Il Parco nazionale d’Abruzzo rischia di festeggiare i suoi 100 anni al suono delle scuri e delle motoseghe, provocando grave disturbo alla fauna, e sicuro dissesto idrogeologico. Una pineta antichissima e con tante specie che potrebbero essere danneggiate
Siamo sempre più inorriditi dal fatto che, con il pretesto dell’antincendio, ora si voglia «diradare» (in realtà massacrare, tagliando i Pini anche sulle scarpate più acclivi) la storica Pineta di Villetta Barrea, non lontana dalla Camosciara, cuore del Parco nazionale d’Abruzzo, che quest’anno celebra il proprio Centenario.
Qualcuno dovrebbe far presente agli esimi tagliatori che quella Pineta ospita una straordinaria Biodiversità, da tempo oggetto di studi anche a livello internazionale, da lasciare assolutamente in pace, alla libera e spontanea evoluzione.
Festeggiare i 100 anni del Parco al suono delle scuri e delle motoseghe, provocando grave disturbo alla fauna, e sicuro dissesto idrogeologico, porterebbe questa vicenda, con i suoi protagonisti, alla ribalta della gogna internazionale.
Molto meglio destinare le risorse ad iniziative non distruttive, come ad esempio addestrare la gioventù locale a svolgere il ruolo di Guide, Interpreti, Assistenti, Custodi e Volontari antincendi, come avviene nei Paesi più civili.
E soprattutto riconoscere l’immenso valore delle formazioni appenniniche residuali di Pino nero, che nei secoli scorsi si sono evolute separatamente nel Parco, alla Maiella, e in altre piccole stazioni fino al Pollino, assumendo caratteristiche differenziate (soprattutto nei canali resiniferi), e ospitando ricche e peculiari Biocenosi.
A studiare questa realtà italiana sono spesso affluiti anche esperti stranieri, e mentre i Pini della Camosciara, alle nostre ricerche dendrocronologiche, avevano rivelato oltre mezzo secolo di età, le indagini alla Maiella hanno scoperto un Pino di 900 anni, abbarbicato alle pareti rocciose.
Non sarebbero questi i discorsi che ci piacerebbe ascoltare nel Centenario dei nostri Parchi Nazionali?
E a proposito dell’assurdo taglio previsto quest’estate nella Pineta di Villetta Barrea, per completare l’approfondita analisi della situazione, si segnala un articolo scientifico che risale all’anno 1964, e che tentava di stabilire l’origine storica di quella formazione con il metodo assolutamente innovativo di studiarne la Biocenosi, ed in particolare di concentrare le ricerche sulla Entomofauna. Quello che è emerso, con molta chiarezza, dalle ricerche successive è che le specie xilofaghe della Camosciara, assai difficili da individuare sugli ultra-secolari Pini abbarbicati sulle rocce, si sono progressivamente diffuse anche nelle Pinete circostanti, come dimostra la presenza in seguito accertata del raro Coleottero Buprestide Buprestis octoguttata, mentre è stata ipotizzata, ma non ancora confermata, quella della specie acrodendrica relitta Buprestis splendens.
In sostanza, l’intero complesso delle Pinete attiguo alla Camosciara, con la sua ricca e varia Biocenosi tuttora in corso di studio, ha assunto un valore del tutto speciale come testimonianza e scrigno della straordinaria Biodiversità sopravvissuta in pochissime zone dell’Appennino.
A ciò dovrebbe aggiungersi anche la presenza dell’importante endemismo appenninico Scoiattolo meridionale (Sciurus meridionalis) predato dalla Martora e talvolta, secondo testimonianze da verificare, anche dalla Lince appenninica.
Vi sono quindi più che valide ragioni, per sconsigliare con la massima decisione, nel cuore del Parco, qualsiasi «intervento selvicolturale», del tutto incompatibile con le finalità di un Parco Nazionale, e con le regole della vera Conservazione della Natura.
Franco Tassi, Centro Parchi Internazionale