Wwf: ora tocca all’Italia, chiediamo cartucce «lead free» in tutto il territorio nazionale
Il Parlamento europeo vieta il piombo nelle aree umide
Vantaggi ambientali e occupazione dalla riduzione dei gas serra
È pari a 11 miliardi kWh/anno il risparmio di energia che sarebbe possibile ottenere da una progressiva e più massiccia diffusione di tecnologie più efficienti (elettrodomestici ed illuminazione a basso consumo, vetri a bassa emissività, caldaie ad alta efficienza) con scenario al 2005/2015
Kyoto dal Basso
Kyoto dal Basso è un comitato di iniziativa, espressione dell’associazionismo ecologista più impegnato sulle tematiche energetiche. È nato l’11 luglio 2001, all’indomani della firma del «Protocollo di Torino», che ha sancito la volontà da parte delle Amministrazioni Regionali e Provinciali firmatarie ad affiancare il governo centrale nello sforzo di onorare l’impegno assunto dall’Italia sottoscrivendo nel 1998 il «Protocollo di Kyoto».
Il Comitato si propone, attraverso una campagna pluriennale di informazione e sensibilizzazione, di sostenere grazie al sostegno della Regione Piemonte, lo sviluppo di un vero e proprio «paradigma alternativo» in campo energetico, promuovendo comportamenti mirati alla riduzione delle emissioni di gas serra in atmosfera.
Tecnologie di Bonifica
In riferimento all’applicazione delle tecnologie di bonifica, sono stati elaborati da ex Apat numerosi protocolli e documenti tecnici. Tra questi:
– il Protocollo per l’applicazione dell’ossidazione chimica in situ
– il documentoApplicazione di tecnologie in situ per la bonifica delle acque sotterranee mediante l’iniezione di composti e reagenti chimici
– il documento Criteri per la definizione e la verifica delle aree di non intervento
– il Protocollo per la verifica di fondo-scavo e pareti.
Il Protocollo per l’applicazione dell’ossidazione chimica in situ e il documento Applicazione di tecnologie in situ per la bonifica delle acque sotterranee mediante l’iniezione di composti e reagenti chimici contengono le indicazioni tecniche per l’applicazione di tecnologie che prevedono l’iniezione in situ di reagenti chimici e di composti che favoriscono la degradazione di contaminanti di tipo organico. In particolare vengono fornite linee-guida per l’esecuzione degli studi di fattibilità in laboratorio, elemento imprescindibile alla valutazione di eventuali “effetti collaterali” connessi all’applicazione di tali tecnologie e alla stima dell’efficienza/efficacia delle stesse.
Il documento Criteri per la definizione e la verifica delle aree di non intervento, elaborato da ex Apat in collaborazione con Arpa Veneto per il Sito di interesse nazionale di Porto Marghera, le indicazioni generali per la definizione e la verifica da parte degli Enti di Controllo delle eventuali aree di non intervento, ovvero delle aree interne a siti contaminati inclusi nel perimetro dei Siti di interesse nazionale, che vengono escluse, su richiesta dei soggetti obbligati alle attività di bonifica, dagli interventi di bonifica previsti dal progetto sottoposto alle autorità competenti.
In particolare, all’interno del documento si stabilisce che sono definibili aree di non intervento quelle aree in cui sussistono elementi fisici ostativi al completamento degli interventi di bonifica quali, ad esempio:
– presenza di impianti, edifici ed infrastrutture, che potrebbero essere irrimediabilmente compromesse dall’esecuzione degli interventi;
– presenza di reti tecnologiche attive, elettrodotti, sottoservizi in genere che potrebbero essere danneggiati dall’esecuzione degli interventi;
– sussistenza di particolari condizioni di carattere geologico e geotecnico, per le quali la realizzazione di qualsiasi intervento di bonifica effettuato nell’area in esame porterebbe a problemi di sicurezza e durabilità strutturale ad uno o più degli elementi menzionati ai due precedenti punti;
– presenza di strade in uso, senza possibilità di viabilità alternative da utilizzare durante la bonifica.
Vengono inoltre fornite chiare indicazioni agli Enti di Controllo in merito alle modalità di valutazione della sussistenza delle condizioni di cui ai precedenti punti.
Il Protocollo per la verifica di fondo-scavo e pareti è stato elaborato da ex Apat ed Arpa Veneto e condiviso da Iss e contiene una proposta di integrazione del «Protocollo Operativo» per il campionamento e l’analisi dei campioni dei siti inquinati approvato con Delibera di Giunta della Regione Veneto n. 2922 del 3 ottobre 2003, con particolare riferimento alle modalità di campionamento di pareti e fondo scavo. Tale protocollo è, infatti, ad oggi impiegato per la verifica degli interventi di bonifica eseguiti nel Sito di interesse nazionale di Porto Marghera e in molti altri Siti di interesse nazionale. Il Protocollo è stato elaborato prendendo come riferimento numerosi documenti tecnici e linee guida pubblicati successivamente alla prima approvazione del «Protocollo Operativo», in considerazione degli sviluppi normativi in tema di bonifica dei siti contaminati conseguenti all’entrata in vigore del DLgs 152/06, con particolare riferimento all’applicazione dell’analisi di rischio.
Occorre inoltre ricordare che L’Ispra (ex Apat), ha realizzato e reso disponibile sul sito web dell’Ispra, una matrice di screening, come strumento di supporto alle decisioni nella selezione delle tecnologie di bonifica. Le variabili per ognuna delle tecnologie prese in considerazione nella matrice includono l’applicabilità allo specifico contaminante o categoria di contaminanti, tempi di applicazione, necessità di manutenzione. La matrice verrà inoltre corredata di una trattazione dei casi studio italiani delle tecnologie in essa contemplate. Proprio per la raccolta dei casi studio, è stato predisposto da Ispra uno specifico format, reso disponibile sul sito web dell’Istituto La matrice prende in considerazione 22 tecnologie in situ ed ex situ per la bonifica del suolo e dei sedimenti, 16 tecnologie per la bonifica delle acque sotterranee. Le variabili utilizzate includono:
– Tempi di applicazione (vengono presi in considerazione i seguenti range: 3 anni)
– Necessità di monitoraggio a lungo termine
– Impatti a breve e lungo termine sulle risorse naturali
– Limiti ed applicabilità.
Per lo sviluppo della matrice è stato utilizzato il modello della matrice di screening delle tecnologie sviluppato dalla Federal Remediation Technologies Roundtable (Frtr).
Le classi di contaminanti prese in considerazione sono le stesse classi prese in considerazione dalla normativa vigente in tema di siti contaminati (tabella 1 dell’Allegato 5 al titolo V della parte quarta del D.Lgsl.152/06). Occorre precisare che mentre la classificazione dei contaminanti individuata dal legislatore è basata su caratteristiche tossicologiche (come ad esempio la distinzione degli Idrocarburi alifatici clorurati in composti cancerogeni e non cancerogeni), la classificazione dell’applicabilità delle tecnologie andrebbe fatta sulla base delle caratteristiche chimico-fisiche (ad esempio la Costante di Henry).
