Batterie al litio, il sogno boliviano

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Coprire tutta la filiera, dall’estrazione del litio fino alla produzione di batterie agli ioni di litio sempre più tecnologicamente avanzate, rischia di rimanere tale soprattutto considerando le conseguenze ambientali e i diritti della popolazione

Salar de Uyuni, così si chiama un gigantesco lago posto sull’altipiano andino della Bolivia meridionale a 3.650 metri di quota, che ha una caratteristica molto particolare: è ricoperto da una crosta di sale che forma una pianura bianca perfettamente levigata la cui estensione supera i 10mila km2. Sotto la crosta di sale, spessa da un minimo di qualche decina di centimetri ad alcuni metri, vi sono le acque del lago che hanno una profondità media compresa fra 2 e 20 metri. Le acque sono in realtà una salamoia composta da una soluzione satura di vari sali del cloro, soprattutto cloruro di sodio e di magnesio, ma anche il cloruro di litio ad alta concentrazione (attorno allo 0,3 – 0,4%).

Proprio per questo, il lago del Salar de Uyuni rappresenta la più grande riserva al mondo di litio, il prezioso ingrediente per le batterie agli ioni di litio. Secondo le stime approssimative degli esperti del Servizio Geologico degli Stati Uniti (US Geological Survey), nel miscuglio di sali presenti nel lago Salar de Uyuni, la quantità di litio dovrebbe ammontare ad una decina di milioni di tonnellate e, in ogni caso, si tratta di quantità che dovrebbero aggirarsi tra il 50 ed il 70% del totale delle riserve mondiali di litio.

Nel numero del 18 novembre scorso (vol. 334, pagg. 896-897), la rivista scientifica «Science» evidenzia il litio come metallo strategico, ma mostra principalmente alcune contraddizioni che sono sorte in Bolivia circa lo sfruttamento di questa grande risorsa. I primi tentativi di sfruttamento del litio erano iniziati tra il 1980 ed il 1990, con le esplorazioni effettuate nel lago Salar de Uyuni da parte di alcune compagnie minerarie internazionali, ma le attività a livello industriale non erano mai partite per la forte opposizione delle popolazioni locali. Dopo le elezioni del 2005 di Evo Morales a presidente della Bolivia, il governo boliviano ha formalmente manifestato la sua opposizione all’ingerenza di imprese straniere per lo sfruttamento delle materie prime boliviane, compreso l’accesso all’estrazione del litio del Salar de Uyuni.

La Bolivia, infatti, intende puntare su se stessa e procedere per proprio conto, anche per sviluppare adeguate capacità scientifiche, tecnologiche ed industriali proprie, senza subire una sorta di colonialismo tecnico industriale straniero. E così, nel 2008, il governo boliviano ha affidato il progetto pilota di sfruttamento del litio ad un ingegnere di origine belga, Guillaume Roelants, ma che da 30 anni vive in Bolivia ed è ormai cittadino boliviano, il quale ha già studiato a fondo questo lago da molto tempo. Infatti, già nel 1989 quest’ingegnere aveva tentato, senza esito, di farsi finanziare dal governo belga uno studio di fattibilità per l’estrazione del litio che, allora, aveva maggiori utilizzazioni nell’industria dei materiali ceramici e nella produzione di leghe di alluminio per l’industria aeronautica.

Il progetto pilota boliviano, finanziato con 5,7 milioni di dollari, deve innanzitutto valutare la qualità del litio, identificare le modalità di estrazione e avviare le prime fasi sperimentali di sfruttamento della salamoia del lago per ricavarne carbonato di litio. Poi, il progetto pilota aveva previsto, già a partire dal corrente anno, l’inizio della fase operativa di tipo industriale, attraverso una Compagnia di Stato, per arrivare nel 2014 alla produzione di circa 30mila tonnellate di carbonato di litio, un livello questo abbastanza vicino all’attuale produzione del Cile, che è il maggiore fornitore mondiale di litio. Ma, non è tutto. Per il governo boliviano questa è l’occasione per promuovere l’industrializzazione della Bolivia, ma soprattutto per sviluppare un’industria chimica capace di trattare tutta la filiera del litio: dall’estrazione, alla purificazione per ricavare il litio metallico, fino alla fase finale di produzione delle batterie a ioni di litio per le più diverse esigenze (automobili, telefoni cellulari, orologi ed altri apparecchi elettronici).

La situazione, però, nella fase di sperimentazione pre-industriale è apparsa ben diversa per i problemi che nel frattempo sono sorti. Le tecniche di estrazione utilizzate per ricavare il carbonato di litio presentano difficoltà non facilmente superabili, se non con tecnologie molto avanzate e molto costose di cui la Bolivia non dispone. Le operazioni in campo, oltre ad essere molto invasive del territorio (per la presenza di grandi piscine evaporative), sono ad alto impatto ambientale con consumi rilevanti di acqua e con produzione di rifiuti chimici tossici e pericolosi, in un’area che ha già scarsa disponibilità di acqua e che, per giunta, ha anche attività agricole ed attività turistiche.

Sarebbe il caso, secondo il capo progetto Guillaume Roelants, di cercare una collaborazione internazionale, sia di tipo scientifico-tecnologica, sia di tipo industriale specialistico in questo settore, ma siccome la Bolivia ha deciso di andare avanti da sola, l’unica possibilità di collaborazione internazionale ammessa è stata quella della consulenza di una commissione scientifica con esperti stranieri, che offre alla Bolivia assistenza volontaria. In queste condizioni, denuncia il capo progetto, le attività industriali avviate con il progetto pilota, nonostante la buona volontà e l’impegno profuso, stentano a svilupparsi adeguatamente, non disponendo né delle nuove tecnologie più avanzate, né di laboratori chimici attrezzati, né di personale specializzato.

Se è giusto ed etico verso le popolazioni locali salvaguardare l’autonomia e la sovranità della Bolivia da una dipendenza tecnologica straniera o da uno sfruttamento iniquo delle risorse boliviane, è altrettanto giusto ed etico sforzarsi di trovare soluzioni responsabili e forme adeguate di collaborazione internazionale qualificata, senza la quale sarà difficile arrivare, almeno in tempi ragionevolmente contenuti, ad un’affermazione della Bolivia in un mercato globale molto competitivo ed in continua evoluzione. Secondo la rivista «Science», il grande sogno della Bolivia di coprire tutta la filiera, dall’estrazione del litio fino alla produzione di batterie agli ioni di litio sempre più tecnologicamente avanzate, rischia di rimanere tale.

(Fonte Enea-Eai, Caterina Vinci)