Editoriale

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La sabbia richiama come prima immagine il trascorrere del tempo. Dà un’idea di stasi, di ultima destinazione della grandezza delle montagne, di disfacimento di rocce un tempo simbolo di potenza e di forza. In futuro ci penseranno poi le ere venture a capovolgere la realtà quando sarà la forza della pressione sottomarina e del tempo a ridare consistenza a nuove realtà geologiche.

Le forze naturali che governano la nostra esistenza si beffano dei nostri affanni e interessi quando della sabbia ne facciamo un uso improprio, quando la dose negli impasti delle costruzioni non sono giustamente equilibrati, quando stendiamo superbamente bracci nel mare per ospitare imbarcazioni senza considerare il movimento delle correnti marine e, a distanze impensabili, il mare si riprende la sabbia lasciando a nudo le coste, con tutte le conseguenze per altri manufatti umani.

La sabbia, come un sonnacchioso gigante, nasconde nell’immensità dei deserti gli strati temporali della storia del pianeta e come questa ha influenzato di conseguenza la storia umana. Una sorta di indicatore temporale che potrebbe insegnare molto all’uomo se solo questi volesse imparare. Come, ad esempio, dal basso della sua ignoranza, considera le distese di sabbia un ambiente inospitale e senza vita…

Ma non vuole imparare, tanto che anche la sabbia per costruzioni (come tanti altri elementi che sfruttiamo irresponsabilmente) sta dando segni di esaurimento. Persino le misurazioni di inquinamento atmosferico che hanno rilevato la presenza di sabbia e conseguenti casi di allergie, non hanno insegnato niente.

L’uomo sembra ineluttabilmente avviato verso un suo ben poco glorioso futuro. A che gli serve studiare, ricercare, conoscere se non trae alcun insegnamento dal suo sapere?

La microplastica è in circolo nei nostri corpi, la concentrazione media mensile del biossido di carbonio è passato da circa 342 parti per milione del marzo 1979 a 425,73 ppm del 24 aprile di quest’anno (secondo l’Osservatorio Meteorologico del Monte Cimone). Secondo uno studio sulla qualità dell’aria redatto dell’Agenzia europea dell’ambiente (Aea), l’inquinamento atmosferico provoca oltre 1.200 morti premature all’anno in persone di età inferiore ai 18 anni in Europa e aumenta significativamente il rischio di malattia nel corso della vita. La Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo) e le Società medico-scientifiche chiedono alle autorità politiche di ascoltare la voce del mondo scientifico e adottare senza ritardi le azioni utili sia a ridurre l’inquinamento atmosferico sia a mitigare il cambiamento climatico poiché «i due fenomeni agiscono sinergicamente sulla salute umana, contrastando o riducendo l’efficacia delle terapie».

E di appelli da parte di scienziati ce ne sono stati tanti. Ma non cambia nulla, forse perché gli appelli sono tanti e la comunicazione è ormai inflazionata.

Ma questo non ci guarisce, forse gli appelli non bastano più. O ci si è rassegnati a morire o gli allarmi sembrano un bluff.

E l’uomo continua così a nascondere la testa sotto la sabbia… Sembra che siano passati invano secoli e secoli di progresso scientifico, la ricerca del benessere ha funzionato come un sonnifero che piano piano ha avvolto tutto in un sonno dell’intelligenza che ci sta portando all’estinzione. Non si riesce a comprendere che i tempi della natura sono diversi da quelli della tecnologia e le forze dei poteri economici evitano che non ci siano distrazioni… Così si bada all’oggi, all’illusione di una eterna giovinezza e bellezza, e quando all’improvviso sorge un problema siamo prima abbandonati da tutti e poi travolti dalle conseguenze. E lo saremo tutti, la direzione sembra già presa. Peccato! Perché le vie di fuga o di risoluzione ci sono e sono tante.

 

Ignazio Lippolis