Si segnala pertanto che le tecnologie non necessariamente possono essere applicabili a tutti i contaminanti individuati in quella specifica classe di composti. Nell’ambito della classe dei metalli, grazie alle informazioni reperite in letteratura sull’applicabilità di alcune specifiche tecnologie, è stata operata un’ulteriore ripartizione. Sono stati individuati 6 metalli di particolare interesse (Arsenico, Cadmio, Cromo, Piombo, Mercurio, Zinco) e sotto la voce «altri metalli e composti inorganici» sono stati racchiusi tutti gli altri contaminanti. Occorre, anche in questo caso, sottolineare che diversi stati di ossidazione del metallo possono rendere efficace/inefficace una determinata essere tecnologia.
Gruppo Siemens
Il Gruppo Siemens rappresenta una delle più importanti multinazionali operanti a livello mondiale. Presente in oltre 190 paesi con 471.000 collaboratori, un fatturato 2007/08 di 77, 3 miliardi di Euro, il Gruppo opera nei settori industria, energia e sanità. In Italia il Gruppo Siemens possiede sette stabilimenti produttivi e centri di ricerca e sviluppo, alcuni dei quali sono centri di eccellenza mondiale. Il Gruppo Siemens in Italia, che ha chiuso l’esercizio 2007/08 con un fatturato di 3.087 milioni di Euro e ordini per 3.227 milioni di Euro, costituisce una delle maggiori realtà industriali attive nel nostro Paese.
Tra i principali fornitori mondiali di prodotti, soluzioni e servizi per la generazione, la trasmissione e distribuzione di energia e di apparecchiature e sistemi per l’industria dell’Oil&Gas, il Settore Energy di Siemens offre soluzioni specifiche orientate a migliorare l’efficienza e aumentare la produttività degli impianti. Il Settore investe, in particolare, nello sviluppo di tecnologie capaci di valorizzare le fonti di energia rinnovabili e ridurre le emissioni di CO2. Con circa 83.500 collaboratori nel mondo, Siemens Energy ha chiuso l’anno fiscale 2008 con un fatturato di circa 22,6 miliardi di Euro.
(Fonte Enea)
Premio sapio per l’ambiente e lo sviluppo sostenibile
Dott. Pasquale Avino
Nato a Roma, ricercatore presso l’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (Ispesl)
Titolo dei risultati di ricerca
Determinazione e distribuzione spazio-temporale del materiale carbonaceo nel particolato atmosferico come nuovo tracciante nella contaminazione ambientale.
Motivazione del Comitato Scientifico
Sia con il Premio Sapio Energia e Trasporti sia con il Premio Sapio Ambiente e Sviluppo Sostenibile si è voluto lanciare un segnale forte che sancisca la necessità di operare scelte verso uno sviluppo che sia effettivamente durevole, costruito in prospettiva, che tenga conto di ciò che lasceremo domani alle future generazioni.
Un riconoscimento quindi ai più giovani ai quali è affidato un compito arduo che richiede determinazione e dinamismo.
La ricerca presentata dal dott. Avino sia per i contenuti affrontati sia per i risultati ottenuti è pienamente in linea con questa impostazione e con la finalità scientifica del Premio che, anche nel suo lungo tour scientifico, ha focalizzato l’attenzione sulle problematiche e sulle soluzioni legate allo sviluppo di nuove fonti energetiche, condizione questa indispensabile per uno sviluppo di qualità.
Sintesi contenente una breve descrizione dei risultati di ricerca
Il materiale particellare carbonioso è un parametro di fondamentale importanza ai fini della valutazione della qualità dell’aria. Esso è costituito da una frazione organica, nota come carbonio organico (OC), e da una frazione resistente all’ossidazione ad una temperatura di 350°C denominata carbonio elementare (EC). L’OC è una miscela complessa di più classi di composti (idrocarburi, composti ossigenati, acidi organici, ecc.) e ha un’origine sia primaria sia secondaria. L’OC primario viene emesso principalmente come particelle submicroniche da processi antropogenici e/o biogenici e l’OC secondario può avere origine dalla condensazione gas-particella di composti organici volatili a bassa tensione di vapore o dall’adsorbimento chimico e/o fisico di specie gassose su particelle. L’EC ha una struttura grafitica ed è essenzialmente un inquinante primario emesso direttamente durante i processi di combustione.
Dal punto di vista della granulometria, le particelle al di sotto di 10 µm (soprattutto PM10 e PM2.5) sono quelle più dannose per la salute dell’uomo e allo stesso tempo sono quelle che maggiormente interessano i processi di assorbimento e di trasformazione di inquinanti gassosi e i fenomeni di trasporto a grande distanza.
Nella ricerca vengono studiati i livelli di concentrazione del materiale particellare (PM10), del carbonio elementare (EC) e del carbonio organico (OC) misurati in aree urbane e remote. Principale risalto è dato allo studio analitico della separazione tra le due frazioni. Viene inoltre studiata l’evoluzione spazio-temporale delle due frazioni e più generale investigata l’evoluzione temporale delle particelle carboniose in atmosfera in funzione delle sorgenti emissive di origine antropica e naturale e della dinamica diffusiva dei bassi strati dell’atmosfera
Breve descrizione dell’applicazione pratica dei risultati di ricerca
Sviluppo di metodologie per la determinazione del carbonio organico ed elementare del particolato nel particolato. Implementazione dei sistemi di misura di inquinanti sul particolato (nitrati e solfati).
Descrizione tecnica dei risultati di ricerca
Il materiale particolato (PM) in atmosfera è un inquinante complesso sia per la
sua origine naturale e/o antropogenica che per la sua granulometria: per questi motivi può essere considerato un parametro di fondamentale importanza ai fini della valutazione della qualità dell’aria sia in aree urbane che remote.
Le principali sorgenti naturali sono l’eruzione dei vulcani, l’erosione delle rocce, gli aerosol marini, le emissioni biogeniche, ecc., mentre le principali sorgenti antropogeniche sono i processi di combustione e specifiche attività industriali. Dal punto di vista granulometrico, le particelle al di sotto di 10 mm (frazione toracica e respirabile) sono quelle più dannose per la salute dell’uomo e nello stesso tempo sono quelle che maggiormente interessano i processi di adsorbimento e di trasformazione di inquinanti gassosi e fenomeni di trasporto a grande distanza. Infatti, aree lontane da sorgenti di emissioni, quali ad esempio aree marine o aree remote, possono subire la ricaduta di sostanze inquinanti dovuta a fenomeni di trasporto.
