Israele-Hamas, ultimatum Usa su accordo: “Prendere o lasciare”

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(Adnkronos) – Un accordo "prendere o lasciare". Per un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e il rilascio degli ostaggi trattenuti nell'enclave palestinese dall'attacco del 7 ottobre scorso in Israele. Fra gli ostaggi ci sono cittadini Usa e l'Amministrazione di Biden lavora da mesi con Egitto e Qatar per definire un'intesa. Per il presidente degli Stati Uniti l'accordo finale tra Hamas e Israele è "molto vicino", ma il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, "non sta facendo abbastanza". Secondo il Washington Post, gli Stati Uniti hanno parlato con Il Cairo e Doha delle linee di un accordo "prendere o lasciare" che intendono presentare nelle prossime settimane a Israele e Hamas. 
Se le parti non dovessero accettarlo, potrebbe essere la fine dei negoziati promossi dagli Usa, sottolinea il giornale americano che cita un funzionario Usa di alto livello secondo il quale Stati Uniti, Egitto e Qatar lavoravano alla definizione di un'intesa del genere già prima dell'ultimo ritrovamento dei corpi di sei ostaggi rapiti durante l'attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 in Israele. E' uno sviluppo che "fa deragliare l'accordo? No, in caso, dovrebbe aggiungere ulteriore urgenza alla fase conclusiva, in cui già ci trovavamo", ha commentato la fonte. Mentre in Israele crescono le pressioni sul premier Benjamin Netanyahu, nel mirino di contestazioni, e non solo dei familiari degli ostaggi ancora trattenuti nella Striscia di Gaza. Criticato anche per le 'nuove' richieste, come quella di mantenere una presenza militare israeliana lungo la Philadelphi Route e il 'corridoio' di Netzarim, due aree strategiche, una al confine tra la Striscia di Gaza e l'Egitto e l'altra a sd di Gaza City. Per Dennis Ross, ex ambasciatore americano in Israele, difficilmente cambierà posizione il leader di Hamas a Gaza, Yahya Sinwar, perché – ha osservato, come riporta il Post – nessuno è in grado di fare pressioni su di lui, ma resta da vedere se il pressing all'interno di Israele possa costringere Netanyahu a un impegno 'più serio' nei negoziati. "Per ora (Sinwar) aspetterà di vedere se lo sciopero generale in Israele porterà a un ammorbidimento delle condizioni di Netanyahu – ha detto Ross in un'intervista – Lo sciopero è a sostegno dei parenti degli ostaggi e del loro punto di vista secondo cui è fallita la strategia di Netanyahu, sia per quanto riguarda i negoziati che per l'aumento della pressione delle forze israeliane (Idf) su Hamas". La scorsa settimana i funzionari Usa stavano negoziando alcuni degli ultimi dettagli di una "proposta ponte" sottoposta a Israele e Hamas per cercare di superare le divergenze e i colloqui in quei giorni si sono concentrati soprattutto su quali ostaggi sarebbero stati liberati e quali sarebbero stati i detenuti palestinesi rilasciati dalle carceri israeliane, alcuni dei quali detenuti senza processo, come ha spiegato uno dei funzionari citati dal Post. Per quanto riguarda gli ostaggi, la prima fase dell'accordo include donne, anziani, malati e feriti. Nell'elenco, ha confermato la fonte, c'erano anche il 23enne americano Hersh Goldberg-Polin, ucciso dai suoi rapitori – secondo i militari israeliani – così come due donne, Carmel Gat e Eden Yerushalmi, i cui corpi sono fra i sei ritrovati sabato scorso dalle Idf. E, hanno confermato due funzionari dell'Amministrazione Usa citati dal Post, i negoziati sono diventati più complicati ora che è stata confermata la morte dei sei ostaggi. Va tutto rinegoziato. E, ha rimarcato la fonte, il fatto che Hamas abbia ucciso gli ostaggi con i negoziati in corso "mette in dubbio" la serietà del gruppo nei colloqui. "Retorica a parte, Netanyahu non ha mai dato priorità alla liberazione degli ostaggi. Per ora, sarà sotto forti pressioni interne per accettare un accordo di cessate il fuoco che salvi i restanti ostaggi – ha commentato Frank Lowenstein, ex funzionario del Dipartimento di Stato che lavorò ai negoziati israelo-palestinesi del 2014 – Se aspetta, con il tempo un minor numero di ostaggi vivi potrebbe significare un minor numero di prigionieri palestinesi da liberare e quella che considera una posizione negoziale più favorevole".  —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)