Le risposte del presidente dell’Ente parco, Giuseppe Rossi

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1 – Occorre innanzitutto considerare che, rispetto al passato, se non altro per la esistenza di un esteso sistema di aree protette, la fauna può contare su una tutela certamente migliore. Non si spiegherebbe altrimenti l’incremento, incontestabile, di alcune specie animali, anche importanti e un tempo abbastanza rare. Ovviamente, occorre fare molto di più per evitare che continuino a verificarsi comportamenti criminosi, incivili e inaccettabili da parte di persone senza scrupoli e maldisposte nei riguardi della fauna protetta e delle istituzioni che si occupano di conservazione. Specialmente a difesa della biodiversità di alcune aree e delle specie più preziose e endemiche del paese. Le cause possono essere rinvenute negli interessi contrastanti di chi il territorio vorrebbe utilizzarlo sconsideratamente, senza norme e senza rispetto del diritto degli altri viventi, nella ignoranza e nella insensibilità verso la natura e la sua conservazione, nelle intenzioni di boicottare le attività e danneggiare l’immagine dei parchi e delle riserve naturali, elementi di contrasto di attività speculative e di parte. Un migliore funzionamento dei parchi e del sistema delle aree protette è fondamentale, ed ogni parco dovrebbe poi essere messo nelle condizioni di poter operare attivamente e positivamente, affinché la buona causa della conservazione possa essere condivisa e accettata. Ma qui il ragionamento porta lontano e investe la sensibilità e l’impegno dei governanti, la sensibilità, la disponibilità e l’educazione all’ambiente della collettività, il rispetto della legalità, la buona amministrazione e la stessa capacità di gestione dei parchi.

2 – Credo senz’altro che un parco debba essere gestito, e perciò protetto, seguendo criteri tecnici e scientifici, nel rispetto delle finalità pubbliche che la legge gli assegna. Questo vale per la generalità del territorio protetto e non soltanto per alcune zone. La pianificazione territoriale, che in Italia anche per i parchi sconta ancora enormi ritardi culturali e politici, dovrebbe poi definire una articolazione differenziata sottoponendo alcune zone a particolari misure di salvaguardia. In alcuni parchi, come quello d’Abruzzo Lazio e Molise, questo avviene da tempo, seppure con risultati altalenanti. Il turismo del Parco tende spontaneamente a qualificarsi, a non essere più un turismo di massa, se si punta sulla qualità dei flussi e sulla qualità dei servizi. E sul governo e la gestione dei flussi stessi, per evitare che la loro consistenza possa danneggiare, in mancanza di una adeguata organizzazione, il territorio protetto in generale e le zone più importanti, più delicate e perciò più vulnerabili in particolare. È di tutta evidenza che ogni provvedimento, ogni atto gestionale, ogni indirizzo programmatico dovrebbe essere supportato da valutazioni scientifiche oggettive: cosa che in molte realtà si tenta di fare ma che è ben lontana dal realizzarsi in un Paese in cui si è sempre costretti ad agire e operare in situazioni di emergenza. E molti parchi vivono costantemente situazioni di emergenza.

3 – Occorrerebbe innanzitutto migliorare, e ove necessario emendare, le misure e i provvedimenti adottati nei decenni passati, che non sembrano aver dato risultati esaltanti, anche se hanno permesso la sopravvivenza della specie. Al momento bisogna perciò intensificare le azioni avviate di contrasto al bracconaggio anche cercando di migliorare il controllo del territorio con i servizi di sorveglianza; assicurare aree di rifugio e quiete ai plantigradi acquisendo altri territori in disponibilità diretta al Parco; procedere alla chiusura di strade secondarie di accesso e limitare l’accesso stagionale ed escursionistico in determinate zone; avviare, sviluppare e migliorare i rapporti e le relazioni con gli operatori locali e specialmente con agricoltori e allevatori; rilevare e liquidare sollecitamente i danni alle colture e agli animali domestici; realizzare interventi per migliorare la disponibilità di risorse alimentari; realizzare iniziative di educazione ambientale e di sensibilizzazione delle comunità e dei visitatori; associare l’immagine dell’orso e la sua tutela al benessere delle popolazioni locali.
Tutti interventi che l’attuale amministrazione sta adottando con la massima determinazione, nonostante le difficoltà e le azioni di contrasto che deve «regolarmente» superare.
Infine, nel rispetto della scientificità delle scelte, dovrà essere adottata ogni altra azione o iniziativa eventualmente indicata dalla ricerca in corso.

Senza dimenticare, però, che la salvaguardia definitiva dell’Orso marsicano non potrà essere raggiunta soltanto dal Parco nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise. Anche altre istituzioni devono fare la propria parte e impegnarsi concretamente, favorendo il funzionamento a sistema dei parchi e delle riserve naturali del centro Italia; e permettendo così, nei fatti, e non soltanto nelle dichiarazioni e nei buoni propositi, la conservazione dell’areale dell’Orso marsicano, ben più ampio degli angusti confini del Parco.