Monopoli, quel vincolo non andava messo

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Monopoli
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Il giudizio del Consiglio di Stato

Il caso di un antico fabbricato nelle campagne di Monopoli, in provincia di Bari, a cui è stato apposto un vincolo sull’immobile, con relativa fascia di rispetto, dopo la deliberazione del Consiglio comunale di Monopoli per l’adeguamento del Piano urbanistico comunale al Pptr. E senza che la proprietaria fosse stata messa in condizione di presentare le sue osservazioni prima dell’apposizione del vincolo

Dice il Consiglio di Stato che bisogna essere più attenti nel porre vincoli in un Piano paesaggistico. Nel caso di specie, nel Piano paesaggistico territoriale regionale (Pptr) della Puglia. La questione si è posta nel momento in cui una cittadina, proprietaria di un antico fabbricato nelle campagne di Monopoli, in provincia di Bari, si è vista apporre un vincolo sull’immobile («ucp – componenti culturali – ulteriori testimonianze della stratificazione insediativa»), con relativa fascia di rispetto, dopo la deliberazione del Consiglio comunale di Monopoli per l’adeguamento del Piano urbanistico comunale al Pptr.

Il Comune di Monopoli ha apposto il vincolo su segnalazione della Soprintendenza competente la quale ha sostenuto che l’immobile, pur non essendo esso stesso qualificabile come «testimonianza», era «partecipe di un “vassoio topografico”, ossia di un complesso sistema di testimonianze che strutturano l’area» cioè «“altre tre masserie e due frantoi ipogei, che connotano un contesto di tipo produttivo risultato frequentato e sfruttato già da epoca remota, da cui è possibile astrarre regole e principi formativi (modalità d’uso, funzionalità ambientale, sapienze tecniche) che si sono mantenuti stabili nel tempo”».

Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica

Al di là della complessa ed involuta locuzione della Soprintendenza, la proprietaria dell’immobile ha opposto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica chiedendo l’annullamento della deliberazione del Consiglio comunale di Monopoli. Come procedura vuole, la Presidenza della Repubblica ha chiesto il parere sulla questione al Consiglio di Stato.

La proprietaria ha invocato «la violazione del principio di partecipazione al procedimento di variante urbanistica e paesaggistica incidente sullo status del bene immobile di sua proprietà non avendo l’Amministrazione provveduto a depositare il progetto di “variazione” del pug, impedendole così di presentare osservazioni al vincolo con essa apposto», violando le norme regionali in materia.

Inoltre la proprietaria ha lamentato che «la creazione di un vincolo paesaggistico sul suo immobile sarebbe in sostanza “errata e superficiale” e frutto di un “vero e proprio abbaglio”». L’immobile in questione, ha affermato, non sarebbe una masseria poiché «non rientra neanche fra le masserie individuate da Prg, né in quelle del primo Pug», né vi sarebbe presente una chiesa ma solo i resti di un’edicola privata, come chiarito dalle relazioni tecniche di due professionisti allegate al ricorso.

Infine, è stata impugnata anche l’imposizione di una fascia di salvaguardia perché in violazione del Pptr che consentirebbe tale istituto di tutela «solo in caso di “componenti culturali insediative” ricadenti all’interno di contesti rurali».

La necessità della partecipazione

Il Consiglio di Stato ha accolto le doglianze della proprietaria dell’immobile motivando, nel parere, che se è vero che «la norma regolamentare […] (art. 97, comma 5. del Pptr, N.d.R.) prevede, dunque, all’interno della procedura di adeguamento del Pug al Pttr, una possibile previa e celere procedura di modifica degli elaborati dello stesso Pptr, mediante la pubblicazione sul web e sul bollettino, senza espressamente consentire le osservazioni dei privati incisi da quella modifica», è pacifico tuttavia «che tale norma non possa giustificare, nel caso di specie, l’omissione dell’apporto procedimentale dei privati incisi dall’apposizione di nuovi vincoli, e ciò per due ordini di ragioni.

In primo luogo, essa fa riferimento a proposte che vengano dai Comuni per una più puntuale delimitazione dei beni paesaggistici o di ulteriori contesti, mentre la procedura in concreto seguita dalle Amministrazioni coinvolte ha visto, su proposta della Soprintendenza (e non dei Comuni), la creazione (e non una più puntuale delimitazione) di ben 120 vincoli (ucp)».

In secondo luogo, proseguono i giudici amministrativi, quella norma regolamentare non può che essere interpretata coerentemente con il comma 3. dello stesso art. 97, «che fa salva la pubblicazione e le osservazioni di cui alla legge regionale Puglia n. 20 del 2001 [Norme generali di governo e uso del territorio], e, soprattutto, con il pure menzionato e sovraordinato art. 2, comma 8., della legge regione Puglia n. 20 del 2009 [Norme per la pianificazione paesaggistica], il quale, come visto, prevede la pubblicazione delle variazioni del Pptr e le conseguenti osservazioni dei privati, salvi casi marginali quivi non ricorrenti».

Secondo i giudici amministrativi, quindi, «ad essere stata compromessa è la partecipazione della ricorrente alla variazione del Pttr, apertasi, per come consentito dalle norme regionali, in via incidentale, proprio in sede di adeguamento del Pug. Gli atti impugnati pertanto sono illegittimi e devono essere annullati, nella parte in cui, limitatamente alla proprietà della ricorrente, non l’hanno messa in condizione di presentare le sue osservazioni prima dell’apposizione del vincolo, salva, ovviamente, la riedizione del potere amministrativo, nel rispetto della ricordata partecipazione procedimentale».

La scarsa rilevanza dell’immobile

Quanto all’irrilevanza del fabbricato ai fini della sua tutela e del contesto, come sostenuto dalla proprietaria, il Consiglio di Stato accoglie anche questa doglianza rifacendosi al parere espresso dal «Comitato tecnico di valutazione dell’adeguamento del Pug del Comune di Monopoli al Pptr». Questo organismo aveva verificato che la proposta di tutela avanzata dalla Soprintendenza non era meritevole di accoglimento perché «[…] non si ritiene che nel complesso rurale in esame, per quanto visibile ad un osservatore esterno, si possa riconoscere una espressione dei caratteri identitari del territorio regionale di particolare rilevanza né, tanto meno, un particolare valore paesaggistico».

 

Fabio Modesti