Biodiversità, la proprietà privata può fare la sua parte

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Le proprietà circondate da muretti e recinti di vario tipo, con cordoli in cemento, sono un ostacolo insormontabile per tanti piccoli animali che al contrario potrebbero anche essere utili. Eppure basterebbe poco per agevolare la rete ecologica

In Valpadana, specialmente a nord del Po, la popolazione vive inscatolata. Gli spazi a disposizione della persona normale sono casa sua, il suo giardino o cortile, se ce l’ha, le vie urbane ed il verde urbano. Le vie extraurbane non contemplano l’esistenza di chi cammina a piedi. In pianura non esiste un territorio extraurbano dove si può andare a caso senza trovarsi di fronte a un proprietario accigliato. I demani o patrimoni comunali o statali costituiti da terreni potenzialmente coltivabili sono tutti finiti in uso esclusivo a privati, tanto più gelosi quanto abusivi.

Ormai lontani sono i tempi in cui la proprietà privata come la si intende oggi era limitatissima rispetto al territorio ad uso promiscuo o civico.

Fu Napoleone a dare un taglio netto, d’altronde comprensibile dato che nei secoli ogni contrada aveva accumulato un groviglio di norme d’uso e d’abuso, consuetudini, servitù, regole scritte e non scritte ad infinitum da rendere vago ogni titolo (ci sono ancora situazioni irrisolte). Da allora il possesso esclusivo ha preso piede con protervia e la proprietà privata viene affermata spesso con espressioni esasperate che trovo peculiari di noi altri italiani. Mi vengono in mente le recinzioni delle villette suburbane ormai diffusissime in ogni parte, da Nord a Sud. Specialmente lungo il fronte strada si vedono muraglie ispirate alla «Linea Maginot» anche nell’inefficacia come deterrente all’intrusione umana, la cui imponenza cementizia a volte riesce ad umiliare quello che dovrebbe essere il fabbricato principale, la villetta retrostante.

Le recinzioni

La tecnologia edilizia ha da qualche anno messo a punto un sistema standardizzato di recinzione per i giardini che circondano le case. Il mercato offre una gamma vasta di reti, pannelli, grate, per ogni gusto ma tutto ha un elemento comune: un cordolo di cemento come basamento. Questo si realizza scavando una trincea profonda qualche decimetro lungo tutto il perimetro, vi si pone una cassaforma che spesso supera il livello del suolo in modo da dare forma ad un muretto; indi si fa una colata di cemento. Non ci sono limiti allo sviluppo lineare di questo tipo di recinzione; l’unica interruzione è il varco d’ingresso. Abbiamo decine di migliaia di ettari di zone periurbane, ma anche di piena campagna, sigillate in questo modo, anti biodiversità. Sigillate? Non ci sono solo gli uomini che percorrono la superficie terrestre; pensiamo alla piccola fauna terrestre che vorrebbe entrare e vivere in giardino o nell’orto ma si trova la muraglia cinese di fronte.

Il destino dei rospi…

Il povero rospo è la prima vittima di questo inscatolamento ecologico. Nella vita quotidiana è molto sedentario, vivrebbe di pochissimo spazio, contento in una fessura da qualche parte per uscire la notte alla ricerca di lumache e grilli tra l’insalata dell’orto.  Ma arriva il momento nell’anno che deve trovare una pozza d’acqua per depositare le uova. E lì sono guai. Ha il ricordo atavico dove si andava una volta quando il territorio era percorribile. Si mette  in cammino, ma o viene bloccato da un muro o finisce schiacciato sull’asfalto. Gli esperti dicono che sarebbe di grande beneficio nei nostri giardini e orticelli per il suo grande appetito di invertebrati dannosi alle piante che coltiviamo, ma per la persona media la sua «bruttezza» è, ahimé, un deterrente senza appello.

…quello della talpa

In una situazione rovesciata si trova la talpa. È un animaletto curioso, sinanche simpatico con la sua nera pelliccia vellutata. Vive sottoterra in un labirinto di cunicoli dove cerca lombrichi. La sua presenza si nota per quei montarozzi di terra che si formano quando sale in superficie. Si tratta dei montarozzi che guastano prati all’inglese, l’incubo del giardiniere, ed è ancor peggio per l’orticultore che accusa la talpa di devastare i suoi ortaggi anche se in realtà i criminali sono i furbi topi che approfittano delle talpine gallerie per giungere alle succulenti carote. Sulla statale Romea all’altezza di Rimini c’è la pubblicità di una ditta romagnola che assicura un blitz determinante («siori e siore, venghino, noi risolviamo!») al «flagello» della talpa. D’altra parte il basamento delle recinzioni suddette che penetra per circa 50 cm è di per sé uno sbarramento anche se si dice che la talpa può andar sotto fino a un metro. Qualcuno ha appurato se la talpa riesce a passare sotto le nostre vaste distese asfaltate?

…e quello del riccio

Il riccio, invece, non ha controindicazioni. Grazioso e simpatico animaletto, ha tutte le virtù per essere accolto nei nostri giardini. Grande divoratore di organismi che non ci piacciono (lumache, cavallette, vermi, bruchi, grillotalpe), prende familiarità se gli offriamo una scodella di latte. In Germania è molto popolare ed ha ispirato più di una linea di pupazzi (Mecki) e fumetti (Harry). Normalmente schivo e notturno, ci accorgiamo della sua esistenza quando li troviamo schiacciati sulle strade, in genere in primavera quando si muovono di più, specialmente i maschi ed i giovani. Il riccio si arrampica e nuota bene per cui riesce a sopravvivere nonostante i pericoli delle aree suburbane, anche in virtù della sua fecondità che compensa un’alta mortalità.

Oggi non si parla d’altro che di biodiversità: ebbene, con un po’ di coscienza e di buona volontà chi ha un giardino, magari con un laghetto artificiale, potrebbe favorire una biodiversità su scala piccola compensando la perdita di biodiversità su scala più grande che c’è stata nel territorio extraurbano, come nei campi ad agricoltura industriale. Invece di vedere la presenza di piccoli animali in giardino come qualcosa di non pertinente, vediamola come fauna alla ricerca di accoglienza. Tanto per cominciare un provvedimento potrebbe essere quello di prevedere dei varchi appositi, bastano 10 cm ogni dieci metri lineari, in quei micidiali cordoli di cemento raccontati sopra.

 

Paolo Breber