Elba – Altra nave arenata, santuario in pericolo

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Il Wwf: «L’Italia – conclude l’associazione del Panda – s’è dotata di norme efficaci per la sicurezza della navigazione, bisogna applicarle, ma anche e soprattutto pretendere che, nell’interesse della comunità che vengano rispettate»

Greenpeace è sgomenta per l’ultima tragedia sfiorata stanotte all’Elba, fortunatamente con conseguenze che al momento sembrano relativamente lievi. Il cargo turco Mersa II, lungo 90 metri e battente bandiera panamense, si è arenato nei pressi di Punta S. Andrea: uno dei fondali marini più belli e ricchi di biodiversità dell’Elba, nel Santuario dei Cetacei.

Gli osservatori di Greenpeace sul posto confermano che al momento non ci sono perdite di carburante o altri fluidi in mare. Sulla causa dell’incidente, si sospetta che i marinai a bordo dormissero usando il sistema di navigazione satellitare, «dimenticandosi», però, della presenza dell’Isola d’Elba tra Marina di Carrara e l’Algeria. Insomma, l’ennesimo errore umano.

Greenpeace denuncia da anni l’assenza di gestione e controllo su numerose attività umane che mettono in pericolo il Santuario dei Cetacei, l’area compresa tra Mar Ligure e Alto Tirreno. Tra queste minacce il traffico navale è una delle più evidenti. La dispersione di circa 200 fusti di materiale pericoloso al largo della Gorgona nel dicembre 2011, la tragedia della Costa Concordia nel gennaio 2012 e adesso l’incidente della Mersa II, sono solo la punta dell’iceberg.

«Lo scorso ottobre le regioni Liguria e Toscana avevano promesso a Greenpeace un tavolo tecnico per discutere di misure concrete a tutela del Santuario dei Cetacei. Si tratta dell’ennesima promessa da marinaio fatta da chi protegge il mare solo a parole. Ad oggi, infatti, nessun tavolo e l’ennesima tragedia – ricorda Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace -. Le tecnologie per controllare il traffico marittimo ci sono, ma si sta perdendo troppo tempo».

I fondali di Capo S. Andrea sono tra i più belli dell’Isola d’Elba. L’incrocio delle correnti, da est e da sud, alimenta una biodiversità estremamente complessa. Dal posidonieto che ospita cavallucci di mare, pesci ago e molto altro, fino alle cernie e ai predatori «di passo» come ricciole, barracuda e, occasionalmente, tonni, tonnetti e lampughe. Un mare di colori, dove spugne e gorgonie occupano ogni centimetro quadro di superficie utile.

Greenpeace chiede con forza alle Regioni che si affacciano sull’area e al ministero dell’Ambiente di attivare un percorso serio e puntuale per la tutela del Santuario che, ad oggi, rimane una scatola vuota. Gli incidenti di questi mesi dimostrano chiaramente quanto il livello di rischio che corre una delle aree marine più delicate dei nostri mari sia elevato, e la necessità di agire in tempi brevi senza ulteriori rinvii.

Greenpeace ha già offerto al Comune di Marciana, nel cui territorio è accaduto l’incidente, la propria disponibilità a effettuare una valutazione degli eventuali danni ambientali. Si spera che tali danni restino contenuti all’impatto sul fondale e che siano esclusi nella prossima, delicata, fase di rimozione del relitto.

Il Wwf da parte sua ricorda che «Non si può continuare a considerare il mare “res nullius”, patrimonio di nessuno, abbiamo da marzo le regole per garantire la sicurezza ambientale e della navigazione nelle acque territoriali italiane e bisogna che tutti le rispettino».

Il Wwf ricorda che non solo nel caso dell’incagliamento della nave mercantile all’Elba è stato violato il divieto di navigazione a due miglia dai perimetri esterni dei parchi, stabilito con il decreto ministeriale del 2 marzo di quest’anno, ma si continua a non prendere in considerazione le particolari esigenze di tutela del Santuario internazionale dei cetacei.

«L’Italia – conclude l’associazione del Panda – s’è dotata di norme efficaci per la sicurezza della navigazione, bisogna applicarle, ma anche e soprattutto pretendere che, nell’interesse della comunità che vengano rispettate. Occorre rafforzare controlli e prevenzione migliorando la capacità d’intervento delle capitanerie di porto consentendo loro il costante controllo della navigazione con mezzi tecnologici idonei».