La componente carboniosa di cui è costituito il materiale particellare può essere utilizzata come un nuovo tracciante utile per la valutazione della contaminazione di un determinato ambiente. La frazione carboniosa è costituita da un complesso miscuglio di sostanze contenenti atomi di carbonio che vengono normalmente classificati in due principali componenti: carbonio elementare (EC) e carbonio organico (OC). OC è una miscela complessa di più classi di composti (idrocarburi, ossigenati, ecc.) e ha un’origine sia primaria che secondaria: l’OC primario è emesso principalmente come particelle sub-microniche mentre l’OC secondario può avere origine dalla condensazione gas-particella di composti organici volatili a bassa tensione di vapore o dall’adsorbimento chimico e/o fisico di specie gassose sulle particelle. EC ha invece una struttura grafitica ed è essenzialmente un inquinante primario emesso direttamente durante i processi di combustione. È da sottolineare che quando la differenza tra le due frazione non è dal punto di vista termico ma dal punto di vista ottico, la frazione elementare prende il nome di ?black carbon? (BC).
La determinazione del carbonio totale (TC) nel particolato e la separazione del carbonio elementare dal carbonio organico possono essere eseguite con differenti metodiche analitiche che sfruttano le differenti proprietà ottiche, termiche o chimiche delle particelle. Vi è una varietà di metodiche ottiche basate sul principio della misura della trasmittanza o della riflettanza di un raggio di luce incidente su particelle raccolte su filtro. Recentemente sono stati sviluppati vari procedimenti di misure termiche che consentono anche la separazione del carbonio elementare dal carbonio organico sia attraverso una pre-estrazione con solvente della componente organica o direttamente mediante due stadi di combustione/ossidazione a due diverse temperature.
Il metodo utilizzato in questa ricerca si basa sulla diversa composizione della sua frazione organica ed elementare: la frazione organica viene determinata dopo riscaldamento a 350°C e determinazione come CO2 mediante un rivelatore non dispersivo infrarosso mentre la frazione resistente alla temperatura di ossidazione di 350°C è il carbonio elementare. L’importanza del materiale carbonaceo nella valutazione della qualità dell’aria è evidenziata dalla correlazione tra OC ed EC. In quest’ambito infatti sono stati condotti studi che hanno individuato come il traffico nelle aree urbane sia la principale fonte
di emissioni di inquinanti di origine primaria mentre nelle aree verdi risulta importante il contributo di OC primario di origine biogenica (piante). A tal scopo è risultato molto utile il comportamento del rapporto TC(=EC+OC)/EC: infatti nelle aree verdi la presenza di emissioni primarie di origine biogenica dà come risultato un valore di TC/EC differente (maggiore) rispetto all’analogo in un’area urbana ad alto traffico.
La ricerca è stata condotta essenzialmente in due siti di Roma: una stazione è localizzata nel centro della città, in via Urbana (S. Maria Maggiore), interessata da una alta densità di traffico autoveicolare, mentre la seconda nel parco di Villa Ada, una zona non direttamente influenzata dai flussi di traffico cittadino. L’evoluzione spazio-temporale delle particelle carboniose è stata interpretata mediante la misura della radioattività naturale utilizzata come tracciante della diffusione verticale nei bassi strati dell’atmosfera. La separazione di EC da OC effettuata mediante un metodo termico con due stadi di ossidazione a due temperature (350°C e 750°C) ci ha consentito anche di identificare le fonti primarie di EC derivanti dal traffico autoveicolare, di differenziare quelle primarie biogeniche ed antropogeniche di OC e quelle secondarie di OC.
I risultati della ricerca, tutt’ora in corso, evidenziano che il monitoraggio della frazione carboniosa presente nel materiale particellare in sospensione è molto importante per avere una conoscenza più approfondita della qualità dell’aria specialmente nelle aree urbane in cui la sorgente emissiva più importante è il traffico autoveicolare.
Il metodo analitico adottato che sfrutta le proprietà termiche delle particelle consente una misura diretta del materiale carbonaceo e presenta un notevole vantaggio rispetto al metodo dei fumi neri previsto dalla normativa vigente che opera una misura indiretta del materiale carbonioso mediante assorbimento di luce.
In definitiva, l’utilizzo di tale metodologia d’indagine porta a esprimere le seguenti valutazioni:
· misura fondamentale per la valutazione dell’inquinamento atmosferico da processi di combustione;
· utilizzo di questa misura come indice specifico dell’inquinamento da traffico autoveicolare;
· misura molto significativa ai fini della tutela della salute dell’uomo per l’elevata permanenza delle particelle carboniose nell’atmosfera e per i numerosi processi di trasformazione chimico-fisici che esse possono subire nell’atmosfera;
· la buona correlazione tra i valori di OC ed EC mette in evidenza che nell’area del centro storico di Roma la sorgente più importante della frazione carboniosa nel particolato è il traffico autoveicolare;
· la separazione tra EC, di origine primaria, ed OC, di origine primaria e secondaria, è di fondamentale importanza per lo studio degli effetti pneumoconiogeni, e più in generale per gli effetti tossici, e per lo studio dei meccanismi di formazione degli inquinanti fotochimici.
L’uomo fa parte della natura
Il messaggio biblico, che ci vede fatti a immagine e somiglianza di Dio, ci ha conferito un complesso di superiorità non giustificato dal resto del dettato della Bibbia. Il creatore ci ha messo nell’Eden perché lo coltivassimo e lo custodissimo. La coltivazione implica la produzione di risorse dalla natura. Ma la custodia significa che ci sono limiti alla coltivazione. Che lo sfruttamento della natura non può essere spinto all’estremo. L’uomo si è messo al di fuori della natura, pensando di essere al di sopra di essa e che il resto del creato fosse lì per soddisfare i suoi bisogni, con una supremazia dovuta al diritto divino. Ma nella Genesi non è scritto così. Ci sono i limiti infranti e c’è la cacciata dall’Eden. L’uomo viene tolto dal piedistallo perché ha esagerato, si è montato la testa. La cacciata dall’Eden è il ritorno nella natura, non ci siamo meritati la posizione di privilegio che ci era stata concessa.
Dalla nascita della tecnologia (la clava e la pietra scheggiata), l’uomo ha subito esagerato. I grandi mammiferi del Pleistocene si sono estinti a causa nostra. Li abbiamo uccisi tutti, e ce li siamo mangiati. Poi, a causa della scarsità di prede, probabilmente siamo passati all’allevamento del bestiame. E invece di raccogliere vegetali, ci siamo messi a coltivarli. Solo che gli animali e le piante su cui basiamo la nostra sopravvivenza diretta, per mangiarli e per trarre risorse, sono una rappresentazione infinitesima della biodiversità. Inoltre, per avere grandi quantità delle specie che ci servono, togliamo le altre. Con gli erbicidi, con i pesticidi, con i nutrienti non prodotti dai decompositori che riciclano i viventi non più viventi, ma dalle industrie chimiche. Il peccato originale, il superamento del limite, l’abuso della natura, continua e aumenta.
