La Consulta ha sentenziato che i confini di un’area protetta regionale possono anche essere modificati mediante legge regionale, oltre che con il piano per il parco qualora la legge lo prevedesse, seguendo, però, l’iter procedimentale con il quale sono stati determinati i confini originari
In un’articolata sentenza relativa ad alcune norme contenute nella legge regionale del Lazio n. 14/2021 collegata alla legge di stabilità della stessa Regione, la Corte costituzionale si è espressa anche sulle procedure di ridefinizione dei confini delle aree protette regionali.
Il caso analizzato è quello del parco regionale dell’Appia antica i cui confini sono stati modificati, in riduzione, con l’articolo 81 della citata legge regionale. La Consulta ha ribadito che i confini di un’area protetta regionale possono anche essere modificati mediante legge regionale, oltre che con il piano per il parco qualora la legge lo prevedesse, seguendo, però, l’iter procedimentale con il quale sono stati determinati i confini originari «ai sensi dell’art. 22 della legge quadro [la n. 394/1991 n.d.r.], compresa la interlocuzione con le autonomie locali». La riperimetrazione, aggiunge la Consulta, «”si presenta del tutto assimilabile alla istituzione di una nuova area protetta” (sentenza n. 115 del 2022): e detta partecipazione si realizza, per espressa disposizione della richiamata normativa statale, attraverso conferenze per la redazione del documento di indirizzo indicato dal medesimo art. 22».
In particolare, la riperimetrazione del parco regionale dell’Appia antica è frutto di un emendamento presentato direttamente in Aula consiliare durante il procedimento di approvazione della legge regionale e «dal relativo resoconto non è dato trarre alcuna indicazione non solo dell’adozione del documento di indirizzo, così come previsto dalla norma evocata a integrazione del parametro costituzionale, ma neppure della partecipazione degli enti locali interessati al procedimento di riperimetrazione».
La norma della Regione Lazio, impugnata dal governo, è stata quindi dichiarata incostituzionale perché lesiva dell’articolo 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione «in quanto “il mancato coinvolgimento degli enti locali, attraverso la formazione del documento indicato dall’art. 22 della legge quadro, costituisce un vizio della fase procedimentale” (sentenza n. 134 del 2020) che determina l’illegittimità costituzionale della relativa legge».
L’esperienza pugliese
In Puglia, invece, le modifiche ai confini di aree protette regionali sono avvenute con leggi regionali non precedute dall’obbligatoria procedura di coinvolgimento e confronto richiamata dalla Corte costituzionale anche con quest’ultima sentenza. È il caso del parco regionale del Bosco Incoronata (legge regionale n. 41/2013).
Fabio Modesti