Poiché, a tutt’oggi, non esiste alcuna cura né alcun modo di prevenire l’insorgenza e lo sviluppo della Pkd, si consiglia di testare sempre i riproduttori prima di metterli in monta
La Pkd (Sindrome del Rene Policistico) è un disordine renale ereditario, riportato in letteratura solo dal 1967. Tipicamente, già alla nascita, in entrambi i reni sono presenti numerosissime cisti. Le cisti non sono altro che cavità piene di liquido, che aumentano di volume col crescere dell’animale, fino a raggiungere anche i 2,5 cm di diametro. Il rene di un gatto colpito da Pkd può ospitare da 20 a 200 cisti.
Razze portatrici
La razza più colpita è, senza dubbio, quella dei Gatti Persiani. Tuttavia, possiamo ritrovare la malattia anche in altre razze di gatti, che in passato furono incrociati con i Persiani. È il caso delle seguenti razze: Exotic Shorthair, Selkirk Rex, British Shorthair, Scottish Fold, Sacri di Birmania, Ragdoll, American Shorthair, Devon Rex, Maine Coon, Norvegesi delle Foreste, Sphynx, Orientali, Cornish Rex, Abissina, Somala, Manx e Burmese.
Sintomi
Non sempre un gatto portatore manifesta segni di malattia. Ciò dipende da innumerevoli fattori, primi fra tutti la dimensione ed il numero di cisti presenti in entrambi i reni. L’insufficienza renale diventerà evidente solo quando le cisti occuperanno troppo spazio, alterando la normale architettura del parenchima renale e, di conseguenza, compromettendo la sua funzione fisiologica, fino a raggiungere il blocco renale. Animali con poche o piccole cisti probabilmente non si ammaleranno mai. I primi segni di malattia sono poco specifici e compaiono fra i 3 ed i 10 anni d’età dell’animale. Innanzi tutto, aumenteranno frequenza e quantità di abbeveramento (polidipsia) e minzione (poliuria). Successivamente, con l’aggravarsi della situazione, il gatto può perdere appetito e dimagrire, il pelo diventerà meno luminoso e, saltuariamente, potranno esserci episodi di vomito e di alitosi. Spesso si può ritrovare anche del sangue nelle urine (ematuria).
Trattamento e profilassi
Poiché, a tutt’oggi, non esiste alcuna cura né alcun modo di prevenire l’insorgenza e lo sviluppo della Pkd, si consiglia di testare sempre i riproduttori prima di metterli in monta. L’unico mezzo di profilassi, infatti, resta quello di eliminare dalla riproduzione i soggetti positivi al test per la Pkd.
L’inizio del trattamento di un animale malato dovrebbe essere quanto più precoce possibile. Lo scopo è quello di cercare di idratare l’animale, con fleboclisi o ipodermoclisi di soluzione fisiologica almeno 2 giorni a settimana, fino stabilizzazione. Successivamente, si può operare sulla dieta dell’animale, somministrando mangimi commerciali ipoproteici ed a scarso contenuto di fosforo. Nei casi più gravi, il protocollo prevede l’utilizzo di farmaci Ace-inibitori e di antibiotici, in caso di necessità.
Diagnosi
La diagnosi tradizionale è basata su ecografia ed esami di laboratorio. L’ecografia è un esame facilmente eseguibile, che, nella maggior parte dei casi, non necessita neanche della sedazione dell’animale. Il gatto viene tosato sui fianchi o intorno all’ombelico, aree su cui viene apposta la sonda per esaminare i reni. Gli ultrasuoni sono utili sugli animali anziani, perché permettono di valutare sia la numerosità che le dimensioni delle cisti renali, tuttavia è necessario affidarsi ad un veterinario esperto che abbia anche la strumentazione adatta. Questo discorso non vale per i gatti giovani, i quali potrebbero avere cisti talmente piccole da non essere evidenziabili dall’ecografo. In questi casi, il mezzo diagnostico più affidabile è, senza dubbio, un test genetico. Per farlo basta un semplice prelievo di sangue o di saliva: il risultato si ha, all’incirca, dopo 2 settimane.
Analisi di laboratorio di routine, quali emocromo, profilo biochimico dei parametri ematici ed esame delle urine, aiuteranno il clinico a quantificare il danno ed ad impostare una corretta terapia. Per questo motivo, nei gatti malati, si consiglia di ripetere questi esami ogni 6 mesi.
Pkd: ereditarietà
La Pkd è una malattia ereditaria, dovuta ad una mutazione genetica. Il gene anomalo non è localizzato sui cromosomi sessuali, per cui la malattia si definisce «Autosomica» e può colpire gli individui sia di sesso maschile sia femminile. Il gene responsabile della Pkd è anche dominante, ciò significa che basta un solo genitore positivo per trasmettere la malattia al gattino. Nel caso in cui entrambi i genitori trasmettono il gene mutato, il gattino sarà un omozigote dominante, che, molto probabilmente morirà prima o poco dopo il parto.
Poiché i geni derivano sia dal padre sia dalla madre, il corredo genico di un individuo è duplicato. Ciò significa che un gatto positivo non sempre genera gattini positivi. Le probabilità statistiche sono le seguenti:
- Entrambi i genitori Pkd negativi: tutti i gattini saranno Pkd negativi;
- Entrambi i genitori eterozigoti: i gattini hanno il 75% di probabilità di ereditare la Pkd;
- 1 genitore Pkd negativo + 1 genitore eterozigote: i gattini hanno il 50% di probabilità di ereditare la Pkd.
Come gestire la Pkd in un allevamento
Come già accennato, il primo passo consiste nell’identificazione di tutti i soggetti positivi, al fine di escluderli dai piani di allevamento. Sarebbe auspicabile che ogni allevatore eseguisse lo screening dei propri riproduttori.
Il test del Dna è il mezzo più economico e sicuro, perché permette di avere un risultato invariabile nel tempo con un attendibilità del 100%.
Bibliografia
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