Ora ci siamo accorti che la nostra respirazione non è solo quella del nostro corpo. Noi assumiamo ossigeno, attraverso l’apparato respiratorio, per «bruciare» (ossidare) il combustibile che immettiamo nel nostro organismo, il cibo. Il cibo è a base di carbonio e dalla reazione di ossidazione del carbonio si ottiene, come prodotto di scarto, l’anidride carbonica. Sono le piante, di giorno, a usare l’anidride carbonica e a restituirci l’ossigeno. Ma noi respiriamo anche con le altre attività, tutte basate sulla combustione. Le piante non ce la fanno più a riciclare l’anidride carbonica che produciamo, e a ridare ossigeno al mondo. Da qui il riscaldamento globale.
Ora, poi, coltiviamo le piante che di solito ci mangiamo (come il mais) per fare combustibile. Lo abbiamo sempre fatto, con il legname, e abbiamo raso al suolo le foreste per scaldarci. Ora radiamo al suolo le ultime foreste per far andare le nostre automobili. E, mostruosamente, troviamo più conveniente coltivare piante da alcol per automobili che piante da mangiare.
Immolati sul mercato della mozzarella di bufala
La produzione di un formaggio non è percepita come potenziale causa di crudeltà e poi si presume che l’allevamento bufalino rispetti le norme vigenti a livello Comunitario. L’impegno delle Associazioni e delle forze dell’ordine
Programma di promozione della cittadinanza solidale
È stato pubblicato oggi, sul Bollettino ufficiale della Regione Basilicata, il bando del Programma di promozione della cittadinanza solidale. I contenuti dell’avviso pubblico, che possono essere consultati anche sul sito internet, all’indirizzo www.basilicatanet.it, sono stati illustrati stamane, in una conferenza stampa, dal presidente della Regione, Vito De Filippo, e dall’assessore regionale alla Sicurezza e Solidarietà sociale, Rocco Colangelo.
«L’obiettivo di questa legge ? ha detto de Filippo ? è quello di sperimentare, per due anni, un inedito modello di intervento di contrasto alla povertà. Si tratta di un vero e proprio contratto di cittadinanza in quanto il sostegno al reddito si muove lungo un percorso di inclusione sociale che prevede interventi formativi e di inserimento nel mercato del lavoro. La dimensione finanziaria è tutta a carico del bilancio regionale e del Fondo sociale europeo. L’auspicio è che questo provvedimento possa rappresentare un modello per arrivare a una normativa nazionale capace di istituzionalizzare il programma di cittadinanza solidale in collaborazione con le regioni. Purtroppo ? ha sottolineato De Filippo ? il nostro intervento arriva in un momento in cui il Fondo unico nazionale per le Politiche sociali, istituito dal precedente governo di centrosinistra, è stata decurtato due volte del 50 per cento dall’attuale maggioranza mettendo in difficoltà i servizi a favore dei più deboli».
Il presidente della Regione ha annunciato che «nelle prossime settimane la Giunta approverà un disegno di legge sul welfare e sulle politiche sociali per assicurare risposte adeguate ai bisogni delle fasce più deboli della società».
(Fonte Ufficio stampa Regione Basilicata)
Più fiducia per la Fusione nucleare fredda
Da queste considerazioni si deduce che bisogna avere grande fiducia nella Fusione nucleare fredda in materia condensata, ormai parte integrante della scienza, ma a causa della forte indeterminazione temporale, non si può pensare di ottenere da questa fonte pulita e a basso costo una soluzione o un apporto energetico immediato. A ciò si aggiunga il fatto incontestabile e incontrovertibile che la Meccanica Quantistica, anche nelle sue forme più avanzate di Elettrodinamica Quantistica e Teoria dei Campi, e nonostante tutti gli sforzi di Preparata ed altri fisici teorici, non ancora riesce a spiegare bene i fenomeni di fusione nucleare fredda in materia condensata mentre, ad onore del vero, tali fenomeni sono invece galileianamente del tutto appurati e dimostrati. Dimostrato quindi che l’Effetto Fleishmann e Pons, che ha originato la Fnf in Materia Condensata è parte integrante della scienza comune, nell’osservare le limitazioni temporali per la realizzazione industriale, diviene spontaneo porsi la domanda di quando, come ed in quale proporzioni la Fnf in MC potrà dare un contributo concreto alla risoluzione dei problemi energetici che attanagliano l’Italia ed il mondo intero.
La risposta rimane estremamente dubitativa senza potere fare previsioni temporali di qualsiasi genere se non azzardare a pensare in termini di molti decenni a venire.
Di conseguenza, la unica soluzione concreta che rimane agli enormi e seri problemi di energia che l’Italia e gli altri Paesi europei hanno è quella di perseguire la via della generazione di energia elettrica da centrali nucleari a fissione della terza generazione. Solo in questa maniera, pur preferendo la Fnf, il suo basso costo e propugnando la necessità di forti finanziamenti, si può ritenere di giungere ad una suddivisione di approvvigionamenti di energia dalle diverse fonti (petrolio, gas, carbone, nucleare, solare, vento e geotermia) che sia razionale, armonizzata e ben bilanciata per il bene di tutto il popolo.
La Carta europea per il turismo sostenibile
Per il settore turistico viene in aiuto la Carta europea per il turismo sostenibile, un insieme di principi e di indicazioni metodologiche messe a punto per aiutare le aree protette a sviluppare nel proprio territorio un turismo compatibile con la tutela delle risorse ambientali.
La Carta, infatti, mette al centro dello sviluppo locale e dell’economia del turismo, proprio la tutela dei beni ambientali. Non più, quindi, antitesi e contrapposizione, ma conservazione delle risorse come motivazione stessa dello sviluppo economico.
La Carta, nella sua esposizione, si rifà in particolare alla tutela della Natura, quindi della biodiversità di specie ed habitat, ma il concetto di risorse ambientali può essere esteso alle altre risorse locali in termini di beni storici e archeologici, ma anche di beni «immateriali» come le tradizioni, la cultura, i prodotti tipici ecc.
La Carta europea per il turismo sostenibile (Cets) è, in qualche modo, la «traduzione» della Carta mondiale per il turismo sostenibile sottoscritta nel 1995 a Lanzarote (Canarie) per applicarla alle aree protette ed è gestita da [URL=www.europarc.it]Europarc, la Federazione europea dei parchi.
La Cets è uno dei tanti strumenti volontari per la sostenibilità, che riveste un notevole interesse in quanto sinergica e complementare con i processi di Agenda 21 locale, i sistemi di gestione ambientale (Iso 14001, Emas), l’Ecolabel e altri.
La Cets sollecita coloro che operano nelle aree protette, gli enti gestori, ma anche direttamente gli operatori turistici o le agenzie di viaggio, a creare una rete tra soggetti pubblici e privati e stabilire, tutti insieme, una strategia comune per il turismo sostenibile nonché un piano di azioni, almeno quinquennale, in cui ogni soggetto che partecipa individua le azioni che può svolgere per contribuire al successo della strategia comune.
