Fare e disfare la realtà: salario minimo dibattito zero

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La direttiva dell’Unione europea adottata dal Consiglio il 4 ottobre 2022, finalizzata a garantire minimi salariali adeguati, ha riacceso il dibattito relativo alla necessità di introdurre un salario minimo fissato per legge anche nel nostro paese. Insieme a Svezia, Danimarca, Finlandia, Austria e Cipro, infatti, l’Italia è ad oggi uno dei sei paesi europei che non prevede un salario minimo.

Nel Regno Unito esiste dal 1999 un salario minimo nazionale. A questo salario, obbligatorio per legge, è affiancato un salario di sussistenza ad adesione volontaria da parte delle imprese. Che è calcolato su due livelli: a livello nazionale e quello della città di Londra.
Milano non è Londra ma potrebbe copiare qualcosa che a Londra esiste già da più di vent’anni: il London Living Wage, ovvero il salario di sussistenza adattato all’alto costo della vita nella metropoli. Che non è il salario minimo obbligatorio, ma una aggiunta ulteriore per far fronte al carovita londinese. Una sorta di «stipendio minimo reale» che le aziende possono adottare volontariamente per i propri dipendenti alle prese con affitti alle stelle, costosi abbonamenti ai trasporti e conti al ristorante salati.
Il salario di sussistenza londinese ha l’obiettivo di integrare il salario minimo nazionale per adattarlo al costo della vita della città. Le aziende aderiscono in modo volontario, seguendo le indicazioni della Living Wage Foundation, una commissione indipendente che pubblica annualmente il livello del salario di sussistenza adattandolo al costo della vita.
Nella commissione, ci sono tutte le parti sociali interessate: datori di lavoro, governo locale e nazionale, sindacati ed esponenti dell’università. Il paniere di beni su cui calcolare il costo della vita londinese viene costruito da un gruppo di individui rappresentativi della popolazione, che stilano liste di prodotti al di là della mera sussistenza «nutrimento-abbigliamento-casa», ma riconoscendo che famiglie diverse fanno fronte a spese diverse. Per questo non viene considerato un unico paniere di beni, ma diciassette panieri diversi, uno per ogni tipo di famiglia.
Si può adattare a Milano? La considerazione preliminare è che il sindaco di Milano, come quello di Londra, non può intervenire direttamente in materia salariale. Ma può rendersi promotore di un’iniziativa volontaria da parte delle imprese.
Nel convegno tenutosi a Palazzo Marino è stato proposto di creare a Milano, sul modello londinese, una commissione indipendente che coinvolgerebbe quindi parti sociali e studiosi e che ogni anno potrebbe calcolare il salario minimo per poter far fronte al carovita cittadino.
Il che (come ha fatto notare nell’incontro in Comune Maurizio Del Conte, docente di diritto del lavoro alla Bocconi) sarebbe un’inversione di metodo rispetto alla proposta di legge del salario minimo a 9 euro l’ora arrivata dalle opposizioni a livello nazionale. La cosa positiva, ha detto, è che qui si parte dai dati, dal costo della vita e dal relativo impatto, per arrivare a una cifra minima.
Le aziende aderenti volontariamente in cambio otterrebbero una certificazione e i relativi benefici in termini di reputazione e attrazione di nuovi candidati.
Intanto, visto che a Roma è calato il silenzio dopo l’affossamento della proposta di legge delle opposizioni sul salario minimo e l’impegno del governo Meloni per una legge delega, qualcosa si muove a livello locale.
A Milano il consigliere comunale Daniele Nahum, del Pd, in realtà già a novembre 2023 aveva fatto approvare un ordine del giorno per impegnare l’amministrazione ad applicare il salario minimo ai dipendenti, anche in appalto, del Comune meneghino.
Livorno, a fine 2023, è stata la prima città a stabilire che i lavoratori impiegati in appalti comunali debbano percepire un minimo di 9 euro l’ora.
A febbraio, a Firenze è stata presa la stessa decisione. E così si stanno muovendo anche diversi piccoli comuni.
Come Pellezzano, in provincia di Salerno, che ha stabilito invece l’obbligo di applicare i contratti maggiormente rappresentativi per le aziende che lavorano in appalto, non andando mai sotto i 9 euro l’ora.
Nessuno di questi sindaci è di centrodestra.

 

Francesco Sannicandro