La 12. Conferenza mondiale sul clima e il 2. Meeting delle parti sul Protocollo di Kyoto (MOP2) riusciranno a fare i decisivi passi avanti che la situazione richiede? E, soprattutto, riusciranno a trovare le ingenti risorse che occorrono?
Come per il lancio di un CD o di un film, il battage pubblicitario è iniziato puntualmente prima dell’evento. La differenza è che non si tratta di uno spettacolo ma della nostra vita: il clima.
Ma la società contemporanea non fa più differenza e le categorie che ascolta sono solo quelle gridate. Così il crescendo ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica prima il «Rapporto Stern» lanciato dal monito di Tony Blair secondo il quale se non si fa nulla per fermare il riscaldamento globale le conseguenze saranno disastrose. Il pil mondiale potrebbe calare addirittura del 20%, 200 milioni di possibili profughi causa distruzione di intere zone da parte di siccità e alluvioni.
Poi il primo rapporto Onu. Yvo de Boer, il direttore esecutivo del segretariato della Convenzione-quadro sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite (Unfccc) con sede a Bonn (Germania occidentale) nel presentare il primo compendio con i dati dei 41 Stati del mondo che finora hanno aderito al Protocollo di Kyoto, presenta valori per niente rassicuranti visto che il «dare» e l’«avere» è negativo per il clima.
Infine l’Organizzazione mondiale meteorologica segnala gli ultimi incrementi di gas serra nell’atmosfera e l’esperto dell’Omm, Geir Braathen, avverte che l’attuale Trattato internazionale non basterà a stabilizzare le emissioni e sarebbero invece necessarie misure più incisive.
E ultimissimo è arrivato un altro allarme segnalato già da anni: la morte a breve delle barriere coralline.
Ma qual è la novità? Di cosa si meravigliano i decisori e i media? Dov’erano quando nel 1988 il World Meteorological Organization (Wmo) e l’United Nations Environment Programme (Unep) fondarono l’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) per studiare le variazioni del clima?
Noi ci ricordiamo benissimo la strada in salita che ha dovuto affrontare l’Ipcc, l’ironia contro le visioni catastrofiche e la controinformazione messa in atto da quei governi che mettono al primo posto l’economia e i loro affari al bene comune di tutti.
Così l’effetto serra è aumentato indisturbato negli ultimi 150 anni con una rapidità di 200 volte maggiore rispetto a prima, nel 2005 si segnala un aumento record di CO2 di +0,53. Gli oceani negli ultimi due secoli sono aumentati di ben due millimetri l’anno, cioè del doppio rispetto agli ultimi 5 millenni. I ghiacciai regrediscono ovunque. Lo zero termico si è innalzato di circa 200 metri negli ultimi dieci anni.
La 12. Conferenza mondiale sul clima e il 2. Meeting delle parti sul Protocollo di Kyoto (MOP2) di Nairobi riusciranno a fare i decisivi passi avanti che la situazione richiede? E, soprattutto, riusciranno a trovare le ingenti risorse che occorrono?
Il pessimismo è tanto perché al fondo vi sono visioni della società lontane dagli attuali modelli di vita a giudicare dalle culture e dalle pressioni economiche esistenti. Realtà variegate da mettere d’accordo: dagli Usa alla Cina, dal Brasile all’India.
Decisamente ha ragione Serge Latouche quando nel suo «Manifesto del doposviluppo», sostiene, fra le altre cose, che «…bisogna concepire e volere una società nella quale i valori economici non siano più centrali (o unici). L’economia deve essere rimessa al suo posto come semplice mezzo della vita umana e non come fine ultimo… Bisogna rinunciare a questa folle corsa verso un consumo sempre maggiore… Si tratta di mettere al centro della vita umana altri significati e altre ragioni d’essere che l’espansione della produzione e del consumo» … «Chi crede che una crescita esponenziale possa proseguire all’infinito è un folle. Oppure un economista».
Avevamo già sentito affermazioni simili negli anni Settanta, ricordate il Club di Roma? Ma quelli furono presi per pazzi.
Ignazio Lippolis