Non importa chi promuove l’avvio del percorso, possono essere gli enti pubblici, come gli enti gestori del parco, ma anche i privati che vogliono fare della qualità del proprio territorio il biglietto di visita per innescare nuovi flussi economici.
La Cets riveste un certo interesse per la sua «elasticità», unita a chiari riferimenti procedurali. Rispetto ad una Agenda 21 locale la Cets è più definita e focalizzata, ma ha in comune, come elemento forte, la presenza di un Forum delle parti interessate. Rispetto al sistema di gestione ambientale la Cets è meno «formale» e «rigida», anche se alcuni elementi del sistema le sarebbero molto utili per meglio definire alcuni passaggi, quali la valutazione delle priorità di intervento, la revisione e la valutazione dei risultati, il monitoraggio degli effetti sull’ambiente delle iniziative intraprese.
Come negli altri strumenti volontari, il punto di partenza del percorso è una conoscenza approfondita del fenomeno turismo e delle sue relazioni con la qualità e lo stato di tutela dei beni ambientali all’origine del turismo stesso.
Il Rapporto diagnostico della Carta, così come il Rapporto sullo Stato dell’Ambiente dell’Agenda 21 locale e l’Analisi ambientale dell’Iso 14001/Emas deve, quindi, mettere in luce sia l’attuale stato di conservazione dei beni ambientali sia le relazioni che tali beni hanno con le pressioni antropiche, con particolare
riguardo al turismo. Le attività legate al turismo, infatti, non sono le uniche presenti in un territorio e le influenze che esse esercitano si sommano a quelle delle altre attività provocando un cumulo di pressioni su determinati comparti ambientali col rischio di superarne la «capacità di carico» e provocare impatti negativi.
Una conoscenza delle risorse naturali e delle loro esigenze, della biodiversità e del suo stato di conservazione, quindi, è importante, per individuare sia eventuali problematiche, sia le opportunità per il mercato turistico.
Per fare un esempio, la presenza di un nido di aquila reale e il conoscere l’etologia e l’ecologia della specie serve, da una parte, per capire quali misure gestionali sono da intraprendere per evitare che la presenza di turisti in luoghi o momenti sbagliati possa mettere a rischio la riproduzione della coppia, dall’altra per utilizzare questa peculiarità come opportunità di richiamo turistico attraverso una adeguata gestione che permetta ai visitatori di osservare l’animale in tutta sicurezza (per l’aquila).
Per una facile gestione della domanda e offerta e per poter monitorare in maniera adeguata il successo dell’applicazione della Carta è molto importante esprimere i dati attraverso degli indicatori, cioè dei dati numerici, quantificabili, che possano essere monitorati nel tempo.
Questa è un’abitudine, purtroppo, molto poco praticata, invece utilissima per poter capire, ma anche documentare, se il tempo e i fondi spesi per cercare di tutelare la qualità dell’ambiente e promuovere/migliorare le attività economiche abbia o meno avuto successo.
Non sempre è semplice acquisire tutti i dati necessari per valutare gli indicatori e ancora oggi troppo spesso sia nell’ambito della Cets, sia di altri strumenti volontari, i dati sulla qualità delle risorse ambientali e, soprattutto, sulle relazioni tra qualità e origine delle pressioni, sono carenti.
Ai primi di giugno al Parco delle Alpi Marittime, che è stato uno dei primi ad applicare la Carta europea per il turismo sostenibile in Italia (insieme al Parco dei Monti Sibillini), si terrà il convegno annuale di Europarc a cui parteciperanno le aree protette europee che hanno intrapreso, o stanno avviando il percorso verso la sostenibilità del turismo con l’aiuto di questo strumento. Sarà un momento di confronto e analisi e sicuramente saranno ulteriormente approfonditi gli aspetti metodologici che permettano di non concentrarsi troppo solo sul fenomeno turistico e di esplicitare in maniera adeguata le relazioni tra turismo e qualità ambientale.
Certo è che la Cets è l?unico strumento volontario che sostiene esplicitamente l’importanza della conservazione della biodiversità e di tutte le altre risorse ambientali presenti nelle aree protette come elemento di riferimento per stabilire una politica economica basata sul turismo.
Gestire la qualità
Abbiamo patrimoni umani dinamici di conoscenze, di esperienze, di capacità di analisi e di progettazione, di discernimento sulle cose complesse della realtà. Anche se, queste ultime, mutano, a volte anche troppo velocemente per poterle percepire, dobbiamo, però, ugualmente ricercarle perché sono risorse uniche e indispensabili per andare oltre i soli nostri, parziali e inadeguati, punti di vista e per non rimanere del tutto disorientati di fronte alla dimensione irriducibile delle nostre realtà di vita. Disponiamo, già, delle risorse necessarie che permettono di non confondere lo sviluppo degli strumenti per meglio operare (conoscenze, tecnologie, esperienze tecniche e sistemi di analisi e controllo per la gestione razionale di attività e problemi) con le nostre capacità di valutazione, revisione e avanzamento delle nostre ricerche (per esempio, quelle sulle finalità sociali, del nostro esistere).
Per gestire la qualità non dobbiamo preoccuparci di rispettare obiettivi o performance precostituite (sulle quali è facile che possano pesare interessi che non ci riguardano), ma abbiamo, invece, percorsi da scoprire per interpretare e reinterpretare, nel divenire delle cose, i significati delle finalità ultime, non ideologiche, che possono orientare lo sviluppo di qualità umane e che, almeno oggi, possiamo riconoscere come ricerca (comune a tutto il genere umano) di risposte alle responsabilità del nostro esistere e divenire in questo mondo.
La qualità del nostro vivere è una prerogativa umana che si cerca e non riguarda beni e servizi da possedere. Se riportiamo, allora, le cose e i loro processi (ricerca tecnologica, produzione, distribuzione e consumo di beni e servizi ed eventuale loro riciclo e confinamento finale in discarica) nella dimensione degli strumenti (che possono affrancare l’uomo da qualche fatica del vivere o che possono procurare una condizione di miglior benessere), la qualità del nostro vivere si presenterà nella dimensione del giudizio e del senso che siamo capaci di cercare e di attribuire alla disponibilità di un bene o di un servizio e delle conseguenti scelte che potremo consapevolmente decidere di fare. La qualità si presenta come finalità essenziale, dei percorsi di valutazione individuali e da condividere, per valutare il valore di una situazione gestita da uno o più strumenti (sia naturali, sia solo inventati o solo applicati dall’uomo) per costruire relazioni sinergiche fra fenomeni vitali e cercare risposte vere ai bisogni e alle aspirazioni più profonde di progresso umano.
