelle idonee non possono essere, solo per questo, dichiarate non idonee.
Insomma, il tentativo evidente è quello di tagliare le unghie a qualsiasi opposizione allo sviluppo degli impianti industriali Fer, in una sorta di delirio decisionista senza contraddittorio. Certo, i tempi di applicazione della nuova norma sono anche non brevi e potrebbero consentire alle Regioni di adottare piani energetici ben fatti che già segnerebbero la strada ed ai Comuni di adottare strumenti urbanistici sul modello Volturino. Anche perché, sempre nell’ottica del taglio delle unghie, dal 31 luglio scorso le autorizzazioni degli impianti dai 10 MW in su dovrebbero essere competenza del Mite, come stabilito da DL Semplificazioni.
Alla fine di tutto, comunque, ci si chiede come sia possibile impegnare un Paese in questa corsa irrefrenabile alle Fer se, avendo superato i target europei al 2020 sulla produzione di energia da fonti rinnovabili, l’Italia ha offerto «una quantità stimata di 38 TWh di energia verde ad altri Paesi che invece non hanno raggiunto gli obiettivi», come ci informa «Staffetta Quotidiana». Si stanno quindi distruggendo il paesaggio e la biodiversità per ragioni affaristiche millantando quelle ecologiche.
Fabio Modesti