Fare e disfare la realtà: e i profughi ambientali?

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L’impatto della crisi climatica sui flussi migratori: «Casa di mia nonna non c’è più. Ora c’è l’acqua», racconta Awlad Hossein, originario del distretto di Shariatpur.

Il Paese asiatico è uno dei più minacciati dalle alluvioni e dall’innalzamento del livello del mare: fenomeni che potrebbero diventare cause sempre più dirette delle migrazioni verso l’Europa.
In Bangladesh alla fine del 2023 c’erano cinquantacinquemila sfollati interni a causa di disastri ambientali.
«Il Bangladesh è un’enorme pianura alluvionale. Ci sono oltre settecento fiumi e circa settecentodieci chilometri di costa. È completamente circondato dall’acqua e, quindi, sensibile all’innalzamento dei mari». L’innalzamento del livello del mare comporta da un lato che alcune aree vengano invase dall’acqua, dall’altro l’avanzamento del cuneo salino. È un fenomeno che si verifica quando l’acqua salata riesce a penetrare nel corso del fiume e che ha tra le sue conseguenze l’erosione degli argini e l’infertilità dei terreni coltivati.

Oltre all’innalzamento dei mari, le coste sono colpite dal passaggio di cicloni. Il 26 maggio l’ultimo, il ciclone Remal, ha provocato diciassette vittime. In totale ha distrutto oltre trentacinquemila case e in più ne ha danneggiate quasi centosedicimila. Inoltre, il ciclone Remal, con una durata eccezionale di trentasei ore, è stato uno dei più lunghi ad abbattersi sul Paese. La crisi climatica ha avuto un impatto su questo triste record. L’insieme di questi fattori genera un flusso migratorio interno verso la capitale: «Ogni giorno circa duemila persone si spostano dai villaggi rurali minacciati dagli eventi meteorologici estremi per andare a Dhaka». A causa dei continui arrivi, la città diventa sempre più popolata. Con lei crescono le sue periferie e i basti, così vengono chiamate le «baraccopoli» nel subcontinente indiano. «Questa migrazione interna influisce sulla qualità della vita di Dhaka, sempre più sovraffollata. Di conseguenza, molte persone decidono di migrare».
Ma emigrare implica avere risorse economiche e chi vive nelle aree più a rischio non riesce a mettere da parte cifre simili. Allo stesso tempo, la qualità della vita che si crea nelle città a causa del sovraffollamento e dell’arrivo di migranti climatici, diventa insostenibile. Questo meccanismo è destinato a smettere di funzionare, a incepparsi.
A lungo andare questa situazione non potrà tenere.
Come Awlad Hossein, anche Palash Rahaman vive in provincia di Venezia, precisamente a Favaro Veneto. Rahaman è arrivato in Italia nel 2001. In vent’anni ha visto la comunità bengalese crescere. Al suo arrivo a Mestre, dopo aver vissuto qualche anno a Bolzano, i negozi che vendevano cibo, giornali e videocassette bengalesi erano solo due. Così come due erano le associazioni che organizzavano le attività culturali e religiose della comunità. «Adesso quelle due organizzazioni non esistono più, ma ce ne sono almeno altre trenta più piccole», racconta. Lavorando in veste di giornalista anche Rahaman, come Hossein, ha visto gli effetti degli eventi climatici estremi. Ma nessuno dei due è partito per sfuggire alla crisi ambientale.

 

Francesco Sannicandro