La qualità di un’attività non riguarda la buona tecnica che tende ad azzerare la probabilità di un errore, ma riguarda il senso, che, a questa attività, l’uomo sa attribuire ai fenomeni e a un’eventuale comparazione qualitativa fra le loro diversità, per riconoscerne le complementarità, le analogie, le possibili integrazioni, e le sinergie che offrono nuove dimensioni e significati alle nostre azioni. La qualità riguarda anche le nostre capacità ingegneristiche da spendere nelle fasi di ideazione (che non hanno, cioè, come obiettivo la precisione di un calcolo che è solo un momento strumentale per la buona riuscita di un progetto).
La qualità di un’attività, la genialità di una soluzione si persegue con l’interpretazione del senso delle cose che può emergere dalle osservazioni, dai confronti e dai giudizi sui fenomeni vitali, dai nostri comportamenti, dalle diversità che alimentano gli equilibri naturali, le relazioni (fra i nostri pensieri e fra questi e quelli dei nostri simili), le scelte responsabili di vita, le invenzioni creative. Tutte attività, queste, che troveranno qualità concrete e spendibili se saranno passate prime al vaglio delle nostre riflessioni, delle condivisioni dei diversi punti di vista, delle verifiche sulla tenuta sostanziale, flessibile e critica delle finalità che sono nelle nostre aspirazioni più profonde, e se avranno attivato sintonie con il mondo naturale. La qualità si esprime nelle partecipazioni collaborative (a progetti fattibili di inequivocabile progresso per le relazioni umane e per quelle conoscenze che possono aumentare il valore sociale delle nostre scelte, intenzioni e progetti), nelle gestioni informate e consapevoli dei processi e delle valutazioni, per non rischiare di rimanere paralizzati dai dubbi, dalle paure del non sapere.
La qualità e i suoi attributi sono elementi fondamentali del patrimonio culturale condiviso dagli esseri umani e costruito sulle loro esperienze e riflessioni. Un patrimonio che accoglie, valorizza e dà senso alle diversità dei modi di pensare e di comportarsi e che, insieme, offre opportunità e alternative da valutare per un concreto progresso umano, pur sempre insidiato da un «fare» fine a se stesso e dalla misura deviante della quantità delle cose che riusciamo sempre più a consumare e possedere e che, nel migliore dei casi, possono diventare sostanza e segno solo di un nostro benessere psico-fisico individuale.
Le domande alle quali dobbiamo rispondere, per dare qualità alle nostre esperienze di vita, sono, per esempio: con quali relazioni (contesto), con quale comunicazione (strumento) possiamo condividere esperienze e visioni della realtà (sostanza) per dare vita (processo), non ad un meccanismo ideologicamente dichiarato sostenibile, ma ad un equilibrio vitale (risultato) che, con la migliore sopravvivenza biologica, possa permettere sia di far crescere le sinergie fra le diversità per potenziare la creatività umana e superare la sua dipendenza fisica e psichica dal mercato dei consumi e dal nostro trovarci a fare le cose, senza senso, che lo alimenta (verifiche), sia di migliorare le sintonie sociali fra gli esseri umani e fra questi e gli equilibri naturali (revisioni).
Latest news about the murder of sister Dorothy Stang
Police found the body of a rural worker 300 meters from where Sister Dorothy was murdered. It is thought this could be an attempt by her killer to cover their tracks. Attorney General Fonteles has asked for a Federal Investigation. The burial will happen today, Monday, in the city of Anapu. Read our Editorial.
The easy investigation on the death of Sister Dorothy Stang (02/13/2005)
After 38 years in Amazonia- with her death announced almost daily- Sister Dorothy ended up not believing any more in the possibility that she would be silenced for ever. ?If they haven’t sent me away before, imagine now at 74 years old?, she wrote last January to her congregation.
In the last 15 months, inclusive, her name became somewhat of a legend, what would normally represent insurance for one’s life in the Anapu district in the region of Altamira, along the Transamazonia highway. She was named honorary citizen of Para by the State legislature, won an award from the Order of Brazilian Attorneys-Para state (OAB-PARA), was received by the National Congress and by two federal ministers, the Secretary of Human Rights Nilmario Miranda and the Minister of the Environment, Marina Silva. In sum, a figure that anyone with judgement should, strictly speaking, avoid getting involved with.
At the same time, however, the value of the land, coveted by those who wanted to assassinate her, increased. Since the year 2000, the energy from the Tucurui line had pushed to Anapu, a village of 700 people, many illegal loggers, following the end of their timber supply in Para’s eastern region. The village reached 10 thousand people at the end of 2003. Enough to make unfeasible the two sustainable development projects in the glebes Belo Monte and Pacaja, created on paper in 1999. The PDS is a settlement project idealised by INCRA during Cardoso’s government and which still today has not yet been made concrete. The confirmation of the construction of Belo Monte, in the last couple of months, assisted in heating up the land grabbing market. INCRA’s grave mistake, more than five years ago, fed the expectative of the invaders and land speculators.
With this scenario, it should be mentioned that for the Para justice system, up until the day of her death, Sister Dorothy was not a person marked for death; but however, yes a suspect being investigated as an accomplice in the assassination of plantation security guard. Similar accusations were made – important to remember the journalist Lucio Flavio Pinto- regarding Bishop Estevao Avelar, and the Priest Florentino Maboni. The paradox did not worry this fighter with a gentle voice, firm convictions and relentless energy. But it is an important indicator of the fact that in Para, the justice system is not the solution but yes part of the problem.
Now, the work of the investigators of the assassination of Dorothy Stang is not difficult. Those, who assassinated her, announced it for quite sometime: the police only need to
speak to a half a dozen people, including well-known figures, such as the loan shark Regivaldo Galvao (Taradao), the land grabber Tinair, the businessmen Delio Fernandes and Dany Gutzeit, the plantation owner from Sao Paulo Paulo Medeiros Carvalho. They could also take a spin around the Rio Anapu Plantation, belonging to Yaoquim Petrola. Those who order the assassination of Dorothy, inclusive have their property registered in SUDAM. The Federal Public Ministry has included their names in a dozen processes with the Secretary for Social Defence. Innumerable institutions from civil society, including the Pastoral Land Commission, the Altamira Diocese, the GTA, Friends of the Earth, Greenpeace, the OAB, etc.- have announced publicly the probability that what could have happened did. In this sense, the state and federal governments’ omissions are undeniably and obvious.
All that remains is the sad expectative that the death of Dorothy will help to open eyes to what are the implications of socio-environmental aggression in the heart of Amazonia, in order to avoid that public authorities will offer us declarations that define progress as the savage speculation run stimulated by the government’s irresponsibility in regions such as the ?Land in the Middle? or along roadway BR-163. The sad expectative is not only for those who already know it and do not want to conform with this scene; but also for everyone because, as Bertold Brecht warned, ?happy is the society that does not need heroes?.
(Fonte: Amazonia.org.br)
Amici della Terra: Referendum nucleare a Ferragosto?
