«La vera causa degli aumenti è la dipendenza dell’Italia dalle fonti fossili e il fatto che il costo della maggior parte dei nostri consumi sia determinato dal prezzo del petrolio sulla piazza di Londra». Una ricerca della Bocconi: i benefici netti delle fonti rinnovabili, al 2030, ammonteranno a 79 miliardi di euro sotto forma di maggiore occupazione, mancata importazione di combustibili fossili, esportazioni nette dell’industria, riduzione del prezzo di picco dell’energia
«Il caro bollette, che arriva come una mannaia sulla fragile economia delle famiglie italiane, non può e non deve giustificare alcuna bugia. La vera causa di questi aumenti non sono gli incentivi alle fonti rinnovabili» commenta Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia in relazione al dibattito in corso tra i membri del governo sugli aumenti dei costi dell’elettricità in Italia.
«La vera causa degli aumenti – prosegue Boraschi – è la dipendenza dell’Italia dalle fonti fossili e il fatto che il costo della maggior parte dei nostri consumi sia determinato dal prezzo del petrolio sulla piazza di Londra. Un prezzo da lungo tempo impazzito. Le rinnovabili pesano sulla bolletta degli italiani per quote proporzionalmente modestissime. Inoltre è singolare il fatto che nel valutare il peso degli incentivi non si tenga quasi mai conto di quello che le misure di sostegno producono. Ce lo ha ricordato l’Università Bocconi, con una ricerca specifica, proprio pochi giorni fa: i benefici netti delle fonti rinnovabili, al 2030, ammonteranno a 79 miliardi di euro sotto forma di maggiore occupazione, mancata importazione di combustibili fossili, esportazioni nette dell’industria, riduzione del prezzo di picco dell’energia. Altri studi dimostrano come già oggi il gettito fiscale dell’unico settore che sta resistendo alla crisi (quello appunto delle energie pulite) compensi gli oneri a carico dei contribuenti».
«Ci si dimentica spesso dei molti altri costi che gravano sulle bollette degli italiani e che certo non servono a sostenere una crescita strategica per il Paese, ma solo a mantenere operativo un sistema energetico vecchio, sporco e arido in termini di occupazione; o a pagare gli sbagli del passato, come per lo smantellamento del nucleare – conclude Boraschi -. Dice bene il ministro Corrado Clini: eliminare il sostegno alle rinnovabili ora sarebbe come aver abbandonato la telefonia negli anni Ottanta, poco prima del boom. Una scelta miope le cui conseguenze si rivelerebbero in un ritardo industriale e d’innovazione cronico e penalizzante».
(Fonte Greenpeace)