La storica Pineta, adiacente alla Camosciara, nel cuore del Parco nazionale d’Abruzzo, non rappresenta affatto, come qualcuno avrebbe voluto far credere, uno dei tanti banali rimboschimenti più o meno recenti di Pino nero, bensì la più importante formazione spontanea relitta di questa essenza, Pino nero della forma endemica appenninica (Pinus nigra var.italica n.Villetta Barrea), con tutta la straordinaria biocenosi ad essa legata
Franco Tassi, del Centro parchi internazionale, sta conducendo da tempo una dura battaglia contro il taglio indiscriminato di alberi secondo una logica che vuole «gestire» il bosco, mentre, è noto, anche scientificamente oltre che nella tradizione insita nella cultura popolare, che il bosco non ha proprio questa necessità.
Pubblichiamo l’ultima nota pervenuta a proposito della storica pineta di Villetta Barrea.
Il Progetto che, usufruendo di Fondi Europei, punta ad effettuare tagli nella storica Pineta di Villetta Barrea, nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo (il più antico d’Italia, che proprio nel corrente anno 2022 festeggia il suo Centenario) ha suscitato forti reazioni contrarie da parte del mondo scientifico, naturalistico, ecologico, ambientalista e culturale, e persino dalle stesse comunità locali, che hanno avviato un’intensa campagna di informazione, critica e opposizione, con vasta eco nei media, anche all’estero.
Il Centro parchi internazionale, il Centro studi ecologici appenninici e il Gruppo alberi sacri sono stati invitati da alcune Organizzazioni sopranazionali, e da vari Osservatori stranieri, a fornire una sintetica illustrazione della situazione, che ricostruisca la vera storia della Pineta, le motivazioni dei tagli e le ragioni che inducono a escluderli. Nel presente Rapporto la situazione viene illustrata, in base a informazioni acquisite, documentazione consultata e pareri espresso da varie fonti autorevoli.
Ecco qui in sintesi quale risulta, al momento attuale, la situazione reale ed obiettiva, da noi riscontrata.
1.- La storica Pineta di Villetta Barrea, adiacente alla Camosciara, nel cuore del Parco nazionale d’Abruzzo, non rappresenta affatto, come qualcuno avrebbe voluto far credere, uno dei tanti banali rimboschimenti più o meno recenti di Pino nero, bensì la più importante formazione spontanea relitta di questa essenza, Pino nero della forma endemica appenninica (Pinus nigra var.italica n.Villetta Barrea), con tutta la straordinaria biocenosi ad essa legata.
2.- La presenza di questa Pineta fin dai secoli scorsi risulta ampiamente documentata dagli studi storici più attendibili, che ne attestano le passate vicende, tra parziali contrazioni dovute agli usi delle comunità, e periodiche estensioni grazie ad opportune piantumazioni con sementi locali. Per di più, la sua estrema vicinanza alla Camosciara ha fatto sì che l’intera Biodiversità ivi protetta, e quindi tutta la flora e la fauna residuali, si siano progressivamente diffuse nella Pineta, oggetto da lungo tempo di assoluta protezione.
3.- Pretendere di applicare, a questo Biotopo unico del Parco Nazionale, i consueti criteri di diradamento, normalmente adottati nelle diffuse Pinete completamente artificiali, frequenti soprattutto nelle zone planiziarie e antropizzate, sarebbe del tutto fuori luogo, e anche per questo il Progetto è stato subito motivatamente respinto dagli scienziati massimi esperti in materia, sia Botanici come il professor Franco Pedrotti, che Forestali come il professor Bartolomeo Aki Schirone.
4.- Va aggiunto che, ancora più decisamente, sono state respinte le motivazioni alla base del Progetto, che avrebbero voluto presentarlo come efficace mezzo di prevenzione contro il fuoco, anche se è stato ampiamente dimostrato che i tagli e l’apertura di nuovi varchi favorirebbero invece la penetrazione, il disturbo, l’abbandono di rifiuti, gli atti vandalici, il bracconaggio, e l’incendio stesso. Una valutazione negativa, su cui tutti gli esperti interpellati hanno convenuto.
5.- Stupisce comunque che le Istituzioni coinvolte nella vicenda (Ministero, Regione, Comune, Ente Parco) abbiano inteso applicare ad ecosistemi naturali rigorosamente protetti i metodi della normale selvicoltura, come se non si trattasse di ambienti all’interno di un Parco nazionale di fama e rilievo internazionale. Ed ancor piu incomprensibili sarebbero interventi di taglio in zone acclivi e soggette a frane, a ridosso del centro abitato, con evidente aumento del rischio di frane, smottamenti e alluvioni.
6.- La storica Pineta di Villetta Barrea costituisce una parte essenziale del Paesaggio, che in linea con la Convenzione internazionale sul Paesaggio del Consiglio d’Europa, va considerata come vero e proprio «Paesaggio vivente», elemento storico e identitario del territorio, e delle stesse comunità che lo abitano. Va quindi rispettata anche con riferimento a questi valori, che sono stati palesemente richiamati ed espressi dalle ripetute proteste della popolazione contro i Progetti di taglio, su cui non erano state adeguatamente informate, e di cui non condividono la necessità.