«Non si può decidere sull’onda dell’emotività». L’abbiamo già sentita questa, almeno tre volte nel corso di 35 anni.
Con una frequenza di questo tipo, notevole se considerata in relazione ai tempi di costruzione di un impianto nucleare, il problema è mal posto: non siamo noi, i contrari al nucleare ad essere emotivi, ma è questa tecnologia a contare fra i suoi problemi reali anche quello di suscitare emotività, ovvero paura e diffidenza.
La paura è giustificata dai fatti. Per Three Mile Island si trattò di errore umano, per Chernobyl della protervia del sistema politico sovietico, per il Giappone del terremoto e dello tsunami più gravi della storia. Tutte ragioni serissime e niente affatto irrepetibili: la tecnologia evolve ma gli errori umani sono sempre possibili; di regimi politici inaffidabili è pieno il mondo e, purtroppo, la forza devastatrice del prossimo terremoto non è prevedibile.
La diffidenza, invece, non sarebbe obbligatoria, ma ci pensano i fautori del nucleare a farcela venire: lo tsunami non aveva ancora cominciato a rifluire che avevano già annunciato alla stampa che le centrali nucleari non avevano riportato alcun danno. Quando i danni si sono visti, hanno dichiarato che, però, era tutto sotto controllo. Ora che niente sembra più sotto controllo, ci dicono che siamo noi, i contrari, ad essere sciacalli. E perché? Perché pretenderemmo di decidere adesso «senza discutere a mente fredda».
Viene da dire: state facendo tutto da soli! È dal 2008 che il Governo ha deciso di tornare al nucleare, senza rifare un referendum, senza sollecitare un confronto nel paese e senza nemmeno uno specifico dibattito parlamentare. Le leggi approvate parlano di strategie energetiche da discutere in una conferenza nazionale aperta a tutti, ma non se n’è fatto niente. Dobbiamo accontentarci di uno slogan coi numeri, alla moda europea: 25% rinnovabili, 25% nucleare, 50% fossili. Quale sia l’evoluzione della domanda, quale la potenza installata, cosa si prevede di sostituire, come si concilia la priorità del dispacciamento per il nucleare con il mercato libero dell’energia, quale sia il confronto fra diversi investimenti: tutte bazzecole, tutte perdite di tempo.
Ma se per discutere non c’è stato mai il tempo, adesso, a mente fredda o calda, bisognerà trovarlo per forza. O si pensa di fissare il referendum a ferragosto?
(Fonte Amici della Terra – Friends of the Earth Italy)
La velocità dei cambiamenti climatici
( Direttore Centrale Enea )
L’anidride carbonica è il principale gas serra, ma non l’unico. Le attività umane producono altri gas serra in quantità minori o molto minori (come protossido di azoto, perfluorocarburi, clorofluorocarburi, ecc.), molti dei quali hanno un potere di riscaldamento climatico che però è enormemente superiore a quello dell’anidride carbonica e, dunque, nel loro complesso contribuiscono efficacemente ai cambiamenti del clima alla pari dell’anidride carbonica.
Tuttavia, quello che preoccupa maggiormente, non è il cambiamento climatico in quanto tale, perché il nostro pianeta è stato oggetto di continui e profondi cambiamenti climatici per fattori astronomici e fattori naturali interni al sistema planetario. Questi cambiamenti, però, sono avvenuti tutti con cicli superiori ai 20mila anni. Quello che preoccupa gli scienziati è, invece, la velocità del cambiamento climatico ed in particolare l’accelerazione che sta subendo il cambiamento climatico del nostro pianeta soprattutto in questi ultimi decenni.
I modelli di analisi della evoluzione del clima attuale e di proiezione degli andamenti futuri del clima, quantunque imprecisi, mettono in evidenza rischi enormi di destabilizzazione della macchina climatica del nostro pianeta, che non ha analoghi riscontri nella passata storia del nostro pianeta. Se il processo di riscaldamento climatico sarà molto veloce, questi modelli, che sono piuttosto «lineari» (causa ed effetto sono collegati da una relazione esprimibile in termini matematici) quasi certamente non funzioneranno più.
Infatti, se i cambiamenti avvengono rapidamente si possono innescare processi «non lineari» (causa ed effetto sono del tutto scollegati) o «a soglia» (dopo una certa soglia causa ed effetto cambiano correlazione), che rendono del tutto imprevedibile qualsiasi evoluzione futura del clima.
Alcuni casi, noti dalla storia passata del nostro pianeta, hanno messo in evidenza che alcuni processi che concorrono alla stabilizzazione del clima potrebbero destabilizzarsi: come per esempio il collasso dei ghiacci della Groenlandia con innalzamento repentino del livello del mare fino a circa 7 metri, oppure il collasso della corrente del Golfo, con la conseguente glaciazione di gran parte dell’emisfero nord del nostro pianeta, invece che del riscaldamento torrido.
Poiché, il rischio di destabilizzazione del sistema climatico è tanto maggiore quanto maggiore è la velocità del suo riscaldamento, semplici criteri di prevenzione (principio di precauzione), ma anche di buon senso, ci consigliano di contenere il riscaldamento climatico entro variazioni molto piccole e, comunque, tali da poter essere considerate ancora perturbazioni «lineari», piuttosto che lasciare, in modo incontrollato ed incontrollabile, la possibilità che avvengano variazioni rapide, il cui esito potrebbe essere del tutto imprevedibile e perfino catastrofico.
La perdita del capitale naturale
Il rapporto rileva che negli ultimi 50 anni gli esseri umani hanno modificato gli ecosistemi più rapidamente e profondamente che in qualsiasi altro periodo della storia. Fornire cibo, acqua, energia e materiali ad una popolazione in continua crescita ha comportato un prezzo altissimo per i complessi sistemi di piante, animali, microrganismi, funzioni e processi biologici che consentono la vita sul pianeta.
Il degrado in atto aumenta la possibilità di cambiamenti improvvisi ed imprevedibili che potrebbero avere un impatto molto grave sull’umanità, come per esempio l’emergere di nuove malattie, il deterioramento della disponibilità e della qualità dell’acqua, il crearsi di «zone morte» lungo le coste, il collasso della pesca e modificazioni profonde del clima.
Nel 2000 la concentrazione di biossido di carbonio nell’atmosfera aveva raggiunto il livello più elevato degli ultimi 450.000 anni, e dall’avvio della rivoluzione industriale era aumentata di circa il 32 per cento passando da 280 a 376 parti per milione di volume.
Tra il 1960 ed il 1990 l’uso di fertilizzanti chimici di sintesi ha fatto triplicare a livello mondiale la concentrazione di azoto e fosforo nel suolo. Questo aumento può provocare una dannosa crescita di alghe nei laghi e nelle zone costiere, che a loro volta riducendo la disponibilità di ossigeno nell’acqua, causano la morte di molte specie ittiche.
