Allarme della Eea sull’aumento dell’uso delle coste per la recezione di un turismo sempre più aggressivo. Le responsabilità dei cambiamenti climatici
L’habitat unico delle zone costiere europee è sempre più minacciato a causa della sua stessa popolarità. Queste sono le conclusioni contenute in una nuova relazione dell’Agenzia europea dell’ambiente (Aea), presentata nei giorni scorsi a Copenaghen.
«The changing face of Europe’s coastal areas» (I mutamenti delle zone costiere in Europa) mette in guardia dalla rapida accelerazione dell’occupazione dei suoli costieri, principalmente a favore dell’industria del turismo e del tempo libero, che minaccia il delicato equilibrio dei relativi ecosistemi. Ad esempio, circa due terzi delle zone umide in Europa (la maggior parte delle quali è situata lungo le coste) sono andati perduti sin dall’inizio del XX secolo. In base alla relazione, lo sviluppo costiero lungo il Mediterraneo è responsabile del cosiddetto «muro mediterraneo», con oltre il 50% dei litorali invaso dal cemento.
«Le nostre coste rappresentano ecosistemi ricchissimi in termini di numero e di varietà della flora e della fauna. Per altro, esse fungono da porte di accesso dell’economia in Europa, costituiscono una parte integrante del tessuto di molte culture e sono importanti per la nostra qualità di vita», ha dichiarato la prof.ssa Jacqueline McGlade, direttore esecutivo dell’Aea.
«Se vogliamo proteggere le nostre zone costiere, è necessario considerarle non solo come parchi di divertimento o corridoi di trasporto, dotati di un potenziale edilizio, ricreativo e di trasporto illimitato, ma dobbiamo riconoscere che sono dei sistemi fragili, determinanti per la qualità del paesaggio e delle attrattive turistiche centrali per molte comunità», ha aggiunto la prof.ssa McGlade.
Nella relazione si legge inoltre che i livelli di densità di popolazione lungo le zone costiere europee sono aumentati, e seguiteranno ad aumentare, più rapidamente di quelli nell’entroterra. Nel decennio 1990-2000, le superfici artificiali lungo le zone costiere (composte principalmente da strade e costruzioni) sono aumentate in quasi tutti i paesi europei. Lo sviluppo più rapido è stato registrato in Portogallo (aumento del 34 % in dieci anni), Irlanda (27 %), Spagna (18 %), seguiti da Francia, Italia e Grecia. La linea costiera maggiormente colpita è quella del Mediterraneo occidentale. La ristrutturazione economica, derivante in gran parte dagli aiuti comunitari, è stata un volano per l’ampliamento delle infrastrutture, che a loro volta hanno aperto la strada allo sviluppo edilizio.
Nella relazione si sostiene inoltre che i mutamenti climatici, una popolazione che invecchia ed è più benestante, uniti ad un aumento delle offerte di pacchetti per il tempo libero e viaggi a buon mercato, causano nell’insieme una pressione che sta portando i litorali europei al collasso. «È sufficiente pensare alle infrastrutture necessarie affinché una famiglia del nord dell’Europa possa raggiungere una spiaggia spagnola: ad esempio politiche e sussidi nel settore dei trasporti, accordi per le frontiere e finanziamenti. Si pensi ancora all’impatto complessivo sulla destinazione finale. Il turismo contribuisce localmente ai livelli di reddito ed occupazionali, ma comporta anche inquinamento e degrado dell’ecosistema in aree scarsamente dotate di politiche di tutela e poco preparate a sostenere un sovraccarico di utilizzo. Ancorché l’impatto si manifesti a livello locale, si richiedono una pressione e soluzioni a livello paneuropeo», ha proseguito la prof.ssa McGlade.
Malgrado le difficoltà che presenta l’attuale situazione, sussistono nuove opportunità per affrontare la questione dei litorali mediante un approccio globale che tenga conto del mosaico delle nostre coste, composto da fiumi e bacini, litorali e regioni marine. La relazione accoglie pertanto favorevolmente l’attuale implementazione del programma «gestione integrata delle zone costiere» (Iczm), rivisto dalla Commissione europea nel 2006.
«La storia delle iniziative politiche assunte a tutela dei litorali europei è lunga, tuttavia tali iniziative non sono mai state attuate in maniera integrata. L’Iczm riunisce tutte le principali parti interessate, secondo una prospettiva a lungo termine, in un’ottica di bilanciamento delle esigenze di sviluppo con quelle di tutela delle stesse risorse che sostengono l’economia delle zone costiere. Il programma tiene inoltre conto delle preoccupazioni dei cittadini di fronte al degrado ambientale, socio-economico e culturale delle coste europee», ha concluso la prof.ssa McGlade.
Le coste europee: fatti e cifre
? L’80 % dell’inquinamento marino proviene da attività umane sulla terraferma.
? Si riscontra una maggiore densità di popolazione sui litorali rispetto all’entroterra. In Europa, la densità di popolazione delle regioni costiere (Nuts3) è in media superiore del 10% a quella dell’entroterra. Peraltro, in talune regioni, questo rapporto supera il 50 %, mentre in molte altre la popolazione costiera è almeno cinque volte superiore alla densità media europea.
? Nel decennio 1990-2000, le superfici artificiali sono aumentate di un’area pari a 190 km2 ogni anno. Il carattere irreversibile dei mutamenti derivanti dal cambiamento di destinazione d’uso delle aree naturali a favore di aree urbane ed infrastrutture, rappresenta una delle più gravi minacce alla sostenibilità delle zone costiere. Il 61 % dell’incremento delle superfici artificiali è dovuto alla costruzione di abitazioni, servizi e strutture per il tempo libero.
? Il numero di specie invasive nei mari europei è aumentato sostanzialmente tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta, in modo particolare nel Mediterraneo. Controllare l’effetto della loro presenza sugli ecosistemi costieri originari sta diventando difficile e costoso. Il caso della medusa Mnemiopsis leydyi è esemplificativo. Un’esplosione demografica di questa specie di meduse si è verificata con il loro arrivo, trasportate nell’acqua delle zavorre delle navi, verso la fine degli anni Ottanta, con conseguenze devastanti per il patrimonio ittico del Mar Nero, la popolazione di ostriche e di meduse autoctone (v. AEA, 200- 5b). Queste meduse sono in qualche modo riuscite ad arrivare fino all’isolato Mar Caspio, causando serie modificazioni all’intero ecosistema (Karpinsky et al., 2005).
? Dalla fine dell’Ottocento la temperatura superficiale globale del mare è aumentata in media di 0,6 °C. Al risultato del surriscaldamento della superficie del mare sono conseguite sia una redistribuzione che una perdita di organismi marini ed un’intensificazione delle fioriture di fitoplancton anomale e tossiche.
(Fonte Arpat)
(10 Luglio 2006)