Le risposte del prof. Franco Tassi

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1 – Il bracconaggio è un fenomeno purtroppo sempre esistito e non facile da debellare. Ma ciò che sta accadendo da qualche anno nel Parco d’Abruzzo è ben altra cosa: orsi avvelenati, cervi decapitati, lupi impallinati… Per non dire degli orsi «deviati» con cibo ed esche olfattive, a due passi da villaggi abitati da popolazioni, che sembravano aver fatto della conservazione della natura una vera missione, anche perché sicura garanzia di futuro benessere.
La prima cosa che le autorità responsabili dovrebbero fare è render noti, in nome della trasparenza spesso invocata, i veri dati sulle morti di animali verificatesi dal 2002 ad oggi, almeno per le specie di maggior rilievo: non solo a causa del bracconaggio, ma anche di incidenti o errori nelle catture. Mentre il frequente ricorso al comodo alibi delle «cause naturali» di decesso appare francamente poco attendibile. Solo con la chiara esposizione all’opinione pubblica internazionale della gravità e del rilievo del problema, si potrà sperare di riuscire a raccogliere comunità locali,turisti e mondo della cultura in un’unica alleanza per questa impegnativa battaglia di civiltà.

2 – Il Parco d’Abruzzo era stato il primo ad attuare una semplice e moderna pianificazione, basata sulla «zonazione», e tutto pareva funzionare a meraviglia. Ma negli ultimi tempi giungono sempre più frequenti segnalazioni di abusi, tagli, moto e fuoristrada che aggrediscono valli e foreste protette: e soprattutto si sente parlare di invasioni di mandrie di vacche che pascolano ovunque, e questo preoccupa, non solo sul piano sanitario. Se un allevatore, magari venuto da fuori per sfruttare gli splendidi pascoli protetti, non troverà ostacoli, finirà col sentirsi padrone del territorio: e magari combatterà come nemici animali selvatici carnivori come orso e lupo, che sono il vero vanto del Parco. Il conflitto diventerà insanabile, e per difendere il suo bestiame semibrado potrebbe persino giungere a collocare trappole, esche avvelenate, cannoni a salve.
La semplice verità inconfutabile è che quel bestiame non dovrebbe trovarsi lì, che esistono molte altre zone aperte alle greggi di pecore transumanti, e che con i pastori di antica tradizione non vi erano mai stati conflitti tanto aspri. Quanto al turismo, esso è una vera piaga se arriva tutto insieme a valanga dalle città per godere il fresco, magari senza rendersi conto di essere in un Parco Nazionale: è invece prezioso se si trasforma in ecoturismo civile, ordinato, ben distribuito anche nei periodi morti, portatore di benefici economici e culturali. In molti Parchi stranieri la sorveglianza è minima, perché ad assicurare il controllo sociale sono soprattutto i visitatori.

3 – La vigilanza va incrementata soprattutto come qualità, attraverso servizi festivi, notturni, a sorpresa e in alta quota. Ma fondamentale resta il coinvolgimento pluristagionale di un volontariato motivato e competente, che può talvolta scoprire e prevenire guasti e danni altrimenti impuniti.
Pastori e montanari debbono essere coinvolti, fino a diventare custodi permanenti del «loro» Parco. Non si deve credere che soluzioni magiche possano piovere dall’alto (commissioni, esperti, riunioni al tavolino e interminabili discussioni), debbono invece prorompere dalla grande energia che oggi resta inutilizzata, e soprattutto dai giovani. Purtroppo sembra che per molti apparati politici, accademici e tecno-burocratici l’unica strategia immaginabile risieda in qualche costosissimo studio biologico, che di fatto produce soprattutto pubblicazioni, alimenta carriere e centri di potere, fa attingere a lauti fondi europei. Sono io stesso ricercatore, ma da molto tempo ho messo in guardia contro indagini, catture e manipolazioni troppo “invasive”: non starò quindi a ripetermi. A cosa serve contare uno per uno tutti gli animali, se questi continuano a morire? Si finge di non capire che per operare non serve catturare e censire tutti gli orsi, è sufficiente una semplice stima attendibile? Una cosa è certa: il Parco era stato il primo a promuovere ricerche sull’orso marsicano fin dal 1972, e a pubblicare un libro per la sua salvezza nel 1990. Ma nel terzo Millennio tutti pretendono di saperne di più, si ergono a paladini del plantigrado, e molti orsi, deviati da scriteriate esche olfattive, finiscono nei pollai, un fatto mai avvenuto prima.
In definitiva, da oltre un lustro si sente proclamare che occorrono interventi urgenti. Sembra però che i primi risultati delle ricerche in corso si avranno, se tutto va bene, soltanto nell’anno 2010. La mia vera impressione è che quasi tutti coloro che si ergono a paladini degli orsi pensino, in realtà, soprattutto a se stessi.