Gli esperti mettono in guardia che tutto questo ha prodotto la più ampia, ed in larga misura irreversibile, perdita di biodiversità sulla terra, e che a causa di ciò circa il 12% degli uccelli, il 25% dei mammiferi e almeno il 32% degli anfibi sono minacciati d’estinzione nel prossimo secolo.
Programma dettagliato
Venerdì 29 agosto
Pomeriggio I cinque sensi: esperienza nel bosco per ascoltare i suoni della natura, osservarla per scoprire un mondo nuovo, annusarne i profumi.
Sera Chiacchierata di gruppo nella «stube»: aspetti organizzativi, sensazioni personali e stress
Sabato 30 agosto
Mattina «Vedere oltre le righe»: laboratorio di disegno ispirato dalle sensazioni interne.
Pomeriggio « L’Acchiappasogni»: laboratorio all’aperto per costruire un tipico oggetto della cultura indiana con rami di salice, piume e altro materiale naturale.
Sera Come recuperare un rapporto primitivo con le leggende e le tradizioni.
Domenica 31 agosto
Mattina Migliorare sé stessi per aiutare la terra a guarire attraverso suoni, erbe, danze ed esercizi di gruppo; riflessioni di gruppo e conclusione dei lavori.
Il rapporto Onu
Le emissioni di gas che provocano il riscaldamento dell’atmosfera della Terra, nonostante gli impegni assunti dai principali Paesi industrializzati con la firma del protocollo di Kyoto, tra il 1990 ed il 2004 sono diminuite sì ma solo del 3,3%, secondo un rapporto delle Nazioni Unite pubblicato a Bonn. A questa leggera diminuzione delle emissioni di gas nocivi (soprattutto anidride carbonica CO2), attribuita soprattutto al calo del 36,8% negli Stati dell’Europa centro-orientale impegnati in una fase di transizione dall’economia di piano a quella di mercato, corrisponde un aumento del 4,1% negli stessi Stati nel periodo tra il 2000 ed il 2004.
«La causa di maggiore preoccupazione è data dai Paesi centro-europei responsabili della riduzione generale delle emissioni, che però tra il 2000 ed il 2004 hanno fatto registrare un aumento del 4,1%», ha detto Yvo de Boer, il direttore esecutivo del segretariato della Convenzione-quadro sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite (Unfccc) con sede a Bonn (Germania occidentale). Si tratta del primo compendio con i dati dei 41 Stati del mondo che finora hanno aderito al Protocollo di Kyoto.
Le emissioni di gas nocivi per l’atmosfera negli altri Stati della convenzione, secondo il Rapporto 2006, sono aumentati dell’11% nel periodo 1990-2004. «Questo vuol dire che il mondo industrializzato deve aumentare i suoi sforzi per mettere in pratica provvedimenti politici efficaci nel ridurre i gas che aumentano l’effetto serra» ha detto de Boer.
Questo vale soprattutto per il settore dei trasporti dove i gas nocivi per l’atmosfera, secondo gli autori del rapporto nel periodo considerato sono aumentati del 23,9%. Negli Stati industrializzati che hanno aderito all’accordo raggiunto a Kyoto in Giappone nel 1997 ed entrato in vigore da febbraio 2005, le emissioni nocive sono calate complessivamente del 15,3% rispetto ai valori del 1990. Ma questa diminuzione varia da Stato a Stato. In base a quell’accordo si prevede per i 35 Stati firmatari e per l’Unione europea una riduzione almeno del 5% tra il 2008 ed il 2012 rispetto ai valori 1990.
L’Italia tra il 1990 ed il 2004 ha incrementato le sue emissioni, secondo il rapporto, del 12,1% (+6,7% nel 1990-2000 e +5% nel 2000-2004).
(Fonte Ansa)
Degli Antoni: Chi ha interesse ad alzare polveroni sulla Fusione Fredda?
La fusione Fredda è stata sostenuta dal mondo scientifico di tutto il mondo con mezzi limitati di origine pubblica (e non solo) basandosi sulle culture e sui laboratori scientifici esistenti… non creati ad hoc.
Le discussioni le riproduzioni e le critiche sono state tante e pubbliche: alla fine i fenomeni fisici di base sul piano fenomenologico sono stati confermati da tutti gli organismi che volevano verificare…
Qualcuno ha tentato la strada dello sviluppo pretecnologico e tecnologico con propri mezzi. Bene!
Qui la verifica non ha alcun importanza, piuttosto la riservatezza conta (e la riservatezza fa parte dell’onestà). Immediatamente si poteva sviluppare un gioco competitivo che molti laboratori pubblici Usa e non solo… hanno fatto tacendo. Ora questo si sa bene. La discussione sul nome è ridicola. Ma la posta in gioco è il futuro dell’energia: l’Italia ha fatto molto e rischia di venir nascosta nelle falsificanti discussioni. Chi vuole le cose pubbliche poi si rivolge al mondo politico per finanziamenti… E naturalmente si intende confondere antiche competenze scientifiche (effetti piezo nucleari…) con necessità tecnologiche per sviluppi particolari…
Compiti dell’Iet
Al fine di raggiungere il suo obiettivo, l’Iet dovrà individuare i suoi settori prioritari, svolgere un’attività di sensibilizzazione tra le organizzazioni partner potenziali ed incoraggiare la loro partecipazione alle sue attività. Potrà mobilitare i fondi provenienti da fonti pubbliche e private e utilizzare le sue risorse. In tale contesto, dovrà cercare di finanziare una proporzione significativa e crescente del suo bilancio facendo ricorso a fonti private e mediante entrate generate dalle proprie attività.
L’Iet dovrà inoltre selezionare e designare le «Comunità della conoscenza e dell’innovazione» (Cci), ossia dei partenariati autonomi di eccellenza tra istituti di istruzione superiore, istituti di ricerca, imprese ed altri soggetti interessati «sotto forma di reti strategiche autosufficienti, sostenibili e di lungo periodo nell’ambito del processo innovativo». Offrirà loro un sostegno adeguato, applicherà misure adeguate di controllo della qualità, seguirà costantemente e valuterà periodicamente le loro attività e garantirà un livello appropriato di coordinamento tra di esse. Mediante accordi, dovrà definire diritti e obblighi delle Cci.
L’Iet incoraggerà poi il riconoscimento negli Stati membri dei titoli e dei diplomi che sono rilasciati da istituti di istruzione superiore, che sono organizzazioni partner e che possono essere assimilati a titoli e diplomi dell’Iet. Promuoverà la diffusione di buone prassi per l’integrazione del triangolo della conoscenza al fine di sviluppare una cultura comune dell’innovazione e del trasferimento di conoscenze e assicurerà la complementarietà e la sinergia tra le attività dell’Iet ed altri programmi comunitari. Potrà anche istituire una fondazione avente l’obiettivo specifico di promuovere e sostenere le attività dell’Iet.