Grandi rischi – Ecco che cosa è cambiato

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La commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi riveste un ruolo strategico di collegamento tra il mondo accademico e il Dipartimento di protezione civile che informa gli Enti Locali sulle pericolosità e rischi a cui può essere esposta la popolazione

Lo scorso dicembre è stato pubblicato il decreto del Presidente dei Ministri che, abrogando il precedente decreto del 2006, definisce la riorganizzazione della commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi.
La commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi riveste un ruolo strategico di collegamento tra il mondo accademico e il Dipartimento di protezione civile che informa gli Enti Locali sulle pericolosità e rischi a cui può essere esposta la popolazione. Sulla base delle informazioni gli Enti Locali adottano ogni atto motivato e provvedimento urgente per prevenire, mitigare ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità della popolazione.

La commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi è l’organo consultivo e propositivo del sistema nazionale della protezione civile su tutte le attività volte alla previsione e prevenzione delle varie ipotesi di rischio, previsto dall’art. 9 della Legge 24 febbraio 1992, n. 225 «Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile». La norma stabilisce che la commissione fornisce le indicazioni necessarie per la definizione delle esigenze di studio e ricerca in materia di protezione civile, procede all’esame dei dati forniti dalle istituzioni e organizzazioni preposte alla vigilanza degli eventi calamitosi e alla valutazione dei rischi connessi e degli interventi conseguenti, nonché all’esame di ogni altra questione inerente alle attività di protezione civile.
La commissione nazionale ricopre un ruolo importante di consulenza tecnico-scientifica del Dipartimento della protezione civile. La composizione e le modalità di funzionamento della commissione stessa sono definite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del capo del Dipartimento della protezione civile.
La nuova commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi si articola in un ufficio di Presidenza e in cinque settori inerenti alle diverse tipologie di rischio: settore rischio sismico; settore rischio vulcanico; settore rischi meteo-idrologico, idraulico e di frana; settore rischi chimico, nucleare, industriale e trasporti; settore rischio ambientale e incendi boschivi. Sono state eliminate le sezioni, contenute nell’analogo decreto del 2002, relative al rischio trasporti, attività civili e infrastrutture; al rischio ambientale e sanitario; alla difesa dei beni culturali dai rischi naturali e di origine antropica.

L’ufficio di Presidenza è composto da un presidente emerito, da un presidente e da un vicepresidente con funzione anche di presidente vicario, scelti tra indiscusse e riconosciute personalità di alto prestigio scientifico, culturale e istituzionale, e dai referenti dei settori di rischio. Ogni settore di rischio è composto da rappresentanti dei 13 Centri di competenza, e da altri esperti di comprovata esperienza in materia, per un numero complessivo compreso tra 5 e 12. I centri di competenza collaborano a livello funzionale e operativo al sistema di allerta nazionale composto dalla rete dei centri funzionali e dalle strutture regionali e gestito dal Dipartimento della protezione civile e dalle Regioni. In particolare contribuiscono a raccogliere informazioni utili alla previsione, monitoraggio e sorveglianza dei vari tipi di fenomeni. La Commissione dura in carica cinque anni e si riunisce di regola per singoli settori di rischio o, per l’esame di questioni interdisciplinari o di particolare rilevanza, a settori congiunti. La Commissione, inoltre, si riunisce in seduta plenaria almeno una volta l’anno per la verifica delle attività svolte e per la programmazione annuale delle iniziative.

La Commissione uscente ha concluso il suo mandato con una pesante accusa che sarà dibattuta prossimamente, infatti, sette membri il 25 maggio dello scorso anno, sono stati rinviati a giudizio dal Tribunale di L’Aquila per le decisioni prese nella riunione del 31 marzo 2009, pochi giorni prima del terremoto del 6 aprile. Il fatto è di estrema importanza sia per gli aspetti scientifici sia per gli aspetti sociali a esso collegati. L’accusa è «per colpa consistita in negligenza imprudenza, imperizia in violazione altresì della normativa generale della Legge n. 150 del 7 giugno 2000 in materia di disciplina delle attività d’informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni», poiché in occasione della riunione precedente pochi giorni il terremoto, non hanno fornito agli Enti Locali gli elementi per una prevenzione dei danni che il sisma poteva causare alla popolazione.
Il giudice non imputa agli accusati il fatto che non avessero previsto la scossa, perché prende atto e concorda con la comunità scientifica internazionale che a oggi non è possibile fare previsioni sull’accadimento di un forte terremoto, anche quando vi è una sequenza sismica in atto, ma che l’analisi della situazione, in occasione della riunione del 31 marzo, sia stata fatta con superficialità, che non si siano prese le più elementari misure precauzionali, non siano stati forniti gli elementi necessari per mettere in atto comportamenti prudenti e siano state comunicate alla stampa informazioni fuorvianti che hanno indotto molte delle persone, alcune delle quali hanno perso la vita, a rimanere a casa, cosa che non avrebbero fatto nel caso il messaggio fosse stato meno rassicurante.
Nell’ambito della protezione civile l’elemento più importante di congiunzione tra il mondo accademico e la popolazione ha avuto un inaspettato difetto di comunicazione.