Mediterraneo, un mare protetto solo sulla carta

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Non è ancora chiaro se il 2012 sarà l’anno della catastrofe o il tempo del riscatto, ma come partenza non c’è male: iniziamo con un bel naufragio. Poco rispetto per Parchi marini e coste

L’anno della paventata «fine del mondo» è incominciato con una serie di eventi inattesi, ma emblematici, tra cui spicca soprattutto il naufragio della nave da crociera Costa Concordia accanto all’Isola del Giglio. Che l’incidente sia stato subito etichettato come metafora di un Paese che sta affondando in crisi di ogni genere è ormai ben noto. Ma la catastrofe mediterranea viene pure eletta a paradigma di un continente in disarmo, in un mondo travolto da crescenti difficoltà finanziarie, economiche, sociali, etniche, ecologiche e politiche. La vicenda ha occupato per settimane i paginoni dei quotidiani e le prime serate televisive, vivisezionando all’esasperazione ogni dettaglio appariscente, ma trascurandone forse altri ben più importanti…

E allora proviamo per un attimo a riflettere. Il naufragio è avvenuto nel cuore del Tirreno, di fronte al Parco naturale regionale della Maremma, presso il Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano, e nel cuore del Santuario internazionale dei Cetacei: e quindi in una delle zone del Mediterraneo che dovrebbero essere più rigorosamente protette e sorvegliate. Emergono però particolari sorprendenti, su cui le cosiddette autorità competenti preferiscono «glissare». Primo, proprio qui avveniva di tutto, una specie di carnevale nautico fuorilegge, nel silenzio quasi generale. Secondo, il Parco della Maremma non gode di tutela sufficiente sul fronte marino, ma sembra che la questione non lo riguardi troppo. Terzo, il Santuario delle Balenottere era poco più di una amena finzione sulla carta, ma nessuno se ne stava occupando davvero. Quarto, molti Enti locali si opponevano strenuamente alle norme di tutela, e non volevano saperne del Parco. Quinto, in fondo la vera «missione sovrana», la tutela del mare, non importava molto a coloro che detenevano il vero «potere decisionale». E potremmo ancora continuare… Ma non ci rendiamo conto di essere di fronte a un vero e proprio «scandalo internazionale»?

Proviamo allora ad allargare lo sguardo, e a volare più alto, perché problemi del genere coinvolgono in realtà tutto il Mar Mediterraneo, il mare più bello, più vissuto e più importante del mondo: che oggi sembra sempre più destinato a trasformarsi da «mare nostro» in «mare mostro». In questi anni i mari italiani, che già da tempo erano considerati comode pattumiere per veleni e rifiuti, stanno diventando sempre più vere e proprie «gruviere»   di scavi, prospezioni e trivellazioni alla rincorsa del petrolio, con serissimi rischi per i litorali, mentre nessuno si preoccupa della eccessiva prossimità a siti di alto pregio storico e ambientale, come gli Arcipelaghi Circumsiciliani e la Laguna Veneta. Del resto, non siamo forse lo stesso popolo che nel nome della sfrenata industrializzazione nel dopoguerra aveva avuto il coraggio di sfregiare anche luoghi mitici come Venezia, Taranto, Cagliari e Siracusa?

Contro questa incosciente devastazione ecologica si sono levate voci autorevoli, come quella della docente dell’Università della California Maria Rita D’Orsogna, premio Nobel per l’Ecologia di origine abruzzese. Insignita del titolo di Ambasciatore della Natura del Centro Parchi Internazionale, e poi sentita dalle Commissioni Ambiente e Industria del Senato, ha sciorinato dati inoppugnabili, come quello (palesemente ignorato o dimenticato dai nostri parlamentari) dell’obbligo assoluto di rispettare adeguate distanze dalla costa, ancor più se si tratti di aree marine protette. Rivelando ai Senatori filo-petrolieri che, mentre in Italia si discute accanitamente se operare a 5 o a 10 miglia marine da litorali di sogno, negli Usa non ci si può permettere di avvicinarsi a meno di 100 miglia (vale a dire 160 km).  E malgrado questo, come ci ricorda il caso del Golfo del Messico, i rischi e i danni non mancherebbero davvero.

Ma cosa direbbe di noi il mondo se un giorno dovesse verificarsi il classico incidente petrolifero o l’affondamento di una nave da crociera non troppo lontano da Piazza San Marco?