7.- Ma oltre alle predette pur incisive osservazioni, il fatto dirimente che esclude ogni possibilità di attuare un Progetto del genere riguarda la totale mancanza di considerazione per la straordinaria Biodiversità custodita nella Pineta. Dove sono presenti la maggior parte delle specie vegetali e animali del Parco, tra cui: Orso bruno marsicano, Camoscio d’Abruzzo, Lupo appenninico, Cervo, Capriolo, Gatto selvatico, Martora, Scoiattolo meridionale, Gufo reale, Picchio nero, Balia dal collare, Picchio dorsobianco di Lilford, Colombella, nonché (da confermare) Lince appenninica (Gattopardo, o Lupo cerviero). Questi dati obiettivi avrebbero dovuto indurre qualsiasi Istituzione responsabile, dotata di competenza e di buon senso, ad escludere qualsiasi intervento selvicolturale, sia pure di quella che, con ineffabile ossimoro, alcuni tagliatori vorrebbero definire «Conservazione Attiva». Vien da pensare che le Autorità coinvolte non siano state informate, o non risultino affatto consapevoli, della importante posta in gioco.
8.- Va aggiunto che alle principali specie floro-faunistiche documentate vanno aggiunte anche molte altre presenze di endemismi, rarità, ed eccezionali entità a rischio di estinzione, protette a livello europeo. Per restare, a mero titolo di esempio, nel solo campo entomologico, la Pineta ospita Coleotteri xylofagi di grande interesse. Le ricerche, avviate dallo scrivente fin dagli anni ’50 del secolo scorso, hanno consentito infatti di redigere una importante Check-List, che passa dalla classica Anthaxia godeti alla Buprestis octoguttata riscontrata più recentemente, fino alla eventuale sopravvivenza (suggerita da alcuni indizi, ma tuttora da confermare), della leggendaria Buprestis splendens, il simbolo internazionale della Biodiversità.
9.- Appare quindi evidente che qualsiasi futuro intervento su Pini neri viventi, senescenti e marcescenti, tronchi cariati o necromassa, potrebbe compromettere seriamente la salvaguardia delle predette specie, in aperta violazione della normativa europea. Configurando l’ipotesi del reato di cui all’articolo 733-bis del Codice Penale, riguardante «Distruzione o deterioramento di habitat all’interno di un sito protetto». Detta norma, qui indicata in calce (*), risale all’anno 2011, e benché risulti finora assai poco applicata, potrebbe risultare decisiva.
10.- Restano infine da comprendere alcuni aspetti problematici e poco chiari di questa singolare vicenda: a) se l’iniziativa in questione sia in relazione con il Progetto di Impianto Termico recentemente approvato dal Comune di Pescasseroli, che prevede un ingente e costante «approvvigionamento di legname, con taglio, esbosco, raccolta ed eventuale accumulo del materiale legnoso»; b) se l’Ente Parco abbia autorizzato questa infrastruttura invasiva, o comunque se ne risulti a conoscenza; c) se si stia preparando un nuovo sfruttamento dei boschi del Parco, destinato ad estendersi a macchia d’olio nei Comuni dell’Alta Valle del Sangro; d) se le Istituzioni coinvolte conoscano bene le normative nazionali e internazionali vigenti in materia, e la stessa Legge quadro sulle Aree protette (1991); e) se dette Istituzioni siano consapevoli del fatto incontestabile che alberi, boschi, foreste e selve di un Parco Nazionale non vanno in alcun caso assoggettate alle stesse regole selvicolturali applicate nei territori esterni, non sottoposti ad alcun vincolo; f) se nella loro gestione abbiano ben chiaro il principio che le straordinarie risorse naturali del territorio non vanno sacrificate o sfruttate per scopi commerciali, come ad esempio i boschi per la produzione di legname da opera; g) se Ministero, Regione, Comune ed Ente Parco vogliano cortesemente fornire, in regime di totale trasparenza, complete informazioni sulla destinazione del legname ricavato dagli eventuali tagli; h) se le stesse Istituzioni abbiano compreso che la missione prioritaria di un Parco è senza dubbio la Conservazione della Biodiversità, tutelando nel modo più attento ed efficace tutti gli Ecosistemi; g) se il Parco abbia elaborato un adeguato Piano di protezione delle foreste, in linea con la propria Zonazione e con le direttive internazionali, intese a conservare anzitutto le selve naturali e seminaturali, e comunque le formazioni boschive delle Aree protette.
(*) Art. 733-bis – Distruzione o deterioramento di habitat all’interno di un sito protetto (1)
Chiunque, fuori dai casi consentiti, distrugge un habitat all’interno di un sito protetto o comunque lo deteriora compromettendone lo stato di conservazione, è punito con l’arresto fino a diciotto mesi e con l’ammenda non inferiore a 3.000 euro.
(1) Articolo aggiunto dalla lettera b) del comma 1 dell’art.1, DLGS 121/2011.
Franco Tassi, Centro parchi internazionale